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Mercati, approccio costante e strategico contro le incognite

10/4/2022 | Daniele Riosa

Greg Davis (Vanguard): “La detenzione di obbligazioni ha ancora più senso oggi, e continua a svolgere un ruolo importante in un portafoglio ben diversificato”


Quando toccherà il punto più basso il mercato azionario? Parte da questa domanda la riflessione di Greg Davis, chief investment officer di Vanguard, il quale risponde che “bisognerebbe avere la sfera di cristallo. È sempre difficile individuare il punto più basso. Ma se la storia può insegnarci qualcosa, è improbabile che gli investitori che cercano di andare dietro ai mercati possano avere un qualche successo. E fra gli investitori di questo tipo annovero anche i gestori patrimoniali professionali. Pensate alla dimensione della sfida: gli investitori non devono solo sapere quando uscire dal mercato, ma anche quando rientrarvi, e riuscire a individuare il momento opportuno. Per i mercati azionari, è quasi impossibile, anche perché i giorni di trading migliori tendono a concentrarsi attorno a quelli peggiori. E se non si riesce ad approfittare di alcuni di questi giorni di ripresa le conseguenze possono essere enormi”.

Il gestore ricorda che “se si considerano i dati di mercato che risalgono a molto più indietro nel tempo, fino al 1928, l'uscita dal mercato azionario anche solo nei 30 giorni di trading migliori avrebbe comportato la metà del rendimento in quel periodo. Vale la pena mantenere gli investimenti e restare bilanciati proprio quando è più difficile farlo. Le principali economie sono oggi in recessione, o sono destinate a finirci presto, e in caso di risposta affermativa gli investitori dovrebbero allarmarsi? Non crediamo che le principali economie siano oggi in recessione, anche se riteniamo che l'Europa possa entrare in una leggera recessione verso la fine del 2022 e all'inizio del 2023”.

Il manager prevede “ancora che il Regno Unito entrerà in recessione nel 2023, ma riteniamo che la recessione sarà più leggera del previsto, grazie alla mini finanziaria annunciata di recente. La nostra ipotesi di riferimento per gli Stati Uniti prevede una recessione relativamente leggera nei prossimi 24 mesi. È improbabile che la situazione cinese possa rientrare nella definizione formale di recessione, ma è probabile che la crescita sarà inferiore alle aspettative generalizzate. La volontà dei politici cinesi di varare dei programmi di stimolo e di ammorbidire prima o poi la politica di zero Covid, avrà implicazioni per le persistenti difficoltà della catena di approvvigionamento e, in ultima analisi, per la crescita interna e per quella globale. Detto questo, poiché i mercati finanziari tendono a guardare al futuro, una recessione potrebbe già essere prevista, anche se ciò non inficia i vantaggi derivanti dal mantenere un approccio agli investimenti incentrato su bassi costi, bilanciamento e diversificazione. La Fed ha detto chiaramente che sono probabili ulteriori aumenti dei tassi d'interesse nei prossimi mesi”.

Gli investitori dovrebbero decidere di restare a guardare? “Tutto quello che ho detto finora vale anche per questa domanda. Nel lungo periodo il mantenimento di un approccio costante e strategico si è dimostrato sempre valido nei periodi di alta inflazione, bassa inflazione, mercati rialzisti, mercati ribassisti e tutta una serie di cicli economici. Detto questo, è normale che durante i periodi di volatilità come questo ci si senta agitati. E ognuno fa storia a sé per quanto riguarda le circostanze, le finanze, gli orizzonti temporali e la disponibilità al rischio. Quest'anno è stato un test estenuante per i detentori di portafogli diversificati, con i rendimenti obbligazionari che sono rimasti correlati a quelli azionari”.

Abbiamo assistito a un cambio di paradigma per i portafogli bilanciati? “La correlazione tra azioni ed obbligazioni si è accentuata quest'anno, il che ha fatto venir meno alcuni dei vantaggi della diversificazione. Ma si tratta di una situazione che si è saltuariamente verificata nel passato. Più spesso, e nel lungo periodo, le obbligazioni tendono a svolgere un ruolo di stabilizzazione del portafoglio quando c'è turbolenza sui mercati azionari. Questa situazione è rimasta tendenzialmente invariata, indipendentemente dal livello dei rendimenti obbligazionari, per cui riteniamo che sia prematuro sancire la fine dei portafogli bilanciati tradizionali”.

Oltre al vantaggio della diversificazione, “gli investitori detengono nei portafogli titoli obbligazionari per tutta una serie di motivi, tra cui il reddito. Considerando l'aumento dei tassi d'interesse, abbiamo rivisto al rialzo di almeno 2 punti percentuali rispetto a settembre del 2021 le nostre previsioni di rendimento delle obbligazioni globali. La detenzione di obbligazioni ha ancora più senso oggi, e continua a svolgere un ruolo importante in un portafoglio ben diversificato”.

Quali indicazioni darebbe ai nuovi investitori? “Questo mercato in ribasso presenta un aspetto positivo, particolarmente favorevole per gli investitori più giovani. Dopo il recente sell-off, adesso i mercati azionari sono quasi al valore equo. Nei mercati obbligazionari, se da un lato l'aumento dei tassi d'interesse comporta svantaggi a breve termine per gli investitori, dall'altro i tassi più elevati hanno fatto crescere le aspettative di rendimento. Chi ancora si trova nella fase di accumulo dell'investimento vuole acquistare a prezzi più bassi. Per questo motivo, quando i mercati diventano difficili, come in questo momento, è essenziale che gli investitori si concentrino sugli obiettivi a lungo termine e non siano ossessionati dal saldo odierno dei loro conti”.

“Mantenere un'ampia diversificazione utilizzando fondi comuni d'investimento ed ETF a basso costo per non deviare dal percorso intrapreso sarebbe un modo appropriato per sfruttare il potere dell'effetto compounding”, conclude Davis.

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