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Mercati emergenti, bisogna guardare al lungo periodo

11/9/2022 | Redazione Advisor

Nel breve il contesto non depone ancora a favore degli asset rischiosi in generale e delle azioni dei paesi emergenti in particolare. Ciò potrebbe però cambiare nella prima metà del 2023. L’outlook di Raiffeisen Capital Management


A breve e medio termine il contesto macroeconomico non depone ancora a favore degli asset rischiosi in generale e delle azioni dei paesi emergenti in particolare. Ciò potrebbe però cambiare nella prima metà del 2023. E’ la view del team cee & global emerging markets di Raiffeisen Capital Management.

 

L’economia globale continua a rallentare, e questo più o meno simultaneamente in tutte le regioni. Gli analisti di Raiffeisen si aspettano che dalla Cina arrivi un forte impulso disinflazionistico per i beni di consumo che nei prossimi mesi avrà un notevole impatto sui tassi d’inflazione in molti paesi. Per molti produttori cinesi e asiatici ciò peserà ulteriormente sui margini di profitto già diminuiti. “Nonostante questi segnali di un significativo calo della pressione inflazionistica nei prossimi trimestri - spiega il team - è probabile che la banca centrale USA mantenga per il momento il suo percorso aggressivo di inasprimento monetario. Questo potrebbe rallentare leggermente, come emerso dall’ultima riunione, ma i mercati finanziari reagiranno già prima di allora e cercheranno di scontare una pausa o la fine dei rialzi dei tassi d’interesse con largo anticipo. Finora, tuttavia, questi tentativi si sono rivelati prematuri”.

 

Allo stesso tempo, ciò significa che per ora anche i rendimenti obbligazionari USA e il dollaro USA continueranno a subire pressioni al rialzo. “Questo, a sua volta, costituisce un ostacolo per azioni, obbligazioni e valute dei paesi emergenti. In compenso, tuttavia, potrebbero verificarsi forti e prolungati movimenti al rialzo o sovra-performance degli asset dei paesi emergenti non appena il dollaro USA e i rendimenti dei titoli di Stato USA avranno sviluppato un livello massimo di lungo periodo. Anche se in tal caso l'intera asset class dovrebbe ricevere un impulso, continuerà a essere molto importante effettuare una buona selezione”.

 

Riguardo alle materie prime, il team evidenzia che mostrano “una stabilizzazione, ma complessivamente la tendenza rimane più debole - non c'è da meravigliarsi considerando l'andamento negativo del commercio globale e delle esportazioni (al di là delle fonti energetiche). Tuttavia, la situazione dell'offerta di petrolio e dei prodotti di raffineria (specialmente gasolio) rimane fragile. Le massicce vendite dalle riserve strategiche di petrolio USA e l’attesa riduzione della domanda dovuta all'indebolimento della congiuntura globale hanno fermato la tendenza al rialzo del prezzo del petrolio negli ultimi mesi, ma nel lungo periodo la situazione rimane tesa. Al di là dei cicli congiunturali, la domanda continua a salire in tutto il mondo, mentre sul fronte dell'offerta finora non c'è praticamente stata nessuna reazione per espandere significativamente la produzione. Al contrario, nell’ultimo periodo i Paesi Opec Plus hanno addirittura ridotto la propria produzione, anche se ciò è derivato piuttosto da un abbassamento formale delle quote di produzione, al di sotto delle quali si era già scesi da tempo. Per i prossimi anni, un prezzo del petrolio elevato resta un rischio significativo per le prospettive di inflazione nonché per molte aziende e settori economici. Nel prossimo futuro, questo non cambierà molto nemmeno grazie alla continua sostituzione del petrolio (per esempio, nei veicoli elettrici)”.

 

In tale contesto le obbligazioni dei mercati emergenti sono interessanti? “Le obbligazioni dei paesi emergenti denominate in dollari USA - chiarisce il team - hanno raggiunto quotazioni medie di poco inferiori al 10% a causa dell'aumento dei rendimenti USA e dei premi per il rischio. Persino considerando i costi di un’eventuale copertura valutaria, i rendimenti nominali rimangono interessanti (per gli investitori in euro, per esempio, attualmente sono nettamente superiori al 6%), compensando alcuni dei potenziali rischi di default o di ristrutturazione.

Non appena si profilerà la fine dei rialzi dei tassi d'interesse negli USA, le obbligazioni dei mercati emergenti (in valuta forte e locale) potrebbero addirittura approfittare più delle azioni emergenti, almeno inizialmente. Perché le azioni potrebbero ancora risentire della recessione degli utili e dei problemi congiunturali, mentre per le obbligazioni sono importanti soprattutto l'inflazione, i tassi d'interesse USA e i rischi di default”.

 

Nel complesso, conclude il team, si può dire che “a breve e medio termine il contesto non depone ancora a favore degli asset rischiosi in generale e delle azioni dei paesi emergenti in particolare. Ciò potrebbe però cambiare nella prima metà del 2023. A lungo termine, le valutazioni e le prospettive fondamentali di molti mercati emergenti continuano a essere da buone a molto buone, anche se variano molto nei singoli casi e pertanto è naturalmente, come sempre, necessaria una buona selezione”.

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