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Outlook 2023, l’Asia si salverà da recessione e inflazione

11/10/2022

I Paesi asiatici dovrebbero registrare una crescita aggregata del 4,2% nel 2023, grazie a tendenze demografiche positive e fondamentali solidi, nonostante la forza del dollaro e l'aumento dei tassi nel 2022. Il commento di UBP


In un contesto che nei prossimi trimestri sarà caratterizzato da una recessione tecnica nei mercati sviluppati, inflazione che rimarrà sopra il 2% per tutto il 2023 e politiche monetarie restrittive che rimarranno probabilmente in vigore, le prospettive per l'Asia sono però più costruttive. Ne è convinto Carlos Casanova, senior economist, Asia di Union Bancaire Privée (UBP), secondo il quale i Paesi asiatici dovrebbero registrare una crescita aggregata del 4,2% nel 2023, “in quanto le tendenze demografiche positive e i fondamentali solidi contribuiscono a far crescere la regione nonostante la forza del dollaro e l'aumento dei tassi di riferimento nel 2022”.

 

La regione ha registrato una buona performance a fronte di crescenti ostacoli, e Casanova ne spiega le ragioni. Innanzitutto ci sono i fondamentali: “la maggior parte delle economie asiatiche sono esportatrici nette e godono di avanzi delle partite correnti” spiega. “Per Thailandia, India e Filippine si prevede un lieve deficit. Le riserve valutarie sono ampiamente superiori a 3 mesi di importazioni”. In secondo luogo c’è il tema delle riserve: “le economie asiatiche hanno utilizzato efficacemente i loro cuscinetti di valuta per minimizzare l'impatto di una liquidità ridotta e di un dollaro forte. Ad esempio, le riserve in valuta estera sono diminuite dall'inizio del ciclo di inasprimento della Fed nel marzo 2022”. Infine non bisogna trascurare alcune tendenze strutturali: “la regione continua a beneficiare di afflussi di investimenti diretti stranieri a lungo termine, anche dalla Cina, grazie a un ampio vantaggio demografico e alla delocalizzazione della catena di approvvigionamento”,

 

Spostandosi sui temi inflazione e politica monetaria, Casanova chiarisce che “l’Asia non è immune all'aumento dell'inflazione, al rialzo dei rendimenti USA e ai rischi di recessione dei principali Paesi industrializzati. Tuttavia, la regione ha mantenuto uno slancio di crescita positivo durante il 2022 e in vista del 2023. Parte di questo risultato può essere ricondotto alla minore inflazione rispetto ai Paesi industrializzati. Su una base ponderata per il PIL, prevediamo che i prezzi al consumo raggiungeranno un picco di circa il 4,0% nel 2022, al di sopra della media decennale del 2,2%, prima di diminuire nel primo semestre del 2023. Le pressioni inflazionistiche rimangono sotto controllo grazie a una combinazione di sussidi per contenere l'aumento dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari e a una demografia favorevole. Ad esempio, i tassi di disoccupazione rimangono al di sopra dei livelli pre-Covid in tutte le economie, ad eccezione di Australia e Corea del Sud, riducendo la crescita dei salari e la componente dell'inflazione trainata dalla domanda.

Sia le banche centrali dei Paesi industrializzati sia quelle dei Paesi emergenti sono nel mezzo di un ciclo di inasprimento aggressivo, iniziato a metà del 2021 e guidato da Corea e Nuova Zelanda. Le uniche eccezioni sono la Cina e il Giappone”.

 

Casanova evidenzia che la regione sta registrando deflussi a fronte di un dollaro più forte. “Questo ciclo continuerà probabilmente fino alla fine del 2022, ma la pressione per un rialzo dei tassi eccessivo sarà minore, grazie a una dinamica dell'inflazione più favorevole rispetto agli Stati Uniti e a tassi reali positivi” conclude.

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