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E' tempo di tornare a investire sui bond

11/28/2022 | Redazione Advisor

Secondo il cio fixed income di Pictet AM, la volatilità e i rischi di un allargamento degli spread e una propagazione della stagflazione rappresentano ancora un pericolo per tutti gli asset rischiosi


Le banche centrali hanno confermato il loro impegno a voler contrastare l'inflazione ad ogni costo. Raymond Sagayam, chief investment officer, fixed income di Pictet Asset Management, illustra le prospettive di investimento del reddito fisso.

 

Il reddito fisso sta vivendo un nuovo Rinascimento. Negli Stati Uniti i tassi reali a 10 anni sono passati in pochi mesi dal -1% al +1,5% mentre nel Regno Unito sono saliti dal -2% al +2%. Gli investitori sono ripagati sempre meglio per il rischio che si assumono. Rendimenti reali di questa entità rappresentano una sorgente d'acqua fresca e cristallina in quello che è stato per troppo tempo un deserto invivibile. Senza dubbio, un domani ripenseremo stupiti a quel periodo in cui i tre quarti circa dei titoli di Stato emessi dai Paesi più ricchi pagavano rendimenti nominali negativi. Certo, una dose di prudenza è sicuramente necessaria alla luce degli sconvolgimenti geopolitici e macroeconomici, ma gli investitori dovrebbero scegliere di tornare al reddito fisso piuttosto che buttarsi a capofitto in qualcos'altro. Chiaramente, è necessario agire in modo molto selettivo: sebbene alcune parti dell'universo del reddito fisso rimangano il terreno prediletto degli investitori più avventurosi, è anche diventato più facile prevedere il momento in cui si trasformeranno in interessanti opportunità di investimento a lungo termine.

 

"Uno dei motivi di cautela è dato dal fatto che, anche se da alcuni punti di vista sembra che l'inflazione stia rallentando,  - afferma Sagayam - è improbabile che diminuisca con la rapidità prevista un anno fa dalle banche centrali. Ecco perché è prematuro trarre la conclusione che la guerra contro l'inflazione sia stata vinta. Il rischio è che le banche centrali mantengano i tassi più alti per un lungo periodo di tempo. È tuttavia improbabile che questa situazione sia il ribaltamento di quel regime (definibile come "più basso, più a lungo") iniziato con la crisi finanziaria globale del 2008 e durato circa un decennio. In ogni caso, sarà necessario un lungo periodo di tassi più alti prima che l'inflazione torni all'interno dell'intervallo target cui mirano le banche centrali (intorno al 2% in gran parte del mondo sviluppato)".

 

Alla luce delle persistenti pressioni sui prezzi e della contrazione del mercato del lavoro, questa pare essere una lettura eccessivamente ottimistica della velocità con cui l'inflazione potrebbe rientrare nel target prefissato dalle banche centrali. In ogni caso, indipendentemente da ciò che accadrà in seguito al raggiungimento del picco del ciclo dei tassi (che si tratti della permanenza a un determinato livello o del rapido inizio di un nuovo allentamento da parte della Fed), il fatto stesso che la stretta monetaria abbia quasi fatto il suo corso è un forte segnale per i mercati. A quel punto è probabile che le obbligazioni a più lunga scadenza comincino ad apparire interessanti, indipendentemente dal fatto che la Fed inizi a tagliare i tassi subito dopo il raggiungimento del picco o che permetta loro di stabilizzarsi a quel livello per un certo periodo di tempo.

 

"Al momento, - prosegue il cio - i rendimenti obbligazionari a più lunga scadenza sono interessanti, ma la volatilità trasforma l'investimento in tali titoli in un potenziale rischio. Per questo motivo, al momento, preferiamo le obbligazioni short-duration e di alta qualità. Anche le obbligazioni societarie con maturity brevi offrono opportunità interessanti per gli investitori: i rischi (come un improvviso rallentamento economico) vengono bilanciati da ricompense insolitamente interessanti in questo orizzonte temporale molto breve. E mentre ci avviciniamo al 2023 ed emerge una certa chiarezza sull'andamento dell'inflazione, gli investitori potranno muoversi ulteriormente lungo la curva dei rendimenti e, in particolare, verso i titoli di Stato, dove i rendimenti obbligazionari reali paiono già interessanti".

 

In questa situazione, dove si collocano gli investitori? "Storicamente, questa fase del ciclo economico (tassi di interesse ancora in aumento, ma inflazione che mostra segni di stabilizzazione) tende in primo luogo a favorire il debito sovrano dei Paesi sviluppati", spiega l'esperto. "L'attrattiva di tali obbligazioni dipenderà dai rendimenti reali, dalla relativa valutazione della valuta corrispondente e dal grado di vulnerabilità del mercato a una uscita di capitali. Alcuni sostengono che i rendimenti dei Treasury stanno raggiungendo rapidamente il punto di fair value, soprattutto nella parte corta della curva. La stretta delle altre banche centrali del G10 è in ritardo rispetto alla Fed, ma in linea di massima anche i loro mercati obbligazionari nazionali dovrebbero tornare al loro fair value nei prossimi trimestri. Inoltre, gli investitori hanno un margine di sicurezza significativo. I rendimenti sono aumentati abbastanza da permettere agli investitori di subire ulteriori flessioni significative dei prezzi obbligazionari e generare comunque rendimenti positivi al netto dell'inflazione".

 

In conclusione, secondo Sagayam, anche se è ancora presto, per gli investitori i mercati obbligazionari sono più interessanti ora di quanto non lo siano stati per anni, in alcuni casi per decenni. La volatilità e i rischi di un allargamento degli spread e una propagazione della stagflazione rappresentano ancora un pericolo per tutti gli asset rischiosi. Non è possibile non tenere in considerazione il rischio di incidenti causati dai policymaker, ma agli investitori disposti ad affrontare il rischio aspetta una lauta ricompensa.

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