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Il 2023 sarà l’annus mirabilis per il reddito fisso

12/1/2022 | Daniele Riosa

Gli esperti di Natixis IM, nel loro outlook per il prossimo anno, spiegano che “ci siamo lasciati ingannare troppo presto dallo ‘scenario di recessione’, e credo che potremo avere una sorpresa positiva su questo fronte”


Il 2023 è alle porte e gli esperti di Natixis Investment Managers presentano il loro outlook per il nuovo anno. Mabrouk Chetouane (in foto), head of global market strategy della società, sottolinea che “guardando al 2022, la grande sorpresa è stata la resilienza dell'inflazione. Nei fatti, governi e banche centrali sono stati sorpresi dalla forza dell'inflazione, che non si aspettavano salisse a questi livelli sia negli Stati Uniti che in Europa, né che rimanesse elevata così a lungo. Tuttavia, non mancano le notizie positive riguardo al ciclo economico, che indicano un generalizzato pessimismo per quanto riguarda l'attività economica dell'Eurozona”.

Chetouane spiega che “i dati sull'occupazione e il contributo dei consumi in Italia nel secondo e terzo trimestre riflettono infatti una prospettiva positiva sul ciclo economico. Ci siamo lasciati ingannare troppo presto dallo ‘scenario di recessione’, e credo che potremo avere una sorpresa positiva su questo fronte. L'analisi dell'attuale crisi energetica ci insegna che non possiamo più dipendere dal gas russo e che è necessario trasformare il mercato dell'energia in Europa. Questo, ovviamente, offre all'Europa l'opportunità di creare una nuova strategia per l'approvvigionamento e la produzione di energia, nonché un nuovo approccio alla diversificazione mettendo in sicurezza tutte le importazioni di energia da cui dipendiamo”.

“L'inflazione - rileva il manager  - si è diffusa in tutti i settori in Europa, ma non è esattamente la stessa cosa negli Stati Uniti. In effetti, l'inflazione ha probabilmente raggiunto il suo picco negli Stati Uniti, ma in Europa il picco non lo abbiamo ancora raggiunto. Ed è per questo motivo che la BCE continuerà ad aumentare i tassi. Inoltre, l'inflazione continuerà a crescere in Europa, con l'inflazione italiana che dovrebbe raggiungere il 6,4-6,6% nel 2023, valore questo quindi tre volte superiore all'obiettivo della BCE. Se guardiamo al terzo/quarto trimestre del 2023, è possibile la Fed cerchi di ridurre i tassi, ma, prima di ciò, tuttavia, preparerà il mercato, con un qualche annuncio verosimilmente in estate per dare ai mercati il tempo di adeguarsi”.

Sul fronte del nuovo governo italiano guidato da Giorgia Meloni, “non c'è attualmente alcuna necessità o incentivo a cambiare la tabella di marcia del governo precedente, dato che i numeri (3,5% di rapporto deficit/PIL) corrispondono a quanto definito da Draghi prima delle elezioni. La sfida principale non sarà il 2023 per quanto riguarda debito e riforme, ma il 2024 (non solo per l’Italia ma in tutta Europa), quando vedremo cosa deciderà Giorgia Meloni in materia di riforme e spesa pubblica. Infine, c'è l'opportunità per l'Italia di svolgere un ruolo di mediazione tra Francia e Germania nell’ambito delle loro attuali relazioni tese. Potremmo vedere l'Italia giocare un ruolo nel riequilibrio di questo rapporto? Ce lo dirà il tempo”.

Philippe Berthelot, head of money markets & credit management di Ostrum AM, affiliata di Natixis Investment Managers, ricorda che “guardando al mercato del reddito fisso, il 2022 è stato un annus horribilis, il peggiore mai registrato dal 1994. Tuttavia, il 2023 si preannuncia come un vero e proprio annus mirabilis per il reddito fisso in generale, compreso il credito. Le previsioni sono di una recessione contenuta ed un ‘atterraggio morbido’. Tuttavia non mancano i rischi, quindi diventa fondamentale valutare gli entry point. I tassi di default previsti per il 2023 (circa il 3,3%, dato vicino alle medie storiche) confermano lo scenario di una recessione contenuta. In termini di performance, i rendimenti del credito Investment Grade e High Yield sono ai massimi da 10 anni, sia in Europa che negli Stati Uniti”.

Più precisamente: “Bisogna essere molto selettivi sul credito Investment Grade, data la sensibilità ai rialzi dei tassi delle banche centrali proprio di questo segmento, mentre il credito High Yield ha dinamiche proprie. Entrambi i segmenti presentano opportunità di investimento senza precedenti negli ultimi 10 anni. La tendenza al rialzo dei tassi d'interesse in Europa, unita alla nostra opinione che gli spread degli swap si ridurranno nel corso del 2023, dovrebbe rappresentare un mix a favore del settore bancario. Sul fronte corporate, il rischio di un'estensione generalizzata al segmento degli ibridi sembra esagerato: rimanendo selettivi è possibile estrarre valore. Anche alcuni fondi di investimento immobiliare (REIT) quotati, che hanno sofferto molto nel corso del 2022, meritano oggi una certa attenzione. I titoli delle telecom, che finora sono stati molto resistenti, sembrano adesso abbastanza costosi. Infine, il credito High Yield, meno sensibile ai tassi d'interesse, merita un'allocazione strategica crescente. In fin dei conti, possiamo dire che il credito tornerà nel 2023: è interessante, attraente e remunerativo: immaginiamo rendimenti di circa il 4% per il credito Investment Grade in euro e più dell'8% per il credito High Yield (sempre in euro)”.

Secondo Anne-Laurence Roucher, deputy ceo, head of private equity and natural capital di Mirova, affiliata di Natixis Investment Managers, “per gli investitori istituzionali e individuali, il fascino dei private asset è molto interessante. In primo luogo, per gli investitori istituzionali, i private asset offrono una visione a più lungo termine con un repricing molto più lento e attenuato rispetto a quanto accade sui mercati liquidi, dato che la valutazione viene effettuata su base trimestrale. Inoltre, se si vuole calibrare al meglio dove investire, è molto facile capire il meccanismo sottostante che c’è negli asset privati, mentre qualche difficoltà in più ci può essere nel farlo con gli asset liquidi. Gli investitori individuali sono attratti dagli asset privati perché è molto chiaro cosa si ha in portafoglio. E la crescita di queste asset class è significativa, con il 20% degli afflussi nel settore degli asset privati provenienti da investitori individuali nel 2022”.

Passando a riflettere sulle grandi questioni ambientali, “come il degrado del territorio, la transizione ambientale e la riduzione dell'impronta di carbonio, la riflessione è chiara: Non esiste un piano B, non esiste un pianeta B. C'è sicuramente un senso di urgenza nel mantenere le promesse fatte in occasioni quali COP27 e COP15. E ci sono raggi di speranza in una prospettiva che non rimane molto rosea, come ad esempio il divieto di vendita di auto a combustione interna per le auto termiche a partire dal 2035 e la necessità che diversi prodotti chiave acquistati dall'Europa, come la carne bovina e la soia, dimostrino di non essere legati alla deforestazione”. 

Inoltre, “la BCE sta lavorando a una nuova serie di regole in base alle quali le banche dovranno dimostrare di aver preso in considerazione il rischio sistemico legato al cambiamento climatico e, se non lo faranno, dovranno sostenere oneri patrimoniali aggiuntivi. Ci saranno implicazioni anche a livello aziendale, con l'obbligo per le imprese di spiegare la loro traiettoria di neutralità climatica, basata su obiettivi scientifici. E, nel caso in cui tale percorso non appaia molto chiaro, allora ci saranno conseguenti difficoltà per queste imprese nell'ottenere finanziamenti, dato che le banche e le compagnie di assicurazione avranno oneri patrimoniali aggiuntivi se sono troppo esposte a imprese non rispettose di tali standard climatici”.

Karen Kharmandarian, cio, Thematics AM, affiliate di Natixis Investment Managers, guarda ai mercati azionari, ribadendo come “il 2022 sia stato un anno molto difficile sulla scia di numerosi shock. Ciò ha portato gli investitori a posizionamenti short oppure ad uscire dal mercato. Nel 2022 si è assistito a uno scollamento tra i prezzi e i fondamentali delle società e la prospettiva di crescita delle aziende che fanno parte del nostro universo investibile. Il mercato si è concentrato su inflazione, tassi d'interesse, banche centrali, indicatori macro senza prestare attenzione ai fondamentali delle aziende. Tuttavia, il 2023 sarà diverso. Il mercato ricomincerà a concentrarsi sui fondamentali; l'anno prossimo l'economia decelererà e gli investitori, se non troveranno la crescita nell'economia, dovranno trovare la crescita nelle aziende. Gli investitori cercheranno aziende in grado di proteggere gli utili perché di alta qualità e con potere di determinazione dei prezzi. Questo è molto importante ed è ciò che conterà l'anno prossimo: la capacità di proteggere la crescita degli utili e i margini”. 

“Guardando al 2023 - conclude Kharmandarian - i temi più gettonati sono quelli legati all'ambiente o al clima. Anche la transizione energetica, le infrastrutture, la sicurezza e la cyber-security rimarranno in cima all'agenda di individui, governi e aziende. Anche l'acqua giocherà un ruolo importante, ora che è evidentemente documentato quanto sia complessa la situazione in molti Paesi. Anche i temi di crescita strutturale offrono rendimenti interessanti per gli investitori”.

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