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Il gestore della settimana: “L’importanza della sostenibilità sovrana”

12/5/2022 | Daniele Riosa

Kroum Sourov, lead ESG analyst di Candriam: “Abbiamo ideato un nostro modello proprietario per valutarla, progettato per fornire uno sguardo più approfondito su ciò che sta accadendo in un Paese e per contestualizzarlo”


“In passato gli investitori guardavano alla sostenibilità sovrana dal punto di vista della gestione dei rischi. Oggi questo approccio si è evoluto fino a incorporare il concetto di doppia materialità, per cui sempre più investitori guardano non solo ai rischi di un particolare investimento, ma anche al suo impatto sull'ambiente, sulla società o, in senso più pratico, sul resto del portafoglio”. Kroum Sourov, lead ESG analyst di Candriam, spiega perché la sostenibilità sovrana è diventata dirimente per gli investitori. E sull’impatto della guerra in Ucraina dice: “Le nostre strategie sostenibili erano già isolate dal debito sovrano russo. Non abbiamo dovuto rivedere la nostra valutazione su nessun Paese in particolare, perché per quanto riguarda la traiettoria a lungo termine di un Paese non ci sono state molte sorprese sulla base della nostra analisi dettagliata delle tendenze storiche, compreso il conflitto tra Russia e Ucraina”.

Perché la sostenibilità sovrana è importante per gli investitori? E lo è solo per gli investitori in obbligazioni sovrane o anche per gli investitori di tutte le asset class?
“In passato gli investitori guardavano alla sostenibilità sovrana dal punto di vista della gestione dei rischi. Oggi questo approccio si è evoluto fino a incorporare il concetto di doppia materialità, per cui sempre più investitori guardano non solo ai rischi di un particolare investimento, ma anche al suo impatto sull'ambiente, sulla società o, in senso più pratico, sul resto del portafoglio (che può essere costituito da titoli di Stato, azioni, ecc.). In particolare, è importante valutare se l'attività che un investitore sta finanziando contribuisce a diminuire o ad aumentare la probabilità che si verifichino eventi sistemici. Si pensi, ad esempio, alla deforestazione. Secondo un op-ed dei responsabili del dipartimento ambientale dell'OMS, del WWF e della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Biodiversità, nelle aree disboscate per l'agricoltura, gli animali selvatici si mescolano a quelli domestici e proprio in queste aree è maggiore la probabilità che le malattie zoonotiche, che hanno origine nelle popolazioni selvatiche, passino agli animali domestici e poi all'uomo. Di conseguenza, dobbiamo prendere in considerazione anche questo rischio. Ampliando il concetto, anche se a volte il collegamento può essere molto complesso, è importante valutare l'impatto che un particolare investimento ha sul resto del portafoglio e sul sistema nel suo complesso. Questo non vale solo per gli investitori in titoli di Stato, perché nel nostro ecosistema finanziario ogni azienda deve operare in un contesto normativo, economico e sociale/di consumo. Un altro fattore importante da considerare sono le esternalità. Ad esempio, se un'azienda scarica acqua inquinata in un fiume, spesso è compito del governo valutare e gestire tali esternalità. Per gli investitori sovrani, quindi, è importante valutare se i governi che finanziano agiscono in modo responsabile per gestire questo tipo di esternalità. Esiste quindi un'interconnessione tra la sostenibilità sovrana e i rischi aziendali (o la capacità di una società di prosperare in un determinato ambiente) e tra la sostenibilità sovrana e le regioni: come già detto, la deforestazione in una determinata regione può creare rischi sistemici che si riverberano. L'importanza della sostenibilità a livello sovrano è quindi presente in tutte le asset class e in tutte le regioni”. 

Avete sviluppato un modello di valutazione della sostenibilità sovrana. Come funziona considerando anche la sfida posta dalle differenze nella distribuzione del reddito nella valutazione dei Paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo?
“In Candriam abbiamo ideato un nostro modello proprietario per valutare la sostenibilità sovrana, progettato per fornire uno sguardo più approfondito su ciò che sta accadendo in un Paese e per contestualizzarlo. Questo modello si basa su quattro “pilastri” di capitale: capitale umano, economico, sociale e naturale (si tratta di un processo diverso dalla nostra analisi ESG, che si concentra invece sulla valutazione di singole società). Tra questi quattro, va prestata particolare attenzione al capitale naturale. Il capitale naturale fornisce risorse uniche per il benessere umano e per lo sviluppo di un Paese. Ad esempio, una foresta di 100 anni (capitale naturale) può essere abbattuta e trasformata in terreno agricolo, che a sua volta può essere sfruttato acquistando e utilizzando trattori per coltivarlo (capitale economico). Così facendo, il capitale naturale si trasforma in capitale economico”.

Ora la domanda è: si può fare il contrario? Si possono vendere i trattori per acquistare una foresta di 100 anni?
“La risposta è no. Anche se si possono comprare e piantare nuovi alberi, una foresta di 100 anni e il suo ecosistema non appariranno da un giorno all'altro: tutta la biodiversità, l'immagazzinamento del carbonio nelle radici, la regolazione del ciclo dell'acqua, ecc. vengono persi quando il terreno viene convertito per uso agricolo. Il capitale naturale è quindi insostituibile nel sistema globale e questo rende necessario metterlo al centro dell'attenzione quando si guarda alla sostenibilità dei Paesi. Inoltre, dobbiamo considerare i costi sostenuti da un Paese per creare benessere per i suoi cittadini, che a volte possono causare danni irreversibili all'ambiente naturale. Pertanto, quando valutiamo la sostenibilità di un Paese, guardiamo innanzitutto a quanto esso sia efficiente nel creare benessere, considerando gli eventuali danni sopracitati. Per quanto riguarda la disparità del reddito tra i Paesi, non possiamo misurare Paesi diversi con gli stessi criteri. Dobbiamo prendere in considerazione ciò che è importante per il particolare livello di sviluppo di un Paese. Questo subirà poi variazioni in base al loro processo di sviluppo. Ad esempio, potremmo considerare la percentuale di veicoli elettrici venduti in un determinato Paese come parametro per valutarne la sostenibilità. Tuttavia, questo potrebbe darci molte indicazioni su nazioni come la Norvegia o la Svizzera, ma se parliamo di un Paese dell'Africa sub-sahariana questo parametro ha un'importanza molto bassa nello sviluppo complessivo, mentre si dovrebbe dare molta più rilevanza al livello di istruzione, all'accesso all'acqua potabile, ai servizi igienici, ecc. In sintesi, porre l'ambiente al centro è fondamentale per la diversa funzione del capitale naturale e per la necessità di considerare la crisi climatica che stiamo affrontando. Inoltre, ogni Paese viene valutato nel suo contesto di sviluppo e ciò contribuisce a ridurre le differenze di reddito tra i Paesi”.

Considerazioni a breve termine, come l'attuale conflitto tra Russia e Ucraina, hanno cambiato il vostro modo di valutare la sostenibilità sovrana?
“Le nostre strategie sostenibili erano già isolate dal debito sovrano russo. Non abbiamo dovuto rivedere la nostra valutazione su nessun Paese in particolare, perché per quanto riguarda la traiettoria a lungo termine di un Paese, non ci sono state molte sorprese sulla base della nostra analisi dettagliata delle tendenze storiche, compreso il conflitto tra Russia e Ucraina. D'altra parte, una questione attuale che può influenzare il punteggio di sostenibilità di un Paese è il potenziale ritorno all'uso del carbone. Una maggiore dipendenza dal carbone aumenterebbe l'impronta di carbonio di un Paese e diminuirebbe il suo punteggio di sostenibilità all'interno del nostro modello. L'aumento dell'uso del carbone a breve termine diminuirà il nostro punteggio nei confronti dei Paesi che vi ricorrono, ma ciò che farà la differenza sarà il modo in cui questi ultimi affronteranno il problema al di là del brevissimo termine. Ci sono Paesi in via di sviluppo che continuano a utilizzare i combustibili fossili e altri che stanno investendo per eliminarli gradualmente a favore di fonti energetiche più ecologiche. Questo farà la differenza nel modo in cui questi Paesi si svilupperanno nell'orizzonte di medio-lungo termine per quanto riguarda l'impatto ambientale, la competitività e la sicurezza nazionale. Nella nostra valutazione, infatti, i Paesi che perseverano e portano avanti la transizione verso l'energia sostenibile ne trarranno vantaggio, diventando investimenti più interessanti nel lungo periodo”.

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