Ancora cautela sui governativi USA
A seguito di un anno complicato, quali indicazioni si possono trarre sulle scelte operative per i prossimi mesi dal dato di inflazione americano e dalle decisioni della Fed di dicembre? “Ci apprestiamo a concludere anche il mese di dicembre. Il 2022 è stato un anno complicato e difficile” spiega Massimo De Palma, head of multi asset team di GAM (Italia) SGR. “All’emergenza sanitaria si sono aggiunte quella geopolitica, innescata dalla guerra Russia – Ucraina e dalle tensioni USA-Cina, e quella economico finanziaria causata dall’accelerazione dei prezzi con il conseguente irrigidimento delle politiche monetarie delle banche centrali”.
“L’indebolimento macroeconomico in atto dovrebbe trasformarsi in una fase recessiva” prosegue De Palma. “Questo è il consenso di mercato per il prossimo anno. Il comparto obbligazionario si è mosso di conseguenza con i tassi di interesse dei titoli governativi che, dopo avere sofferto per buona parte dell’anno, negli ultimi due mesi hanno mostrato segni di recupero. Il movimento inizialmente ha riguardato solo le scadenze lunghe, ma recentemente anche la parte breve è risalita dai minimi. Le curve rimangono invertite con il Treasury 10 anni che rende circa 70 basis point in meno del 2 anni. L’azione più rapida e decisa delle banche centrali ha favorito il movimento. Questa settimana il dato di inflazione americano più contenuto delle attese ha generato nuovo ottimismo. Il ritracciamento dei prezzi dell’energia ha contribuito a raffreddare l’indice, ma anche la componente “core” ha rallentato”.
L’esperto rileva che desta ancora preoccupazione la dinamica dei beni alimentari e degli affitti. “I futures sui Fed Fund dal massimo del 7 novembre intorno al 5,2% sono scesi al 4,8%. E da qui non si sono mossi dopo la riunione della Fed di mercoledì, forse per i toni meno duri del previsto da parte di Jerome Powell. Il mercato sembra non credere alle nuove aspettative dei membri della Fed. Sui 19 governatori ben 17 prevedono un terminal rate sopra al 5%. La mediana si colloca al 5,10%, ma soprattutto non sono previste riduzioni nel corso del 2023. Il mercato, più scettico, stima invece tagli nel corso del prossimo anno per il deterioramento della situazione economica. Teniamo conto che a dicembre dello scorso anno sia gli investitori che la banca centrale statunitense si sono sbagliati nel prevedere dove sarebbe finito il tasso sui Fed funds a fine 2022. La previsione mediana era 0,875%, simile a quella di mercato, stimata allo 0,80, siamo invece al 4,50%. Pertanto – conclude De Palma – in uno scenario ancora complesso, nella prima parte dell’anno pensiamo possa essere opportuno privilegiare la parte medio breve della curva americana, ritenendo quella lunga suscettibile di ulteriore volatilità”.