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Outlook 2023, soft landing e inflazione in calo

1/30/2023 | Redazione Advisor

Gli esperti di Eurizon hanno delineato uno scenario in cui emergono molte opportunità sulle diverse asset class. L’a.d. Saverio Perissinotto: “Un portafoglio ben diversificato permette di ottimizzare i risultati”


Eurizon ha presentato agli investitori il proprio outlook per il 2023. Gli esperti della SGR hanno delineato uno scenario in cui emergono molte opportunità sulle diverse asset class, caratterizzato principalmente da attese di rientro dell’inflazione e contemporaneo rallentamento economico.

L’approccio con cui affrontare i mercati nei prossimi mesi è costruttivo, ma la diversificazione è ancora una volta la parola chiave, a ribadirlo è prima di tutto l’amministratore delegato di Eurizon, Saverio Perissinotto (in foto): “Un portafoglio ben diversificato permette di ottimizzare i risultati, perché nella ricerca di rendimenti bisogna essere disposti a esporsi anche sulle attività più volatili in un’ottica di lungo periodo, tenendo sempre presente che il tempo è il primo alleato dell’investitore”.

Andrea Conti, responsabile macro research ha inquadrato lo scenario di riferimento e le insidie che possono emergere, evidenziando che “l’importante per il nuovo anno è potersi dimenticare del ‘carrello della spesa’, ovvero archiviare la fiammata inflazionistica, a quel punto l’attenzione sarà sul rallentamento economico che con ogni probabilità sarà dolce (soft landing), ma se dovesse risultare troppo pronunciato (hard landing ) le banche centrali potranno contenerlo allentando la politica monetaria.”

Sulla base di questo scenario il direttore investimenti, Alessandro Solina, ha evidenziato come sia importante che proseguano i segnali di rallentamento dell’inflazione che stanno emergendo negli USA e che iniziano a vedersi anche in Europa “i mercati si muovono sulle aspettative e veniamo da un 2022 caratterizzato da una prevedibilità ‘disordinata’. Per il 2023 l’allentamento dell’inflazione e il rallentamento macro rappresentano un contesto più favorevole per i mercati, in prima battuta per quelli obbligazionari”.

Ma vediamo punto per punto l’oulook presentato dagli analisti di Eurizon.

Dopo un 2022 segnato dall’inflazione e, soprattutto, dalla battaglia delle Banche Centrali per contrastarla, la prima domanda da porsi in ottica 2023 è: ci si può fidare dei segnali di rientro dell’inflazione registrati in USA negli ultimi tre mesi? “La risposta che appare più corretta è: si, ci si può fidare.
•La fiammata di inflazione ha avuto tre motori e tutti stanno perdendo forza.
•I colli di bottiglia alle catene produttive e distributive che si erano creati con le riaperture post Covid si stanno riassorbendo; ne sono una evidenza i costi dei trasporti internazionali tornati vicini ai livelli del 2019.
•Il rincaro delle materie prime alimentato dalla ripartenza dell’economia e, poi, dalla guerra in Ucraina è in larga parte rientrato. I metalli industriali hanno segnato i massimi a marzo, il petrolio a giugno, il gas naturale a settembre.
•Infine sta rallentando l’effetto automoltiplicativo dell’inflazione (il fenomeno per cui i settori che hanno subito incrementi di costi li scaricano sui settori a valle e infine sul cliente finale). Questo elemento sarà oggetto di monitoraggio nei primi mesi dell’anno, soprattutto da parte delle Banche Centrali, ma si può affermare con ragionevole fiducia che il processo di disinflazione sia iniziato”.

Nello scenario di riferimento “le Banche Centrali completeranno l’azione restrittiva nei primi mesi del nuovo anno.
•Già a dicembre Fed e BCE hanno rallentato il ritmo della restrizione a 50 punti base dopo alcune mosse da 75 punti base. Le dichiarazioni verbali rimangono improntate alla severità, perché i banchieri centrali vogliono avere conferme sul rientro dell’inflazione.
•Allo stato attuale i future ssui Fed Fund prezzano due rialzi da 25 punti base ciascuno, in febbraio e marzo. A quel puntoil tasso sui Fed Funds sarebbe al 5%, per un rialzo totale di 475 punti base in poco più di un anno.
•Per la BCE il livello di arrivo del tasso di riferimento è previsto al 3,3%, 75 punti base sopra il livello attuale e sarebbe raggiunto in primavera, per un rialzo totale di oltre 300 punti base in nove mesi.
•Dalla primavera, Fed e BCE manterrebbero i tassi fermi, valutando la tenuta della crescita economica. Secondo i futures la Fed taglierebbe i tassi a partire dall’autunno per contenere il rallentamento macro.
•Il principale scenario di rischio per il nuovo anno è un eventuale proseguimento della restrizione monetaria oltre i livelli previsti nello scenario centrale. Si realizzerebbe nel caso di un calo dell’inflazione meno rapido del previsto. È un’ipotesi a bassa probabilità, perché l’allentamento delle pressioni inflazionistiche appare evidente, ma va monitorata con attenzione”.

“Con il rientro dell’inflazione - prevedono gli economisti - aumenterà l’attenzione sulla tenuta della crescita economica dopo la forte restrizione monetaria del 2022.
•Nello scenario di riferimento, in cui la restrizione monetaria si ferma nel primo trimestre, l’evoluzione del ciclo economico globale potrà assumere la forma del rallentamento dolce (o mini recessione). Gli USA e l’Eurozona registrerebbero crescita nulla, o leggermente negativa, nella prima metà dell’anno, per poi stabilizzarsi su una velocità di crociera sostenibile, uscendo finalmente dalla turbolenta fase di ripartenza post Covid.
•Nel dettaglio le stime di consenso per il 2023 prevedono la crescita USA allo 0,4%, dopo l’1,9% del 2022 e il 5,9% del 2021. Per l’Eurozona la crescita 2023 è prevista a 0,0%, contro 3,3% e 5,3% nel 2022 e 2021.
•Non può essere escluso, come scenario di rischio, una frenata più brusca rispetto alle previsioni, anche se famiglie ed imprese affrontano il rallentamento con bilanci in salute che non sembrano richiedere gli aggiustamenti tipici che avvengono nelle recessioni vere e proprie.
•Una frenata brusca dell’economia è comunque un’eventualità da monitorare e avrebbe, come probabile ammortizzatore, un atteggiamento di politica monetaria nuovamente accomodante prima del previsto”.

Tra i temi specificamente europei “va notato che il ciclo economico e inflattivo in Eurozona segue quello USA con qualche mese di ritardo.
•Questo può mantenere la BCE più aggressiva della Fed un po’ più a lungo, frenando eventualmente il recupero delle Borse europee, più rapido delle altre mostrato negli ultimi due mesi, e rafforzando l’euro.
•In Europa si continuerà a seguire la diversificazione delle fonti di energia e la riduzione dalla dipendenza russa, oltre che l’evoluzione del conflitto in Ucraina la cui fine non è al momento ipotizzata, mentre invece potrebbe essere considerata tra gli scenari di rischio positivi.
•Tra le altre aree geografiche l’Asia, e la Cina in particolare, potrebbero risultare in controtendenza in termini macro.
•Mentre vi è ampio consenso che USA ed Eurozona rallenteranno nel 2023, la Cina ha già segnato un forte rallentamento nel 2022, a causa delle persistenti restrizioni anti Covid.
•D’altro lato la Cina non ha registrato la fiammata inflazionistica e non ha ristretto la politica monetaria, anzi ultimamente la sta allentando”.

I gestori ricordano che “il riprezzamento dei tassi di interesse monetari e obbligazionari è stato il grande tema dei mercati finanziari nel 2022. I tassi governativi USA sono saliti di circa 2,5 punti percentuali sulla scadenza 10 anni e di quasi 4 punti percentuali sui 2 anni. 240 e 300 i punti base di rialzo per la curva tedesca sui 10 e sui 2 anni.
•Agli attuali livelli, i tassi a scadenza sulle parti brevi, prossime al 5% in USA e sopra il 3% in Eurozona, già scontano il punto di arrivo dei tassi Fed e BCE e offrono una interessante remunerazione cedolare.
•Nello scenario centrale, inoltre, i mercati obbligazionari core sarebbero supportati, in termini di movimento direzionale, dalla discesa dell’inflazione e dal rallentamento macro.
•Inoltre, a fronte di un rallentamento più marcato del previsto, scenario di hard landing, la ridiscesa dei tassi obbligazionari core potrebbe essere piuttosto pronunciata. Al contrario, nello scenario di rischio alternativo (inflazione più persistente del previsto) i titoli governativi potrebbero restare sotto pressione, ma le parti brevi sono protette da cedole in grado di compensare le perdite in conto capitale, mentre le parti lunghe potrebbero vedere le curve aumentare l’inclinazione negativa.
•Il posizionamento sulla duration governativa USA ed EUR è di sovrappeso”.

In un contesto di tassi core in stabilizzazione, o in graduale ridiscesa, “le prospettive di rendimento assoluto per le obbligazioni a spread appaiono buone.
•Per quanto riguarda gli spread in Eurozona l’allargamento registrato nel 2022 è stato inferiore rispetto ad altre fasi critiche di mercato. In particolare, non si è verificata la tempesta perfetta sullo spread italiano che molti temevano a cavallo delle elezioni. I titoli governativi della periferia appaiono quindi interessanti come rendimento a scadenza, ma lo spread non è tale da meritare un posizionamento di sovrappeso.
•Più interessanti a livello valutativo le obbligazioni non governative. Tra queste i titoli Investment Grade presentano il miglior profilo rischio rendimento come combinazione di tasso a scadenza e spread, già prossimi ai livelli estremi di passate crisi di mercato. Sono piuttosto ampi anche gli spread delle obbligazioni High Yield, ma inferiori ai precedenti picchi. Non si può escludere che nella prima parte dell’anno gli spread di questi titoli mostrino volatilità, in attesa di valutare l’entità del rallentamento economico.
•A rischio volatilità, ma complessivamente più interessanti degli High Yieldappaiono le obbligazioni dei Paesi emergenti in valuta forte che presentano rendimenti a scadenza e spread elevati e che potrebbero trarre beneficio dalla probabile fine del rialzo dei tassi USA e dalla stabilizzazione del dollaro”.

“I mercati azionari - sottolineano i manager - sono risultati in calo tendenziale per tutto il 2022 e sono tornati ai livelli di fine 2020 (più in basso le Borse emergenti il cui calo era iniziato già nel 2021). La volatilità delle Borse però è risultata contenuta rispetto ad altre fasi di crisi, evidenza del fatto che il calo delle azioni è stato interamente dettato dal rialzo dei tassi obbligazionari e non è avvenuto per debolezza dei fondamentali aziendali.
•Per il 2023 le azioni dovrebbero trovare supporto nella fine della restrizione monetaria e in valutazioni assolute rientrate in linea (USA) o sotto (Eurozona e Emergenti) le medie storiche. Interessante anche il premio al rischio offerto dalla remunerazione degli utili aziendali rispetto ai tassi obbligazionari. •L’elemento di attenzione in ottica 2023 riguarda la crescita degli utili che è destinata a rallentare in scia al calo dell’inflazione e alla moderazione della crescita economica.
•Le stime di consenso prevedono utili praticamente fermi su base annua per l’indice S&P500 e per l’Eurostoxx, dopo essere aumentati rispettivamente dell’8% e del 18% nel 2022”.

“Le stime - precisano - sono conservative, ma ancora a rischio di revisione verso il basso in caso di delusione sulla crescita economica:
•Il recupero delle Borse, che si è innescato da fine ottobre, potrebbe proseguire nell’immediato, mentre gli investitori registrano il calo dell’inflazione. È però possibile che la volatilità sui mercati azionari resti relativamente elevata nel primo semestre dell’anno, nell’incertezza tra softe hard landing.
•A livello geografico il Giappone, che nel 2022 ha tenuto meglio degli altri, potrebbe essere frenato da un’agenda restrittiva della Bank of Japan che, per quanto molto lenta, è partita in ritardo rispetto alle altre Banche Centrali. L’Eurozona presenta valutazioni più attraenti degli USA e il recupero dai minimi di ottobre è stato più rapido rispetto alle altre aree. L’atteggiamento ancora severo della BCE però potrebbe frenare il recupero prima di segnali più chiari di inversione dell’inflazione in UE. Le Borse emergenti presentano valutazioni simili a quelle europee e sarebbero tra i principali beneficiari della fine del rialzo dei tassi USA, evento probabile nel primo trimestre del 2023”.

“Il dollaro - conclude l’outlook di Eurzon - viene da un biennio di rafforzamento quasi lineare. Contro euro il movimento è stato da 1,23 (inizio 2021) a 0,95 (settembre scorso). Nel 2021 la forza del dollaro era arrivata dalla svolta restrittiva della Fed, in anticipo rispetto alle altre Banche Centrali. Nel 2022 il dollaro ha svolto il ruolo di valuta rifugio rispetto alle incertezze innescate dal rialzo dell’inflazione. •Non a caso, appena l’inflazione USA ha mostrato segni di rientro, il dollaro ha invertito la tendenza. •In ottica 2023, lo scenario centrale (rientro dell’inflazione e rallentamento dolce dell’economia) propende per un dollaro più debole, proprio per il venire meno della ricerca di attività rifugio. Il dollaro potrebbe peraltro indebolirsi anche nello scenario di rischio di rallentamento duro (hard landing) perché, in quel caso, la Fed sarebbe con ogni probabilità la più veloce ad abbassare i tassi di interesse.
•Gli investitori tornerebbero invece a rivolgersi al dollaro nell’ipotesi, a bassa probabilità di realizzazione, di un colpo di coda dell’inflazione anche nel 2023”.

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