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2022, la tempesta perfetta che ha travolto i mercati

2/24/2023 | Redazione Advisor

Secondo il settimo Osservatorio sui Mercati dei Capitali realizzato da Equita con l’Università Bocconi, se si guarda ai soli Stati Uniti, la perdita di valore dei titoli azionari e obbligazionari è due volte superiore a quelle registrata durante la crisi del 2008


Equita, la principale investment bank indipendente in Italia, annuncia la pubblicazione del settimo Osservatorio sui Mercati dei Capitali, lo studio realizzato annualmente nell’ambito della partnership con l’Università Bocconi, collaborazione che nel 2023 celebra dieci anni, e che analizza i trend dei mercati azionari ed obbligazionari in Italia, e le tematiche di sostenibilità, ponendo particolare attenzione agli impatti per investitori e intermediari finanziari dei cambiamenti regolamentari che interessano i mercati dei capitali.

Andrea Vismara, amministratore delegato di Equita, ha spiegato che "il 2022 è stato un anno difficile per i mercati dei capitali a causa di fattori esterni come la guerra, la crisi energetica e le politiche delle banche centrali. I dati del nostro settimo Osservatorio, però, confermano che tali difficoltà perdurano da anni e sono dovute soprattutto a condizioni di sistema. Nonostante quanto fatto di recente a livello normativo dalle autorità europee ed italiane, c’è comunque la necessità di introdurre misure più strutturali per incentivare l’accesso ai mercati dei capitali, sostenere la ricerca finanziaria sulle PMI e sviluppare la base di investitori domestici per sostenere la liquidità dei mercati”.  

L’Osservatorio, presentato questa mattina durante il webinar organizzato in collaborazione con il Centro di Ricerca BAFFI CAREFIN dell’Università Bocconi, ripercorre il 2022 dei mercati dei capitali, uno dei peggiori anni in termini di distruzione di valore a livello mondiale.

Se si guarda ai soli Stati Uniti, per esempio, la perdita di valore dei titoli azionari e obbligazionari è stata pari a 16,5 triliardi di dollari, due volte superiore alle perdite registrate durante la crisi del 2008. La “tempesta perfetta” dovuta alla guerra in Ucraina e le conseguenti dinamiche inflazionistiche hanno costretto le banche centrali di tutto il mondo a reagire e ad aumentare i tassi di interesse rapidamente, così come non accadeva da almeno 40 anni. Per dare una idea, nel 2022 i tassi della Fed sono aumentati di circa 425 punti base in soli 9 mesi; nel 2015 si era arrivati a circa 225 punti base in 36 mesi e nel 2004 a circa 425 punti base in 24 mesi.

Tale rapido cambio di scenario macroeconomico, unito all’incertezza geopolitica e all’incremento dei costi per l’energia, ha provocato un generalizzato disorientamento degli investitori che hanno mantenuto un atteggiamento di forte prudenza e avversione al rischio per tutto il 2022. I segnali di rallentamento dell’inflazione, l’apparente superamento della crisi energetica, la convinzione che i tassi di interesse siano giunti quasi ai massimi e la speranza che la riapertura cinese post pandemia possa dare un impulso positivo all’economia, hanno contribuito a ridare un po’ di fiducia agli investitori e ai mercati con la performance positiva che stiamo vedendo nei primi mesi del 2023.

Oltre al difficile contesto, però, il 2022 ha anche visto alcuni primi segnali concreti da parte delle istituzioni volti a semplificare le regole di accesso ai mercati dei capitali, sia a livello europeo che a livello domestico. Dopo le raccomandazioni dell’High-Level Forum on Capital Markets, l’action plan previsto dalla Capital Markets Union e il report Making Listing Cool Again pubblicato dal Technical Expert Stakeholder Group (TESG), Consob ha semplificato alcune procedure per rendere l’iter autorizzativo dei prospetti di quotazione più in linea con le best practice europee e ha recepito la possibilità di redigere il documento in lingua inglese, Borsa Italiana ha semplificato il processo di quotazione snellendo alcuni requisiti relativi alla documentazione richiesta, e infine la Commissione Europea ha proposto il Listing Act con l’obiettivo, tra gli altri, di armonizzare a livello europeo la struttura dei prospetti (ad esempio in termini di lingua, sezioni e limiti di pagine), e di semplificare le operazioni di aumento di capitale per le società già quotate.

Analizzando il mercato delle IPO su scala europea, nel 2022 l’effetto combinato di fattori monetari, macroeconomici, sociali e geopolitici ha determinato una importante contrazione dei volumi, risultante in un significativo calo di nuove quotazioni rispetto all’anno precedente (-80%), ed un’assenza pressoché totale di operazioni di dimensione significativa nel secondo semestre del 2022 – ad eccezione dell’IPO di Porsche. Se si guarda poi al mercato italiano, nel 2022 ci sono stati delisting per €40 miliardi circa ma nuove IPO per soli €1,5 miliardi (€0,6 miliardi su Euronext Milan e €0,9 miliardi su Euronext Growth Milan).

Sul fronte Equity Capital Markets italiano nel 2022 i volumi sono stati pari a €5,7 miliardi su Euronext Milan, in calo rispetto a quanto registrato nel 2021 (€7,3 miliardi, -22%). Anche il numero di operazioni è risultato in diminuzione, da 29 nel 2021 a 13 nel 2022 (-55%). Importante è stato il peso degli aumenti di capitale (€3,6 miliardi), pari al 63% dei volumi complessivi, mentre le IPO hanno raccolto soltanto €0,6 miliardi. Su Euronext Growth Milan, invece, i volumi di emissioni e offerte sono risultati in linea con l’anno precedente (€967 milioni nel 2022 vs €966 milioni nel 2021) ma anche in questo caso il numero di operazioni è calato significativamente, da 58 nel 2021 a 34 nel 2022 (-41%).

È utile segnalare che quanto osservato nel 2022 per l’Equity Capital Markets non è da considerarsi un fenomeno solamente italiano ma bensì internazionale, storicamente osservabile al termine di cicli economici espansivi. Per quanto riguarda il debito europeo e limitatamente al mondo corporate, nel 2022 il primato per volumi di emissioni è detenuto dalla Germania, seguita dal Regno Unito e dalla Francia. L’Italia si posiziona come quinto paese dopo l’Olanda

Sul fronte Debt Capital Markets italiano, i volumi di emissioni corporate sono diminuiti del 42% (da €41,8 miliardi nel 2021 a €24,4 miliardi nel 2022) mentre il numero di operazioni è diminuito del 43% (da 68 nel 2021 a 39 nel 2022). Si interrompe così il trend positivo che si era registrato dal 2018 per le emissioni obbligazionarie corporate in Italia, sia in termini di volumi di emissione che per numero di operazioni. Le principali emissioni hanno riguardato operazioni investment grade (€19,9 miliardi, 81% del totale), seguite da emissioni high yield (€3,0 miliardi, 12% del totale).

Sempre sul fronte obbligazionario, se si analizza il mercato per tipologia di emissione, i volumi di emissioni corporate ESG sono risultati in calo (-35%, €17,1 miliardi in H1’22 vs €26,4 miliardi in H1’21), ma meno che proporzionalmente rispetto alle emissioni corporate tradizionali (-53%, €7,3 miliardi in H1’22 vs €15,4 miliardi in H1’21); sul mercato del debito corporate italiano, dunque, il 70% delle emissioni del primo semestre 2022 sono ESG, percentuale mediamente in crescita negli ultimi anni.

Nel segmento dei minibond, invece, nel 2022 sono state completate solo 8 emissioni (22 nel 2021, -64%) con €52 milioni raccolti (€151 milioni nel 2021, -66%). Ad eccezione del biennio 2018-2019, il trend su questi strumenti conferma un continuo calo: nel 2014 le emissioni vedevano più di €500 milioni raccolti (con più di 40 operazioni). Tale dinamica è dovuta al lancio dei basket bond che hanno creato un mercato alternativo a quello delle singole emissioni, contribuendo a creare un meccanismo per cui si realizzano economie di scala tra gli emittenti – che condividono i costi di emissione – offrendo al contempo opportunità di diversificazione del rischio agli investitori.

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