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Cina oltre il target del 5%, ma il mondo non ne beneficerà

3/9/2023 | Redazione Advisor

Anche le aspettative di crescita per Stati Uniti ed Eurozona per quest’anno sono al rialzo i miglioramenti sono dovuti a fattori interni piuttosto che alla spinta proveniente da Pechino


La Cina batterà il target di crescita del 5% comunicato nel corso del Congresso Nazionale del Popolo dello scorso weekend? Secondo Carlos Casanova, senior economist, Asia di Union Bancaire Privée (UBP), “il tetto del 5% potrà essere facilmente superato e deve essere visto più come la base sotto la quale le autorità non vogliono scendere dopo aver mancato gli obiettivi nel 2022. Il 2023 sarà un anno di transizione politica, per cui non deve sorprendere che i target di crescita siano prevedibili e facilmente raggiungibili”.

Il gestore vede tre catalizzatori positivi chiave per la Cina nel 2023. In primis la riapertura: “Il processo è stato più rapido delle attese, a ottobre ci aspettavamo un percorso più graduale con una riapertura completa a marzo 2023. Inoltre, il rischio di una seconda ondata di Covid dopo quella di dicembre ci sembra basso. La decisione di riaprire si è tradotta in una certa debolezza nel breve termine a fine 2022, ma in un vantaggio a lungo termine”.

Il secondo catalizzatore è il mercato immobiliare: “Questo settore è stato una zavorra per la crescita economica nel 2022, e non solo. Non siamo ancora fuori dal tunnel, ma ci sono state molte politiche dirette a supportare il settore e a garantire la consegna dei progetti immobiliari che erano rimasti fermi. Una stabilizzazione in questo comparto avrà un impatto positivo sul sentiment dei consumatori e sulla spesa privata cinese, anche se l’attività immobiliare rimarrà di per sé debole”.

Il terzo è quello dei consumi: “Come già visto nel resto del mondo, dopo le riaperture post-Covid si verifica un periodo di 12-18 mesi di forte accelerazione dei consumi. Pensiamo che questo accadrà anche in Cina, in parte a causa della domanda repressa e in parte a causa dei risparmi accumulati nel periodo delle restrizioni, come possiamo vedere dalla differenza tra i volumi di nuovi depositi e nuovi prestiti. Tuttavia, non ci aspettiamo lo stesso livello di boom dei consumi che abbiamo visto negli Usa, infatti si tratta di due situazioni diverse, con la Cina che ha una propensione al consumo significativamente inferiore. Inoltre, le difficoltà del settore immobiliare restano in una certa misura un freno a un boom dei consumi, mentre la disoccupazione nel Paese rimane ancora a livelli più alti rispetto al periodo pre-Covid”.

Di contro Casanova identifica due rischi principali. Il primo è l’inflazione: “Come accennato, non ci aspettiamo un boom dei consumi, ma il loro livello tornerà al trend e questo dovrebbe spingere al rialzo l’inflazione. La visione di consenso è che l’inflazione CPI cinese salirà al 3% nel 2023, come da stime del governo e in linea con quello che era il livello pre-Covid. Tuttavia esiste il rischio che, in caso di un’accelerazione sopra il 3% per diversi mesi, la PBoC debba inasprire la politica monetaria prima del previsto. Tuttavia, i mercati e l’economia cinesi hanno ancora bisogno di supporto politico, sia monetario che fiscale, e una stretta monetaria potrebbe indebolire soprattutto l’azionario”.

Il secondo rischio è rappresentato dalla geopolitica: “È un rischio abbastanza evidente, con la possibilità sempre presente di un decoupling tecnologico, legato alle restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori. Gli sviluppi su questo fronte continueranno a causare fasi di volatilità nei prossimi mesi. Inoltre, con la fine della politica Zero-Covid, Pechino dovrebbe tornare a esternalizzare una parte della sua catena di approvvigionamento, con maggiori investimenti all’estero che avranno un effetto negativo sulla crescita cinese”.

David Rees, senior emerging markets economist di Schroders, concentra la sua analisi sulla riapertura della Cina e le possibili conseguenze per gli altri mercati. Rees prevede che “a partire dal primo trimestre del 2023 il nostro ci saranno tre trimestri consecutivi di crescita superiore al trend, con una prevalenza del settore dei servizi. Ciò farà aumentare la crescita del PIL nel 2023, e abbiamo quindi rivisto la nostra precedente previsione del 5% portandola al 6,2% circa. Tuttavia, l’euforia probabilmente svanirà con l’esaurirsi della domanda repressa e dei risparmi e l’attenuarsi delle forze cicliche. Per questo, riteniamo che la crescita del PIL si ridurrà al 4,5% nel 2024”.

Per l’economista le ricadute positive su altre economie potrebbero essere piuttosto limitate: “Le economie asiatiche potrebbero beneficiarne: il ritorno dei turisti cinesi darà impulso ad altre zone dell’Asia, anche se probabilmente si tratterà di piccole economie asiatiche che rappresentano solo una piccola frazione del PIL mondiale”.

I Paesi europei che esportano beni in Cina invece potrebbero non trarne vantaggio come in passato. “Solitamente - ricorda il manager -l’Europa beneficia di una ripresa dovuta al ciclo economico cinese, poiché una crescita più sostenuta stimola gli investimenti dei produttori in risposta all’aumento della domanda di beni. Tuttavia, questa volta ci aspettiamo che la ripresa sia orientata verso i servizi e non verso il settore manifatturiero. Inoltre, i forti investimenti precedenti e la debolezza della domanda esterna rendono improbabile che la ripresa stimoli un nuovo ciclo di investimenti nel settore manifatturiero che implichi maggiori importazioni dall’Europa e dal resto del mondo. Infine, sebbene la politica Zero-Covid possa aver ritardato gli investimenti diretti esteri, non è ancora chiaro se le multinazionali aumenteranno gli investimenti in Cina in un momento in cui le pressioni geopolitiche spingono verso la diversificazione della catena di approvvigionamento”.

“Gli esportatori di materie prime - prevede Rees -potrebbero ricevere un certo sostegno in caso di rialzo dei prezzi, ma questa volta il copione potrebbe essere diverso. Mentre in passato la ripresa trainata dall’edilizia ha sostenuto i prezzi dei metalli industriali, avvantaggiando Paesi esportatori come l’America Latina e l’Africa, una ripresa dei servizi potrebbe sostenere maggiormente il settore energetico. Ciò potrebbe riaccendere l’inflazione globale, rimettendo sotto pressione i redditi reali e lasciando meno spazio alle banche centrali per abbassare i tassi di interesse nel 2024. Alcuni mercati emergenti potrebbero prosperare in un contesto di aumento dei prezzi del petrolio, ma la maggior parte di essi si troverà ad affrontare un periodo di crescita lenta a causa dell’aumento dei tassi di interesse e della debolezza della domanda esterna”.

“La riapertura della Cina - conclude l’esperto di Schroders - non porterà grandi benefici all’economia globale. Dunque, mentre l’abbandono della politica zero-Covid ha chiaramente migliorato le prospettive della Cina per quest’anno, il resto del mondo potrebbe non beneficiarne molto, se non per nulla. Infatti, anche se abbiamo rivisto al rialzo le nostre aspettative di crescita per Stati Uniti ed Eurozona per quest’anno, i miglioramenti sono dovuti a fattori interni piuttosto che alla spinta proveniente dalla Cina”.

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