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L’aumento dei tassi inizia a fare male

3/14/2023

Il crac che ha travolto la SVB mette in luce l'impatto non proprio immediato delle politiche monetarie restrittive sulle banche e potrebbe indurre la Fed a una maggiore prudenza. Il commento di AXA IM


L'episodio della SVB mette in luce l'impatto non proprio immediato delle politiche monetarie restrittive sulle banche e potrebbe indurre la Fed a una maggiore prudenza, alzando i tassi di soli 25 punti base nel prossimo meeting. È il commento di Gilles Moëc, group chief economist di AXA Investment Managers, al crac che ha travolto la Silicon Valley Bank.

 

L’economista spiega che le autorità statunitensi hanno tirato fuori i "pezzi grossi" e hanno agito con decisione per contenere l'effetto di ricaduta della scomparsa di SVB (ora accompagnata da Signature Bank) utilizzando un approccio a due livelli. “In primo luogo, "risarcirà" i depositi di queste banche oltre il normale limite di assicurazione FDIC. In secondo luogo, la Fed ha varato un nuovo programma che garantisce l'accesso alla liquidità a 12 mesi a condizioni favorevoli: per la valutazione del collaterale verrà utilizzato il valore nominale, anziché il valore di mercato, per evitare la contrazione del portafoglio obbligazionario delle banche, e non verrà imposto alcun "haircut". Questo dovrebbe arginare una migrazione potenzialmente dirompente di depositi dalle banche di piccole e medie dimensioni a quelle grandi e sistemiche”.

 

“Al di là dell'immediata questione della stabilità finanziaria – prosegue Moëc –  l'episodio della SVB mette in luce l'impatto non proprio immediato dell'aumento dei tassi di interesse sulle banche, soprattutto quando le passività a tasso variabile si scontrano con le attività a tasso fisso accumulate a rendimenti storicamente bassi. Questa è un'altra ragione per osservare con attenzione gli sviluppi macrofinanziari in quanto potenzialmente forieri di difficoltà nell'economia reale”.

 

Secondo l’economista l'episodio della SVB potrebbe anche innescare una maggiore prudenza da parte della Fed nel campo della politica monetaria. “In ogni caso – aggiunge – i dati sui salari di venerdì scorso sono stati sufficientemente deboli da impedire alla Fed di riprendere i "grandi rialzi". A meno che l'IPC di questa settimana non superi sensibilmente le aspettative, il ritmo dovrebbe rimanere di 25 punti base fino al raggiungimento di un tasso terminale che vediamo al 5,50% a giugno”.

 

Quanto alla BCE, “da diverse settimane sosteniamo che dovrebbe prestare maggiore attenzione al deterioramento dell'impulso creditizio, ma la nostra impressione è che il Consiglio direttivo rimarrà concentrato sul messaggio dell'inflazione di fondo nella definizione della sua traiettoria. Anche se Christine Lagarde potrebbe tentare di non approfondire troppo il contenuto delle prossime mosse dopo aver presentato questa settimana il ben programmato rialzo di 50 punti base, visti i palesi disaccordi all'interno del Consiglio, la direzione di marcia è chiara e punta verso il rialzo. Poiché ci aspettiamo un'inflazione di fondo robusta per tutta la prima metà del 2023, un tasso terminale del 4% non ci sorprenderebbe più di tanto. La BCE si collocherebbe nella fascia dei falchi. Altre banche centrali, come la Banca del Canada, anch'esse concentrate sul recente andamento dell'inflazione di fondo, stanno invece facendo una pausa” conclude Moëc.

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