Tempo di lettura: 7min

UBS-Credit Suisse, volatilità in aumento. La view dei gestori

3/20/2023 | Daniele Riosa

Gli analisti, dopo la fusione tra le due banche svizzere, si interrogano sulle possibili ricadute sui mercati, sull’economia globale e sulle banche stesse. Per alcuni di loro anche la FED potrebbe assumere una posizione più dovish


Gli analisti, dopo la fusione tra UBS e Credit Suisse, si interrogano sulle possibili ricadute sui mercati, sull’economia globale e sulle banche stesse. Per alcuni di loro anche la FED potrebbe assumere una posizione più dovish. Vedimo di seguito i commenti dei gestori.

Walid Koudmani, chief market analyst di XTB, spiega che “sebbene l’accordo inizialmente possa aver portato un po' di calma sul mercato, il prezzo delle azioni di UBS è sceso di oltre il 14%, poiché gli investitori hanno continuato a essere nervosi e dato il ritorno dell'incertezza. Una delle preoccupazioni principali potrebbe riguardare il fatto che l'acquisizione da parte di UBS di Credit Suisse porti a una situazione interessante e potenzialmente pericolosa nel settore bancario svizzero, in quanto la fusione delle due maggiori banche svizzere significa che oltre il 50% dei depositi bancari nel Paese sarà detenuto da un singolo istituto, che di per sé potrebbe rappresentare un serio rischio se dovesse verificarsi un'altra corsa agli sportelli. Man mano che emergono maggiori dettagli e con la settimana in corso, ci saranno molti eventi da tenere d'occhio, comprese le decisioni della banca centrale che continuano ad essere più rilevanti che mai, poiché le difficili situazioni macroeconomiche incontrano ora le notizie e gli scandali bancari. Questa potrebbe rivelarsi una delle settimane più volatili del 2023 finora sui mercati, poiché gli investitori fuggono verso asset rifugio”.

Per Giacomo Calef, country manager di NS Partners, “il caso Credit Suisse, invece, pur avendo una situazione critica dal punto di vista del business, si è trasformato più in una crisi di fiducia che di bilancio. La Saudi National Bank, prima azionista del Gruppo svizzero, qualche giorno fa ha dichiarato di non avere spazio per iniettare nuova liquidità e la banca da tempo sta riscontrando diversi problemi di gestione. Ma la Banca Nazionale Svizzera è intervenuta prontamente per sostenere l’istituto, con prestiti a breve termine fino a 50 miliardi di franchi. Ora il punto è: come agiranno le Banche centrali nei prossimi mesi? La BCE nel meeting di marzo, come era già preannunciato, ha deciso comunque di rialzare i tassi di riferimento di 50 punti. Invece, per quanto riguarda la FED, abbiamo maggiore incertezza per la riunione di questo mese. Se due settimane fa Powell aveva aperto ad un possibile aumento di 50 punti base, ora gli analisti si attendono con maggior probabilità 25bps. Alcuni, inoltre, non prospettano alcun rialzo”.

Francesco Castelli, responsabile fixed income di Banor Capital, sottolinea che “da operatori di mercato, riteniamo che l'intervento svizzero sia di grande aiuto, anche se doloroso per i detentori di azioni Credit Suisse e obbligazioni AT1. Le autorità svizzere hanno seguito la situazione molto da vicino e hanno prontamente deciso che la banca non era più affidabile come entità indipendente. Il matrimonio con UBS, dipinto come una transazione privata tra 2 soggetti privati, mostra invece pesanti segnali di intervento pubblico. Gli azionisti di entrambe le banche non saranno consultati facendo pieno affidamento sulla benedizione pubblica e sul denaro pubblico. Un coinvolgimento politicamente sgradevole, ma una garanzia che il mercato vede come positivo e credibile”.

“UBS - prosegue Castelli - si assume un grande rischio per l'acquisizione degli asset tossici di CS e un rischio legale elevato. D'altra parte, hanno ottenuto ottime condizioni, acquisendo il loro più grande concorrente gratuitamente, con un regalo implicito di 13 miliardi (includendo i 16 miliardi di titoli AT1 ridotti a zero, cui vanno sottratti i 3 miliardi pagati agli azionisti di CS). Hanno giàchiarito che ridurranno massicciamente l'attività di investment banking e si concentreranno sulla gestione patrimoniale”.

Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, rileva che “dopo la fusione di UBS con Credit Suisse, le principali banche centrali hanno rilasciato dichiarazioni rassicuranti e iniettato ulteriore liquidità per stabilizzare i mercati. Dopo l’accordo i titoli di Stato sono generalmente risaliti, poiché gli investitori si aspettano che le banche centrali siano più caute nel rialzare i tassi d'interesse, per evitare di mettere sotto pressione il settore bancario, anche se l'inflazione rimane ben al di sopra del target. L'attenzione si sposterà sulla FED mercoledì e sulla BoE giovedì in vista delle prossime mosse sui tassi di interesse. In un contesto in cui si assiste all’allontanamento dagli asset più rischiosi, i prezzi del petrolio sono scesi al livello più basso degli ultimi due anni a causa delle preoccupazioni sulla salute dell'economia globale, mentre l'oro è salito sopra i 2.000 dollari l'oncia per la prima volta dopo oltre un anno”.

Secondo Davide Serra, founder e ceo di Algebris Investments, “UBS ha fatto l'affare della vita. Mai nella storia una banca ha aumentato il proprio NAV del 70% in una notte. Questo sarà molto positivo per tutti gli stakeholder di UBS. La FINMA ha certamente sorpreso con la modifica della legge fatta da un giorno all’altro e con il capovolgimento della seniority della struttura del capitale. Questo non è mai successo ed è chiaramente un errore politico molto spiacevole. Nel frattempo, la dichiarazione della BCE di questa mattina, che ha sempre rispettato la struttura del capitale delle banche dell'UE, fornisce un chiarimento importante. Non pensiamo che ci sarà un impatto strutturale a lungo termine sugli AT1 in Europa, al di fuori della Svizzera. Si tratta di strutture di capitale del G20 che esistono in tutto il mondo. Queste obbligazioni che assorbono le perdite fanno parte del tessuto del debito bancario e rimarranno tali in Europa e negli Stati Uniti con Basilea III”.

Antonio De Negri, ceo di Smart Bank, analizza come “questa ulteriore incertezza vada a impattare le previsioni macroeconomiche per quest’anno. La nostra aspettativa vede un incremento delle probabilità di recessione per gli Stati Uniti da 10 a 35 punti percentuali. La principale ragione è che il 50% di tutti i prestiti personali e oltre l’80% dei mutui sugli immobili commerciali sono nelle mani di banche con attivi totali minori di 250 milioni di dollari. Questo tipo di istituti sono proprio quelli che rischiano di risentire maggiormente della situazione attuale e hanno dunque un ruolo chiave nel mercato del credito americano. Infatti, se la fuga dei depositi dovesse continuare, queste banche si troveranno costrette a irrigidire i propri standard di prestito, impattando direttamente la crescita economica per quest’anno. È estremamente difficile quantificare in maniera accurata, ma utilizzando un approccio contabile e statistico stimiamo una riduzione nella crescita del GDP 2023 dall’1,5% all’1,2%, rimanendo dunque al di sopra di una recessione. Bisogna però specificare come questo sia uno spettro molto ampio al ribasso e di conseguenza la probabilità di entrare in una recessione per l’anno corrente sale dal 25 al 35%. La nostra visione al riguardo rimane comunque più rosea rispetto a quella di altri esperti che la stimano al 50%”.

Luigi De Bellis, co-head dell’Ufficio Studi di Equita, sostiene che “da un lato l`operazione su CS permette di contenere i rischi di contagio e le sue ripercussioni, ma dall`altro riteniamo che i termini della transazione possano avere come effetto l’aumento del costo del capitale/risk premium per le banche (e per gli AT1, con rischio riduzione liquidità strumenti). Confermiamo la nostra view: non ci sono dubbi che il settore bancario italiano/EU sia più solido e capitalizzato rispetto al passato. Tuttavia il rischio principale che vediamo con l’aumento dei timori di instabilità finanziaria è che venga colpito uno dei principali canali di trasmissione dell’economia ossia i prestiti bancari, con un deterioramento della volontà di concedere credito (sia in EU che USA). Il nostro posizionamento neutrale sui mercati azionari resta invariato, con una preferenza per i titoli di qualità rispetto ai ciclici. Riteniamo che le scelte di politica monetarie verranno inevitabilmente modificate, ma pensiamo sia necessaria ancora una fase di aggiustamento”.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?