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Obbligazionario USA, la ricetta per sfruttare la volatilità

4/24/2023 | Redazione Advisor

Natalie Trevithick (Payden & Rygel): “I buoni del Tesoro a 6 mesi hanno un rendimento di circa il 4,75%, i Treasury a 2 anni del 4,1%, i Treasury a 10 anni del 3,5%”


“Nei primi mesi del 2023, la volatilità sul mercato del reddito fisso Usa, in particolare quello dei titoli di Stato, è stata sorprendente: in gennaio, nonostante le parole da falco di Jerome Powell, i tassi hanno continuato a scendere fino all’annuncio dei dati sull’occupazione Usa che, con un aumento di 500.000 nuove assunzioni, li hanno fatti schizzare nuovamente alle stelle, con il Treasury a due anni che ha toccato il 5%, per arrivare poi, in marzo, a un crollo di oltre cento punti base a causa della crisi bancaria”. Natalie Trevithick, responsabile delle strategie US Investment Grade Corporate di Payden & Rygel, sottolinea che “nonostante la volatilità, le obbligazioni hanno rendimenti positivi da un anno all'altro, e questo è un notevole cambiamento rispetto allo scorso anno, dal momento che siamo vicini alla fine del ciclo di rialzi della Fed”.

Per la manager “diverse sono le opzioni possibili per gli investitori: ad esempio i buoni del Tesoro a 6 mesi hanno un rendimento di circa il 4,75%, decisamente superiore rispetto agli ultimi anni; oppure, volendo ampliare l’orizzonte temporale e correre meno rischi di reinvestimento qualora i tassi dovessero scendere tra sei mesi, c’è la possibilità di acquistare anche Treasury a 2 anni al 4,1%, Treasury a 10 anni al 3,5% o obbligazioni societarie investment-grade, che rispetto ai Treasury aumenterebbero dell’1,5% circa il rendimento totale, consentendo ritorni più elevati per un periodo più lungo. Ovviamente, non bisogna sottovalutare i rischi: anzitutto il fatto che la Fed possa aumentare i tassi d’interesse più del previsto, erodendo i rendimenti; un secondo rischio potrebbe essere l’allargamento degli spread, che quest’anno sono aumentati di 20 punti base, ma hanno recuperato circa la metà dell’allargamento rispetto ai massimi toccati durante la crisi bancaria di marzo. Qualora si entrasse in una recessione, gli spread aumenterebbero, anche se le aziende dovrebbero comunque essere ben posizionate e non dovrebbero quindi esserci rischi di perdite in conto capitale o di mancato pagamento delle cedole, ma solo una certa volatilità da un mese all’altro”.

“Del resto - rileva l’esperta - riteniamo che, nei prossimi 6-12 mesi, l’avvento di una recessione sia più probabile che non e, se prima della crisi bancaria c’era qualche possibilità che la Fed avrebbe potuto orchestrare un ‘soft landing’, oggi, vista l'instabilità dei mercati, l’atterraggio potrebbe essere un po' più difficoltoso. Le aziende americane, infatti, potrebbero mantenere un atteggiamento prudente e bloccare le assunzioni, rallentando la crescita. Un’eventuale recessione, con un conseguente taglio dei tassi da parte della Fed e un calo dei rendimenti dei Treasury, potrebbe avere un risvolto positivo, portando all’aumento dei prezzi delle obbligazioni, ma potrebbe anche determinare l’allargamento degli spread creditizi. Tuttavia, nel lungo periodo, gli investitori obbligazionari sarebbero probabilmente premiati con rendimenti positivi”.

Per l’analista “occorre comunque considerare che il livello attuale dei tassi, che oggi ci sembra molto elevato, prima del 2008 era ancora più alto ed è chiaro che il regime di tassi a zero a cui abbiamo assistito negli ultimi quindici anni non era davvero sostenibile. Se la Fed riuscisse a riportare l'inflazione entro il target del 2%, questo le consentirebbe di abbassare nuovamente i tassi di interesse, pur essendo improbabile un ritorno ai tassi attorno a zero, come visto negli ultimi anni”, a meno di eventi particolarmente drammatici per l'economia. Nonostante l’attuale incertezza, sembra quindi che i tassi di interesse abbiano raggiunto il loro picco massimo e che i Treasury a 10 anni siano destinati a tornare al 3%, o anche meno, nei prossimi anni”.

“Dal momento che i prezzi delle obbligazioni si muovono inversamente rispetto ai tassi d’interesse, riteniamo che nel 2023 i mercati obbligazionari registreranno probabilmente rendimenti positivi e le società statunitensi saranno ben posizionate, anche se non sono da escludere possibili sorprese lungo il percorso”, conclude Natalie Trevithick.

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