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La grande sfida del debito, non solo per l'Italia

5/4/2023

Secondo il Sovereign Debt Index di Janus Henderson, nel 2022 il debito pubblico globale è balzato a 66.200 miliardi di dollari, con un rialzo del 7,6%, mentre l’aumento dei tassi d'interesse ha comportato un aggravio dei conti pubblici del 20,9%


Nel 2022 il debito pubblico globale è balzato a 66.200 miliardi di dollari, con un rialzo del 7,6% rispetto all'anno precedente e l’aumento dei tassi d'interesse ha comportato un aggravio dei conti pubblici del 20,9%, segnando il tasso d'incremento più rapido dal 1984. È quanto emerge dal report annuale Sovereign Debt Index di Janus Henderson, secondo cui i governi si troveranno di fronte a una dolorosa resa dei conti: il debito record e l'aumento dei tassi di interesse faranno raddoppiare i costi dei prestiti nei prossimi tre anni. Ciò metterà a dura prova i contribuenti e i servizi pubblici, ma offrirà opportunità agli investitori.

 

Il report rileva che nel 2022 e 2023 si sono verificati cambiamenti, anche molto gravi, per le finanze pubbliche di tutto il mondo. Alla fine dello scorso anno, il valore totale del debito pubblico mondiale era balzato del 7,6% a valuta costante, raggiungendo la cifra record di 66.200 miliardi di dollari, il doppio rispetto al 2011. Nel 2022 il governo statunitense ha contratto più debiti di tutti gli altri Paesi messi insieme.

 

I costi sono in forte aumento. Il costo per interessi degli stati è incrementato di quasi un quinto nel 2022 (+20,9% a valuta costante), raggiungendo la cifra record di 1.380 miliardi di dollari. Si tratta dell'aumento più rapido dal 1984 e riflette sia l'aumento dei tassi che l'incremento dei prestiti sovrani. Il tasso di interesse effettivo , che comprende i prestiti più vecchi e meno onerosi, è salito al 2,2% nel 2022, con un aumento di un settimo rispetto all'anno precedente.

 

Il costo del debito continua a crescere con l'emissione di nuove obbligazioni a tassi d'interesse più elevati e il ritiro del debito più vecchio e meno oneroso. Il tasso di interesse effettivo nel 2025 sarà del 3,8%, quasi tre quarti in più rispetto al livello del 2022.

 

Questo si rivelerà molto oneroso per gli stati. Entro il 2025 i governi di tutto il mondo dovranno spendere 2.800 miliardi di dollari in interessi, più del doppio rispetto al 2022. Ciò comporterà un costo aggiuntivo dell'1,2% del PIL, sottraendo risorse ad altre forme di spesa pubblica o richiedendo un aumento delle imposte. Gli Stati Uniti sono particolarmente esposti su questo fronte.

 

 A ciò si aggiungono le perdite nel portafoglio titoli delle banche centrali costituito durante il QE che dovranno essere coperte con i soldi dei contribuenti, mentre prima del 2022 i proventi derivanti da queste obbligazioni pagati dalle banche centrali andavano a finanziare la spesa pubblica. I deficit annuali fanno sì che il debito continuerà a crescere, raggiungendo i 77.200 miliardi di dollari entro il 2025. L'onere del debito globale passerà dall'attuale 78% al 79% del PIL nel 2025.

 

L’Italia resta al secondo posto per il debito in Europa, dopo la Grecia, toccando il 146% del Pil (in calo rispetto al 155% al picco della pandemia). Il debito totale nel 2022 è salito del 4% arrivando a 2.780 miliardi di euro, un aumento inferiore rispetto ad altri Paesi in Europa e nel mondo.  Metà del debito italiano dovrà essere rifinanziato nei prossimi tre anni e, come altri governi europei, l’Italia dovrà anche sostenere la sua quota di perdite della BCE nell’ambito del piano di acquisti del QE” - ha dichiarato Federico Pons, country head per l’Italia di Janus Henderson Investors.

 

Jim Cielinski, global head of fixed income presso Janus Henderson, ha affermato: "Il livello del debito pubblico e il suo costo hanno una grande valenza in termini sociali, in quanto influenzano le decisioni sulla tassazione e sulla spesa pubblica e sollevano questioni di giustizia generazionale. Dopo la crisi finanziaria globale, i governi hanno contratto prestiti con una facilità sorprendente. I tassi di interesse prossimi allo zero e gli enormi programmi di QE delle banche centrali hanno reso possibile un'ingente espansione del debito pubblico, ma gli obbligazionisti chiedono ora rendimenti più elevati per compensare l'inflazione e i rischi crescenti, creando un onere significativo e crescente per i contribuenti. La transizione verso condizioni finanziarie più normali si sta rivelando difficile. Prevediamo che l'economia globale si indebolirà notevolmente nei prossimi mesi e che l'inflazione rallenterà più di quanto ci si aspetti. Il mercato prevede che l'economia mondiale effettui un atterraggio relativamente morbido, con un rallentamento della crescita, ma non una vera e propria contrazione, tranne che in poche economie nazionali”.

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