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Azionario, rendimenti in linea con quelli storici

6/5/2023 | Redazione Advisor

Per gli analisti di Eurizon, “tra le obbligazioni corporate, quelle investment grade presentano un profilo rischio-rendimento interessante”


“La strada stretta del rallentamento dolce”. S’intitola così l’approfondimento del nuovo numero di ‘The Globe’, la pubblicazione mensile di Eurizon sulle view di investimento della società.

Per gli esperti “l’inflazione è tutt’ora la principale variabile di attenzione per lo scenario macro. È evidente che l’aumento dei prezzi abbia cambiato direzione: l’inflazione era 10,6% in Eurozona ad ottobre e oggi è 7,0%; era 9,1% in USA a giugno di un anno fa e ad aprile, ultimo dato disponibile, è 4,9%. Ma il percorso di normalizzazione non può essere considerato completo, perché il livello è ancora ben superiore al 2%, ritenuto ideale dalle Banche Centrali, e perché il calo si deve quasi esclusivamente alla discesa dei prezzi delle materie prime, mentre le componenti core rimangono sotto pressione. Lo scenario più probabile è che la moderazione dei prezzi alla fonte, energia in particolare, vada gradualmente a calmare le altre componenti, mail processo di disinflazione richiede tempo, soprattutto, perché l’attività economica è ancora in espansione e questo permette ai settori, che hanno subito incrementi di prezzo nell’ultimo anno, di continuare a trasferirli a valle. Il principale elemento di rassicurazione viene dal fatto che l’inflazione alla fonte, quella delle materie prime, è spenta da alcuni mesi. Ne sono evidenza un prezzo del petrolio tra 70 e 80 dollari da diversi mesi e un prezzo del gas naturale basso e ancora in discesa”.

Come rilevano gli analisti, “per fortuna, o purtroppo, la crescita economica sta resistendo in modo egregio alla forte restrizione monetaria dell’ultimo anno. Per fortuna perché una recessione non piace a nessuno. Purtroppo perché con una frenata un po’ più decisa dell’attività economica la fiammata inflazionistica sarebbe già archiviata, con tutte le piacevoli conseguenze sulla condotta delle Banche Centrali. È la strada del rallentamento dolce (soft landing), stretta tra l’economia surriscaldata (hot economy) a destra e il rischio recessione (hard landing) a sinistra. I dati degli ultimi mesi suggeriscono però che la strada del soft landing è possibile. Tanto per gli USA quanto per l’Eurozona le stime sulla crescita del 2023 sono state riviste sistematicamente verso l’alto da inizio anno, dal livello zero a cui erano cadute a fine 2022. Un certo grado di incertezza tra soft e hard landing è però destinato a restare per qualche tempo. Dopo le turbolenze bancarie di metà marzo, in USA la restrizione del credito si sta sommando alla restrizione monetaria, mentre in Eurozona la BCE non ha ancora completato la sua manovra. In tali condizioni, il rischio di frenata brusca non viene eliminato dalle previsioni, ma solo spostato in avanti. Fino a quando le Banche Centrali non dichiareranno vinta la lotta all’inflazione”.

“Le attese di politica monetaria - continuano gli economisti - riflettono tale contesto ancora in via di definizione. Le Banche Centrali considerano la lotta all’inflazione a buon punto, ma non completata. Per quanto riguarda gli USA, con tassi sui Fed Funds già sopra il 5%, il consenso è a metà strada tra il prezzare una Fed ferma per il resto dell’anno e un ultimo rialzo di 25 punti base in giugno o luglio. Per il 2024 i future vedono i tassi scendere verso il 3%, una normalizzazione che sarebbe dovuta in caso di inflazione ormai domata. Per la BCE le attese prevedono due rialzi di 25 punti base, poi alcuni mesi di pausa e un 2024, anche in questo caso, all’insegna della normalizzazione. Anche la conformazione delle curve dei tassi obbligazionari risulta allineata a questa interpretazione. I tassi a breve e media scadenza sono ai livelli in cui il mercato monetario sconta la fine della restrizione, area 5% in USA e 4% in Eurozona. I tassi a più lunga scadenza, su livelli inferiori a quelli a breve, prezzano la normalizzazione dei tassi monetari nel 2024, una volta vinta l’inflazione. Nell’ottica dell’investitore, le parti breve e medie delle curve obbligazionarie sono interessanti per incassare, con una volatilità relativamente bassa, tassi a scadenza abbondantemente positivi. Le parti lunghe hanno ampio potenziale di discesa (guadagno in conto capitale) in caso di rallentamento brusco dell’economia”.

“Le attività di rischio - constatano i gestori - combinano valutazioni interessanti ad un contesto macroeconomico ancora incerto, che può riaccendere la volatilità. Tra le obbligazioni corporate, quelle Investment Grade presentano un profilo rischio-rendimento interessante con tassi a scadenza storicamente elevati e spread che già scontano un certo grado di rallentamento economico. A maggior rischio di volatilità, in caso di scenario macro avverso, sarebbero le obbligazioni High Yield. Interessanti, tra le obbligazioni a spread, quelle emesse dalle economie emergenti dove le Banche Centrali hanno alzato i tassi in modo aggressivo, prima di Fed e BCE, e ora hanno spazio per accomodare un’eventuale frenata brusca dell’economia. Per quanto riguarda le azioni, le valutazioni assolute (rapporto prezzo/utili) e quelle relative (premio al rischio rispetto al governativo) appaiono storicamente interessanti e compatibili con rendimenti attesi di medio periodo in linea con quelli medi storici. L’eventuale prolungamento della restrizione monetaria o, all’opposto, una frenata brusca dell’economia potrebbero però riaccendere la volatilità, ultimamente sopita nell’aspettativa che prevarrà lo scenario di soft landing”.

Passando alle valute, il contesto di hot economy, cioè l’uscita rapida e inflazionistica dalla recessione creata dal Covid, è stato favorevole al dollaro, che si è rafforzato sia nel 2021 sia nel 2022. Le motivazioni sono state due: la Fed, tra le Banche dei Paesi sviluppati, è stata quella che ha segnato la strada per i tassi di interesse; in secondo luogo l’incertezza creata dalla fiammata dell’inflazione ha esaltato la funzione di rifugio del dollaro. Appena la hot economy ha mostrato segni di terminare, a fine 2022, il dollaro ha perso forza, anche se ultimamente il calo della valuta statunitense si è arrestato. Nell’ipotesi centrale, quella per cui l’inflazione rientra gradualmente e l’economia rallenta in modo ordinato, la discesa del dollaro dovrebbe riprendere, grazie ad un contesto di minore incertezza”.

“D’altro canto - conclude la view di Eurizon - il dollaro potrebbe risultare più debole anche nello scenario alternativo, quello dell’hard landing, in cui ad un certo punto la Fed potrebbe decidere di tagliare i tassi prima e più rapidamente degli altri, utilizzando anche la valuta debole come sostegno alla propria economia”.

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