La Fed falco si prende una pausa (solo temporanea)
Dopo 10 rialzi consecutivi nell’arco di 15 mesi, la Fed nel meeting di ieri ha deciso all’unanimità di mantenere fermo il costo del denaro nella forchetta tra il 5% e il 5,25%. Come leggere questa decisione? E cosa attendersi dalla banca centrale americana nei prossimi mesi?
“La Fed ha deciso di non effettuare l’11esimo rialzo del costo del denaro, ma niente pivot in vista. Anzi! La pausa nei rialzi è l’unico segnale da colomba dell’ultimo FOMC” avverte Donatella Principe, market and distribution strategy di Fidelity International. “I dots della Fed, infatti, ci anticipano altri due rialzi per quest’anno, in pieno contrasto con un’aspettativa di mercato che ha a lungo scommesso su uno o più tagli. Ma soprattutto i dots istituzionalizzano l’orientamento monetario dell’higher for longer: tassi più alti (il terminal rate passa da 5,1% a 5,6%), più a lungo (anche nel 2025 il costo del denaro sarà superiore al tasso di lungo periodo: 3,4% vs 2,5%)”.
“Nessuna “scusa” dalla crisi bancaria per ammorbidire la politica monetaria aggiunge la Principe – che prevede anzi anche la continua riduzione del bilancio della Fed. Infatti per Powell il settore bancario americano è solido. Il nemico resta sempre l’inflazione, che la Fed ha definito ancora “elevata”: un rischio quello sui prezzi rispetto al quale il Comitato resta vigile. Del resto l’economia si conferma ostinatamente resiliente, al punto di costringere la Fed a più che raddoppiare le previsioni sul PIL di quest’anno”.
“Un hawkish skip era sostanzialmente nelle attese” evidenzia Martina Daga, junior macro economist, AcomeA SGR, che sostanzialmente condivide le aspettative che il ciclo di rialzi non sia ancora terminato. “In occasione dello scorso meeting di politica monetaria la Fed aveva infatti indicato una pausa condizionale, ma i dati forti usciti nelle ultime settimane avevano posto alcuni dubbi a riguardo, portando il mercato a prezzare un aumento di 25 punti base al meeting di luglio, quindi non una pausa a giugno ma uno skip. Durante la conferenza stampa è stato sottolineato come i membri del FOMC abbiano espresso la necessità di prendere tempo per vedere altri dati e meglio valutare l’effetto dei 500 punti base cumulati di rialzi dell’ultimo anno, considerando il lag temporale con cui avrà effetto sull’economia reale, servirà infatti tempo perché l’effetto dei rialzi mostri i suoi segni sull’economia. Questo richiede di non alzare ulteriormente i tassi a questo meeting, ma si tratta di una singola decisione che non implica una pausa anche nei prossimi mesi”.
“Il presidente Powell ha chiarito che il comitato non è soddisfatto e che le condizioni non siano abbastanza restrittive da riportare l'inflazione all'obiettivo” commenta Eric Winograd, senior vp e US economist di AllianceBernstein. “Con il mercato del lavoro ancora forte, il settore bancario stabilizzato e la crescita che regge meglio del previsto, la Fed ha motivo e margine per aumentare ulteriormente i tassi. Detto questo, i segnali di progresso sull'inflazione e sul riequilibrio del mercato del lavoro sono sufficienti a far ritenere alla Fed che sia opportuno procedere più lentamente. Ciò consente di valutare le informazioni in arrivo nell'arco di più mesi tra una riunione e l'altra della Fed, anziché considerare un solo periodo intermedio. Ritengo che sia una cosa molto sensata da fare, considerando l'entità dell'inasprimento già in atto nel sistema e la stabilità delle aspettative di inflazione”.
Winograd si aspetta che fino a quando il mercato del lavoro non si indebolirà, la Fed procederà con rialzi ogni due riunioni. “Ma – aggiunge – saranno i dati a dettare il percorso: se il mercato del lavoro dovesse accelerare e/o l'inflazione si muovesse nella direzione sbagliata, si potrebbe tornare a rialzi ad ogni riunione, mentre un indebolimento del mercato del lavoro porterebbe la Fed a smettere del tutto. Detto ciò, mi aspetto che il mercato del lavoro si indebolisca con il rallentamento dell'economia nel corso dell'anno e ritengo quindi che il rialzo dei tassi di luglio sarà l'ultimo. Se mi sbaglio, gli aumenti continueranno. Ciò che sembra certo – conclude – è che non ci saranno tagli: ci vorrebbe un vero e proprio atterraggio duro perché ciò accada”.