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Cina: cosa sta succedendo

8/21/2023

C’è un nuovo rischio “Lehman Brothers” all’orizzonte? Ecco come si muove il governo e perché gli indici europei invece stanno salendo.


Agosto è un mese in cui “succede” sempre qualcosa. E, complici il clima estivo e vacanziero e i volumi ridotti delle contrattazioni sui mercati finanziari, la volatilità torna a crescere. Quest’anno la crisi è partita dalla Cina, ma è sottotraccia da oltre un anno. Lo “sboom” del settore immobiliare sta avendo importanti ripercussioni sui principali developer del Paese (Country Garden e la Evergrande già balzata oltre un anno fa agli onori della cronaca) oltre che le società finanziarie (su tutte: Zhongrong International Trust).

Il problema è che questo comparto vale tra il 25 e il 30% del Pil di Pechino. “Una grandezza paragonabile solo a quella registrata in Spagna e Irlanda prima dello scoppio delle rispettive bolle immobiliari” hanno fatto rilevare gli esperti dell’ISPI in uno studio di un paio di anni fa.

E che il comparto high yield cinese del real estate sia in crisi da tempo lo si nota da questo grafico.

 

 

E proprio pensando a Lehman Brothers, dal Wall Street Journal lanciano un allarme, temendo uno choc dell’intera economia cinese. Il Paese rimane pur sempre il motore dell’economia mondiale e una sua crisi potrebbe avere ripercussioni enormi, alla luce delle connessioni con quasi tutto il mondo.

Nel frattempo la PBoC, la banca entrale cinese, ha limato nuovamente il costo del denaro, ma la misura è stata salutata con un nuovo calo degli indici azionari asiatici (con gli operatori che si attendevano misure più incisive).

“Il boom della Cina è finito: il modello economico che la ha sollevata dalla povertà e la ha portato a essere un gigante è ormai rotto” tagliano corto dal Wall Street Journal, riportato da Ansa.

 

“La Cina si trova ad affrontare il protrarsi di una riallocazione delle risorse, che si ripercuoterà sulla domanda globale” spiegano dall’ Economic Team di Payden & Rygel.

“La quota di investimenti immobiliari in Cina ha raggiunto l'8% del PIL nel 2013 e da allora si aggira intorno a questa cifra, mentre negli Stati Uniti gli investimenti residenziali hanno raggiunto il 6,7% del PIL nel 2006, prima di crollare al 2,4% nel 2010. Qual è l’impatto a livello globale di una crisi dell’economia cinese?

Analizzando i dati recenti, per esempio, emerge come l’impatto della riduzione dei prezzi dei beni importati dalla Cina sull’inflazione sottostante negli Usa sia stato minimo. In primo luogo perché le importazioni di beni rappresentano una piccola fetta della spesa complessiva dei consumatori statunitensi (16,6%) e le importazioni cinesi rappresentano una parte ancora più piccola della spesa (2,2%). In secondo luogo, fattori interni come l'inflazione del settore terziario - dove la rigidità del mercato del lavoro ha determinato un aumento dei costi dei fattori di produzione - spesso annullano le pressioni esterne sui prezzi”.

 

 

“La Cina sta annegando nel debito ed è a corto di cose da costruire e i segnali di difficoltà si avvertono anche nelle province più remote” continuano sul WSJ.

“Senza aggressivi stimoli da parte di Pechino e sforzi per sostenere il settore privato, alcuni economisti temono che il prolungato rallentamento possa trasformarsi in una stagnazione simile a quella sperimentata dal Giappone dagli anni 1990, quando lo scoppio della bolla immobiliare causò anni deflazione e crescita limitata”.

“Come ogni sboom immobiliare, le ricadute sono perniciose ma in Cina anche più ramificate del solito” commenta Mario Seminerio, in un suo articolo per Il Foglio.

“Province e municipalità, che hanno costruito bilanci non sui tributi locali ma sull’equivalente dei nostri oneri di urbanizzazione, cedendo in affitto di lunghissimo termine terreni agli sviluppatori, devono essere salvati dal governo centrale, con ristrutturazione di debito e nuove iniezioni di fondi freschi.

La crisi dell’immobiliare sta contagiando i risparmi privati: il collasso della vendita di nuovi immobili ha vaporizzato la liquidità dei costruttori e minaccia di causare default a prodotti di risparmio costruiti su tali flussi di cassa, collocati dall’imponente sistema bancario ombra cinese”.

 

Senza contare che i deboli dati macroeconomici degli ultimi mesi rendono difficile il conseguimento di quel target di crescita del 5% fissato da Pechino. Gli economisti di Citigroup hanno già limato le proprie previsioni al 4,7% e quelli di Ubs al 4,2 per cento.

“La decelerazione sequenziale si è estesa al terzo trimestre del 2023, richiedendo sforzi congiunti e interventi più rapidi” commenta Carlos Casanova, Senior Economist, Asia di UBP.

“Sebbene alcuni indicatori stiano iniziando a muoversi, agosto sarà un altro mese debole. Ciò eserciterà una pressione sulle previsioni del PIL per il terzo trimestre. Riteniamo che l’obiettivo di crescita del 5% per il 2023 rimanga a portata di mano, ma il peso si sposterà ora al 2024, poiché le autorità devono garantire che l'economia possa crescere in un intervallo ragionevole. Le autorità non devono perdere di vista l'obiettivo comune di prosperità, che punta a far diventare la Cina un Paese "mediamente sviluppato" entro il 2035”.

 

Le reazioni in Europa. Dopo i cali di venerdì, l’apertura di settimana è progressivamente migliorata per i listini europei. Rimane alta l’attenzione sulla Cina, ma le “buone notizie” sono venute da un calo dei prezzi alla produzione tedeschi oltre le attese - segnale di calo dell’inflazione - e da un trimestre atteso di stagnazione dalla Bundesbank per l’economia di Berlino. Insomma: calo tendenziale dell’inflazione ed economia ferma possono significare un deciso ammorbidimento della BCE….

Le attese degli operatori però ora si concentrano sul consueto Forum annuale di Jackson Hole, che quest’anno si terrà dal 24 al 26 agosto. Le parole dei banchieri centrali saranno vagliate attentamente e su quello si costruiranno le strategie per gli ultimi mesi dell’anno.

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