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Bond emergenti, in cerca di occasioni

1/3/2024

Le banche centrali di questi Paesi sono già pronte a invertire la rotta e iniziare un ciclo di ribassi. Ma le occasioni non mancano. E poi ci sono i mercati di frontiera.


“Le condizioni per i mercati obbligazionari emergenti rimarranno poco favorevoli nella prima metà del 2024, con un dollaro ancora ben supportato dalla Fed e dalla prosecuzione dell’eccezionalismo americano. Nel secondo semestre, l’approssimarsi del pivot della banca centrale americana dovrebbe contribuire a disegnare uno scenario più favorevole per l’asset class”. A delineare lo scenario per il comparto obbligazionario dei Paesi emergenti è il team di Research & Advisory di Anima SGR, guidato da Fabio Fois.

“Molte delle principali banche centrali (Brasile, Corea, Messico, Filippine, Indonesia) hanno iniziato il ciclo di rialzi con un paio di trimestri di anticipo rispetto alla Fed, o l’hanno rapidamente seguita per difendere le rispettive valute dallo strapotere del dollaro. Stante il sensibile rallentamento dell’inflazione già registrato nel mondo emergente, un eventuale indebolimento del dollaro consentirebbe a molte banche centrali di invertire la rotta già l’anno prossimo, e avviare un rapido ciclo di tagli. Si tratterebbe di uno sviluppo costruttivo per il comparto, che ha però maggiori probabilità di verificarsi nella seconda metà dell’anno”.

 

Cina e India rimangono, oltre che i due pesi massimi del continente asiatico (e più in generale dei mercati emergenti), anche tra i principali emittenti.

“In Cina, le condizioni non ottimali in cui verserà l’economia nel 2024, il livello quasi deflazionistico dei prezzi e la persistente debolezza dello yuan (sopra 7,0 contro il dollaro per gran parte del 2023) rendono probabile che la banca centrale lasci inalterato l’attuale contesto di tassi relativamente bassi, senza però ridurli ulteriormente in misura significativa per non mettere a rischio la tenuta del cambio - riassumono da Anima Research - In questo contesto, con margini limitati di ulteriori ribassi dei tassi, la view sull’obbligazionario cinese per il 2024 non è particolarmente costruttiva”.

“Le obbligazioni indiane prendono posto tra i big del mondo - interviene Kenneth Akintewe, Head of Asian Sovereign Debt di abrdn - J.P. Morgan ha infatti dichiarato che includerà 23 titoli di Stato indiani, per un valore complessivo di circa 330 miliardi di dollari, nel suo indice di riferimento dei mercati emergenti a partire dal 28 giugno 2024. L'India avrà un peso massimo del 10% all'interno dell'indice”.

“In generale, ci aspettiamo che gli investitori anticipino la curva e inizino ad allocare in questa asset class prima della data ufficiale di inclusione, a metà del 2024 – aggiunge - Ci sono circa 150 fondi in valuta locale dei mercati emergenti nella categoria Morningstar. Prevediamo una corsa per completare l'impegnativo processo di registrazione”.

D’altronde i numeri delle performance parlano da soli. “Negli ultimi 10 anni - sottolinea l’esperto di abrdn - l'indice iBoxx India in valuta locale ha generato un rendimento dell'86% in dollari, secondo i dati disponibili alla fine di agosto 2023. Si tratta di un dato superiore a quello dei mercati azionari emergenti e asiatici. Supera inoltre il mercato obbligazionario aggregato globale, nonché il debito dei mercati emergenti in generale”.

“Nel frattempo, la Reserve Bank of India ha costruito un enorme forziere di riserve valutarie, pari a circa 600 miliardi di dollari, tra le maggiori al mondo. Queste riserve sono utilizzate per gestire la volatilità della rupia, vicina al 3,4%, il minimo degli ultimi 18 anni. Si tratta del dato più basso in Asia, molto inferiore a quello del G10 e alla volatilità dei mercati emergenti”.

 

In tale contesto quali sono le implicazioni per gli investimenti? “Riteniamo che, in India, il rafforzamento dell'economia e le riforme in corso continueranno a sostenere i fondamentali del credito” afferma Akintewe. “La crescente fiducia nella capacità del paese di gestire i principali fattori di rischio crea inoltre un ambiente ricettivo per gli investitori stranieri. La decisione di J.P. Morgan di includere l'India nel suo indice di riferimento trainerà ulteriormente gli afflussi di capitale”.

A vedere valore nell’obbligazionario emergente in valuta forte è Bruno Rovelli, Chief Investment Strategist di BlackRock Italia, che sovrappesa il comparto nell’asset allocation. “A ottimi rendimenti si abbina il cuscinetto costituito dalla valuta, non influenzata da eventuali tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali di questi Paesi” spiega.

“Ci piace il debito locale dei mercati emergenti, dove i rendimenti sono ancora a due cifre ma l'inflazione è già vicina all'obiettivo e le politiche fiscali non sono state esuberanti” interviene Kaspar Hense, Senior Portfolio Manager di RBC BlueBay Asset Management. “Non ci piace invece il debito in valuta forte dei mercati emergenti perché le valutazioni complessive non sono molto interessanti. Ci piace però la Romania, che ha un basso debito pubblico, per fare un esempio del nostro stick picking in questo momento”.

 

Accanto ai mercati emergenti non si possono poi trascurare quelli di frontiera. Sicuramente più rischiosi e volatili, e di conseguenza con la necessità di offrire rendimenti più elevati.

“I mercati di frontiera vengono associati a paesi ad alto rischio, tuttavia anche in molti dei mercati emergenti mainstream i rischi politici ed economici sono elevati. Inoltre gli investimenti nei mercati di frontiera compensano questi rischi offrendo rendimenti più interessanti”.

A delineare l’outlook per questi Paesi è Kevin Daly, Investment Director, Emerging Markets Debt di abrdn.

“Questo non significa sottovalutare i pericoli. È probabile che nei prossimi anni assisteremo a ulteriori eventi creditizi a causa delle ricadute della pandemia, della guerra Russia-Ucraina e dei tassi d'interesse più elevati più a lungo. A partire dal 2020, abbiamo assistito a default governativi in Zambia, Belize, Suriname, Sri Lanka e Ghana, ma ci sono stati default anche in paesi non di frontiera, come l'Ecuador, l'Argentina e il Libano. L'eventualità di ulteriori eventi creditizi non dovrebbe però scoraggiare gli investimenti nei mercati di frontiera o emergenti. Dopotutto, le insolvenze sono parte integrante da sempre del mercato obbligazionario high yield degli Stati Uniti, ma ciò non ha scoraggiato gli investitori ad allocare in questa asset class”.

“Sebbene riteniamo che la strada da percorrere possa essere accidentata per alcuni Paesi, ad esempio Kenya e Nigeria, ve ne sono altri con un track record più solido e migliori punti di partenza” interviene Giancarlo Perasso, Lead Economist di PGIM Fixed Income. “Continuiamo a privilegiare i Paesi con eccedenze commerciali, come l'Angola e la Costa d'Avorio. Ad esempio, i rischi che abbiamo identificato in un Paese come il Kenya si sono già materializzati in Ghana. Siamo in attesa di maggiore chiarezza sulla sua ristrutturazione, ma il Ghana rappresenta un'opportunità per gli investitori nei prossimi anni. Con un'economia diversificata e la stabilità politica, il Ghana dovrebbe essere una destinazione per gli investimenti diretti esteri. Siamo consapevoli che questi Paesi a basso rating sono suscettibili al rischio di eventi e di imprevisti, per cui preferiamo obbligazioni di durata più breve, dove i rischi di rimborso sono più quantificabili, e selezioniamo le opportunità di distressed dove i premi per il rischio sono asimmetricamente positivi”.

 

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