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Un quinto della ricchezza in fondi comuni

1/8/2024 | Marcella Persola

E' questa una delle evidenze sui portafogli delle famiglie più ricche che emerge dallo studio di Banca d'Italia


Portafogli maggiormente diversificati per le famiglie italiane con una fascia di ricchezza media. E’ questa una delle evidenze che emerge dal nuovo studio condotto da Banca d’Italia sui conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie rilasciato oggi.

 

Lo studio mostra come il 5% delle famiglie italiane più ricche possieda circa il 46% della ricchezza netta totale e che la i principali indici di disuguaglianza sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2017 e il 2022, dopo essere aumentati tra il 2010 e il 2016.

Se guardiamo alla composizione del portafoglio alla fine del 2022 suddivisa per tre gruppi (la classe al di sotto della mediana, ossia il 50 per cento più povero; la classe “centrale” o “intermedia”, che corrisponde alle famiglie la cui ricchezza netta è compresa tra il 50° e il 90° percentile; il dieci per cento più ricco) si nota che: le abitazioni raggiungono i tre quarti della ricchezza per le famiglie sotto la mediana, si attestano poco sotto il 70% per quelle della classe centrale mentre scendono a poco più di un terzo per quelle appartenenti alla classe più ricca.

Per le famiglie più povere, i depositi sono l’unica componente rilevante di ricchezza finanziaria (17%). Maggiormente diversificato è invece il portafoglio delle famiglie più ricche, per le quali quasi un terzo della ricchezza è rappresentato da capitale di rischio legato alla produzione (azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione) e un quinto da fondi comuni di investimento e polizze assicurative.

Tale composizione naturalmente non è sempre stata uguale ed ha subito significative variazioni fra il 2010 e il 202. In particolare nel periodo caratterizzato da una generale flessione dei prezzi degli immobili, il peso delle abitazioni è sceso dal 55,8 al 50,2% a livello aggregato; tuttavia, per le famiglie più povere è cresciuto di quattro punti percentuali. La riduzione del peso dei titoli di debito è stata particolarmente accentuata per il decimo più ricco, con un calo di oltre sette punti percentuali, a fronte di un rilevante aumento del peso di azioni, assicurazioni ramo vita e quote di fondi comuni. L’aumento del peso dei depositi ha accomunato tutte le classi di ricchezza considerate, ma in maniera più forte quella centrale.

 

Nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuta dalla classe centrale; nel 2022 tale percentuale era scesa al 45%, soprattutto a vantaggio del decimo più ricco; la quota di abitazioni posseduta dalle famiglie sotto la mediana è rimasta stabile nel tempo attorno al 14%.

Sul fronte dei depositi invece sono aumentati di circa il 40% tra il 2010 e il 2022, soprattutto per le famiglie appartenenti al decimo più ricco, la cui quota è salita di sei punti percentuali, raggiungendo la metà del totale. Si è invece ridotta in maniera sensibile la quota di depositi detenuta dalle famiglie sotto la mediana. Le attività non finanziarie non residenziali, che riguardano investimenti in società di persone di piccole dimensioni, alla fine del 2022 erano possedute per circa due terzi dal decimo più ricco, mentre le famiglie della classe intermedia ne detenevano il 28%. Dal 2010 si sono osservate una riduzione della quota posseduta dalle famiglie più ricche di circa 7 punti percentuali e un rilevante aumento per la classe centrale. In tutto il periodo analizzato, le azioni e altre partecipazioni detenute della classe più ricca rappresentano oltre il 95% del totale, con un massimo di quasi il 98% attorno al 2016. Sul fronte delle passività, invece, le famiglie sotto la mediana pesavano nel 2022 per quasi un terzo del totale, all’incirca quanto quelle della classe centrale.

 

Andando a osservare invece il valore della ricchezza si può constatare che tra il 2010 e il 2016 il valore mediano della ricchezza netta è sceso da quasi 200.000 euro a poco più di 150.000; il calo del valore medio è stato molto più contenuto. Nello stesso periodo l’indice di Gini, una misura sintetica del grado di disuguaglianza della distribuzione, è aumentato da 0,67 a 0,71, e la quota di ricchezza netta posseduta dal cinque per cento più ricco delle famiglie è passata dal 40 al 48 per cento.

Nel confronto internazionale infine lo studio evidenzia come il rilevante calo della ricchezza netta mediana negli anni successivi alla crisi dei debiti sovrani e il suo mancato recupero nel periodo successivo rappresentano una peculiarità tutta italiana. Anche in Spagna si è verificata una diminuzione fino all’inizio del 2013, ma in seguito il valore mediano è cresciuto rapidamente, superando quello dell’Italia. In Francia nel periodo di analisi la ricchezza mediana ha superato ampiamente quella dell’Italia, mentre in Germania la sua crescita ha ridotto da circa 140.000 a 50.000 euro il divario rispetto ai più elevati livelli osservati in Italia. Complessivamente nell'area dell'euro la ricchezza netta mediana ha raggiunto un minimo di circa 100.000 euro nel 2013 per poi salire gradualmente fino a superare i 140.000 euro nel 2022.

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