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Risparmio gestito italiano sempre più esterovestito

8/11/2015

Secondo la classifica internazionale redatta dalle associazioni di categoria ICI ed EFAMA, se si escludono i fondi domiciliati in Lussemburgo e Irlanda, l’Italia mantiene la 14° posizione. Ma se si guarda la presenza dei gestori nostrani nel Granducato.


L'industria del risparmio gestito italiano è sempre meno italiana. Almeno se si guarda la domiciliazione dei fondi comuni aperti. L'ultimo report diffuso da Assogestioni, ed aggiornato a fine giugno 2015, rivela un patrimonio complessivo gestito in fondi aperti di oltre 780 miliardi di euro. Di questi il 70,7%, ovvero 551 miliardi, sono investiti in fondi di diritto estero (promossi anche da sgr italiane, i cosiddetti strumenti roundtrip), mentre la quota di asset gestiti da strumenti di diritto italiano non va oltre il 29,3%, pari a 228 miliardi di euro. 

 

Un dato, quest'ultimo, che posiziona l'industria dei fondi di diritto italiano in quattordicesima posizione a livello mondiale. Secondo l'"Indagine sui Fondi e Sicav Italiani (1984-2014)", condotta dall'Ufficio Studi Mediobanca, a fine 2014 l'industria mondiale dei fondi contava un patrimonio gestito pari a 25.847 miliardi di euro, un importo che superava del 18,6% i 21.790 miliardi del 2013 e del 45,6% i 17.752 miliardi dell’anno pre-crisi 2007.

 

Ma, secondo la classifica internazionale redatta dalle associazioni di categoria statunitense (ICI - Investment Company Institute) ed europea (EFAMA - European Fund and Asset Management Association) su dati che le associazioni nazionali hanno fornito sui rispettivi fondi comuni armonizzati (OICVM), "gli Stati Uniti mantengono saldamente il primo posto con una frazione di attivo gestito mondiale in ulteriore crescita rispetto al 2013 (50,5% contro 50%, anche in forza dell’incremento di un quinto circa delle masse in gestione)" si legge nel report diffuso da Mediobanca che indica l’Australia in seconda piazza, nonostante la minor porzione di attivo gestito (5,1% a fronte del 5,4% dell’anno precedente), seguita ancora dalla Francia (4,4%) e dal Regno Unito (3,8%).

 

In questa particolare classifica, se si escludono i fondi domiciliati in Lussemburgo e Irlanda, l’Italia mantiene la quattordicesima posizione come nel 2013: viene dopo Stati Uniti, Australia, Francia, Regno Unito, Brasile, Canada, Giappone, Cina, Svizzera, Germania, Corea, Svezia e Spagna – il primo paese a seguire, il Sudafrica, gestisce masse di circa il 40% inferiori.

 

"Nel 2004 (anno nel quale, secondo le statistiche EFAMA, il valore del patrimonio gestito dai fondi armonizzati italiani toccò il massimo storico di 376 miliardi di euro) la nostra industria era al 4° posto, alle spalle solo di USA, Francia e Australia" specificano nel report gli esperti dell'Ufficio Studi Mediobanca. "Nel 2005 la retrocessione in ottava piazza, con sorpasso di Regno Unito, Canada, Giappone e Hong Kong (uscita dalla graduatoria nel 2008); nel 2007 è la volta del Brasile, con l’aggiunta della Cina (le cui rilevazioni sono per la prima volta disponibili), nel 2009 della Germania e nel 2010 di Corea e Svizzera, nel 2011 della Spagna e nel 2012 della Svezia".

 

Una situazione che, ovviamente, cambia se si guarda a Lussemburgo e Irlanda che ospitano essenzialmente fondi esterovestiti (rispettivamente, 2.643 miliardi e 1.274 miliardi). E tra questi spiccano anche i fondi dei gestori italiani: i cosiddetti roundtrip alla fine del 2014 costituivano il 57% del patrimonio dei fondi aperti seguiti da gestori italiani (erano il 38% appena 7 anni prima); per il 90% circa erano di diritto lussemburghese.

 

"I dati pubblicati dalla CSSF - Commission de Surveillance du Secteur Financier (Lussemburgo) segnalano che a fine 2014 i gestori di tutto il mondo avevano domiciliato nel Granducato fondi il cui patrimonio aggregato totalizzava 3.095 miliardi di euro, il 18,4% in più della consistenza del 2013 e il 50% in più di fine 2007" si legge nel report diffuso da Mediobanca; "le provenienze più importanti erano, nell’ordine, gli Stati Uniti (22,4%), il Regno Unito (16,3%; nel 2003 era appena al 6,5%) che ha sopravanzato la Germania (14,8%) e la Svizzera (13,9%; nel 2005 era prima con il 19,5%); gli italiani conservano stabilmente il quinto posto, in virtù dei 256 miliardi di euro gestiti (8,3% del totale), seguiti dalla Francia (7,4%). Si ricorda che nel 2004 la quota appannaggio dell’Italia aveva toccato il massimo storico (11,9% per 132 miliardi di euro, in quarta piazza davanti al Regno Unito con appena il 7,5%)".

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