Fee & Fondi, l'Italia "ignora" la MiFID II

Secondo una ricerca di Morningstar il mercato nostrano è quello che non ha registrato particolari cambiamenti nelle commissioni tra il 2017 e il 2019. È il paese che ha segnato in due anni il minor....
18/09/2019 | Francesco D'Arco

Nuova regolamentazione, maggiore consapevolezza degli investitori, diffusione dei servizi di consulenza fee only, maggiore concorrenza e una più ampia disintermediazione. Sono questi i grandi fattori che hanno spinto l’industria dell’asset management internazionale, tra il 2017 e il 2019, a ridurre le commissioni dei fondi comuni di investimento. Ma non tutti i paesi hanno intrapreso questa strada. Ad affermarlo la nuova edizione dello studio di Morningstar “Global Investor Experience Study: Fees and Expenses” che ha analizzato l’andamento delle fee dei fondi comuni di investimento distribuiti in 26 mercati differenti. Tra questi c’è anche quello italiano che, però, risulta quello che ha registrato il calo “inferiore”. 

 

Rispetto agli altri mercati l’Italia non ha, secondo le analisi degli esperti di Morningstar, ridotto in maniera significativa le fees dei fondi che continuano ad essere soggetti a commissioni di entrata e di retrocessione importanti. Una peculiarità che mette il nostro paese all’ultimo posto di questa particolare graduatoria in compagnia di Taiwan. Morningstar non nasconde nella sua analisi un’altra peculiarità del mercato nostrano: la tendenza a negoziare le commissioni con il proprio consulente finanziario. Ma è anche vero, sottolineano ancora gli esperti di Morningstar, che l’Italia è ancora un paese dove raramente gli investitori pagano commissioni di consulenza finanziaria inferiori alle vecchie retrocessioni. Insomma la rivoluzione della “MiFID II” è ancora molto lontana. 

 

Si assiste, invece, ad una vera e propria riduzione del livello medio delle commissioni richieste agli investitori in paesi come l’Australia, l’Olanda, gli Stati Uniti. Seguiti da mercati come quello della Svezia, Svizzera e Regno Unito.

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