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Paesi buoni e cattivi. Ecco le pagelle del nuovo guru di Wall Street

10/21/2016 | Massimo Morici

AdvisorOnline.it ha seguito la presentazione a Milano dell'ultimo libro di Ruchir Sharma, esperto di mercati emergenti di Morgan Stanley IM, considerato una delle personalità di spicco della finanza globale


Cartellino giallo per l'Italia, che finisce nella terra di mezzo, una sorta di purgatorio per quei paesi che devono ancora compiere le riforme strutturali e tornare a crescere, con la consapevolezza che i ritmi del passato non saranno più raggiungibili. A dare le pagelle della crescita è Ruchir Sharma (nella foto), head of emerging markets e chief global strategist di Morgan Stanley Invetment Management, il super esperto del gestore patrimoniale della banca d'affari newyorkese che la rivista Barron's ha definito il "new global thinker" di Wall Street.

 

È insomma il nuovo guru della finanza a stelle e strisce: l'economista indiano, figlio di un militare,  è anche consulente di molti governi ed è l'unico esponente del mondo dei fondi di investimento tra le 50 persone più influenti al mondo, almeno secondo Bloomberg Markets. Ieri ha presentato a Milano davanti a una folta platea di consulenti finanziari e investitori professionali il suo ultimo libro, The Rise and the Fall of Nations, frutto delle ricerche degli ultimi anni. "Un libro che ci permette di distinguere i segnali di fondo dal rumore e di tornare a riflettere sui fondamentali" ha detto introducendo i lavori Domenico Siniscalco, numero uno di Morgan Stanley in Italia ed ex presidentissimo di Assogestioni. A partire da quel maledetto 2008, lo spartiacque tra l'età dell'oro della globalizzazione e l'era della grande crisi segnata dal ritorno dei populismi al di qua e al di là dell'Oceano.

 

Bene, Sharma ha trovato la formula del successo per l'economia di un paese nell'era del pessimismo, in cui "l'economia mondiale sta lottando per superare le frizioni create dalle quattro D": deglobalizzazione, perché oggi il commercio internazionale cresce più lentamente del Pil globale; depopolamento, considerando il brusco rallentamento della crescita della popolazione in età lavorativa (solo all'1% all'anno, la metà di quanto registrato in precedenza); disindebitamento, anche se solo una parte del mondo sviluppato ha cominciato a romborsare il debito;  e de-democratizzazione, perché negli ultimi dieci anni su 110 paesi, oltre la metà ha ceduto parte delle proprie libertà e sta cercando di super-alimentare la propria economia.

 

Lo scenario globale dipinto è comunque meno pessimista di quanto si pensi, anche perchè "ogni nazione deve ridimensionare le proprie ambizioni, persino le economie più povere che sono quelle che in genere crescono di più". "Se guardiamo alla prossima decade, la forte crescita della Cina va rivista da 7 a 5%, nei paesi sviluppati dal 3% annuo a 1,5%" ha sottolineato. In questo scenario, chi vincerà e chi perderà nel mondo post crisi? Sharma utilizza 10 regole per individuare i principali driver del cambiamento. Tra questi, ne ricordiamo alcuni più tradizionali come la capacità di supportare le riforme, di ridurre le diseguaglianze, di sostenere le imprese, soprattutto quelle manifatturiere (la chiave per sostenere la crescita mei prossimi anni), di controllare il livello del debito e l'inflazione. E altri più originali: la capacità di attrarre e trattenere i talenti o la questione geografica, ad esempio.

 

Per l'esperto saranno svantaggiati i paesi con una capitale in cui è concentrata la maggior parte della popolazione e della ricchezza (c'è una regola: la prima città non dovrebbe essere più grande di tre volte la seconda): il caso di Londra nel dopo Brexit è esemplare. Cosa dicano i media di un paese, poi, conta, ma fino a un certo punto: curiosamente Sharma ha registrato performance negative in tutti quei paesi di cui i grandi giornali hanno parlato bene in passato. L'ha chiamata "la maledizione della copertina del Time". Morale della favola, il nuovo guru di Wall Street ha promosso Usa, Messico, Argentina e Germania e bocciato Francia (il nuovo malato d'Europa), Cina, Russia, Australia, Turchia e Sud Africa.

 

E l'Italia? Tra i mediocri, con Regno Unito, Spagna, India e Brasile: l'economista ha ricordato che livelli estremi di indebitamento portano sempre a rallentamenti, che la spesa pubblica nel nostro paese è troppo elevata e che l'Italia deve trovare più lavoratori. Tra i punti a favore, invece, ha individuato l'industria manifatturiera, un livello di diseguaglianza contenuto (il patrimonio dei Paperoni pesa ancora meno del 10% del Pil e per la gran parte non deriva da settori a elevato rischio di corruzione) e la capacità di sfruttare la propria posizione geografica. Sharma ha ammesso, infine, che "una valuta più debole potrebbe aiutare" e ha detto di non vedere per ora uno scenario di rottura dell'Eurozona.

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