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Corporate bond: perché gli USA sono ancora interessanti

5/18/2017

Gli investitori non dovrebbero prendere decisioni su eventi imprevedibili, come la fine di un ciclo creditizio. Jeremy Cunningham di Capital Group spiega perché


Gli investitori non dovrebbero prendere decisioni riguardo ai mercati del credito USA in base a congetture su eventi imprevedibili, come la fine di un ciclo creditizio. Il suggerimento è di Jeremy Cunningham, investment specialist di Capital Group. Per il gestore è meglio prediligere un processo bottom-up incentrato sui fondamentali, da integrare con view di carattere più generale, “in modo da generare costantemente valore dall’asset class e costruire un portafoglio diversificato che abbia la capacità di produrre buoni rendimenti in congiunture diverse”.

In che modo? “Quando le prospettive sono incerte, è più ragionevole concentrarsi sui singoli titoli in portafoglio e valutare se dispongono o meno della solidità necessaria per superare le incertezze di breve termine” prosegue Cunnigham. In altre parole, invece di puntare l’attenzione sulle tempistiche del ciclo, notoriamente difficili da prevedere, gli investitori dovrebbero utilizzare un approccio capace di generare extra rendimenti in qualsiasi congiuntura di mercato oppure, come nel caso presente, in qualsiasi fase del ciclo creditizio. “In questo contesto ci sono diversi elementi che un investitore europeo dovrebbe valutare nel muoversi in questo mercato, in particolare: l’opportunità di rendimento offerta e la natura ampia, matura ed eterogenea del mercato USA. In primo luogo, le obbligazioni corporate statunitensi presentano uno spread rispetto ai titoli monetari e ai titoli di Stato che garantisce un reddito maggiore, mantenendo un profilo di rischio qualitativamente buono. Offrono inoltre rendimenti maggiori rispetto al debito equivalente emesso in Europa, dove la politica monetaria accomodante della Bce ha prodotto una fase prolungata di bassi rendimenti” prosegue il gestore.

A ciò, secondo Cunningham bisogna aggiungere l’apporto derivante dall’attività di M&A, che ha generato opportunità a livello di valutazioni. “Nel 2016 l’attività di M&A è rimasta su livelli molto elevati, anche se inferiori a quelli record del 2015, e i tassi d’interesse ridotti hanno incrementato l’attrattiva del ricorso al debito per scopi di finanziamento. Ad esempio, di recente abbiamo aumentato l’esposizione al settore farmaceutico, a quello dei generi alimentari e bevande e del tabacco. In tale contesto di re-leveraging, gli emittenti con rating più alto interessati alle acquisizioni possono comportare un rischio maggiore rispetto agli emittenti con rating più basso che hanno già attraversato un evento di leveraging. Malgrado numerosi investitori abbiano preferito evitare la fascia di rating inferiore, noi l’abbiamo ritenuta un’opportunità per cogliere valore nei casi in cui avevamo solidi elementi per ritenere che il management della società si stesse adoperando per ridurre l’indebitamento” conclude.

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