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Perché l’Italia mette a rischio l’Eurozona

6/7/2017

Crescita debole, forte indebitamento, alta disoccupazione e bassa competitività hanno creato una miscela pericolosa. L'analisi di Yves Longchamps di Ethenea


“L’Italia costituisce un rischio per il futuro dell’Eurozona e deve essere monitorata attentamente. Crescita debole, forte indebitamento, alto tasso di disoccupazione e bassa competitività creano infatti una miscela pericolosa”. È questa l’analisi di Yves Longchamp (nella foto), head of research di ETHENEA Independent Investors. “Anche volendo prescindere dal suo sistema bancario, le dimensioni dell’economia italiana sono tali da mettere a rischio l’esistenza stessa dell’Eurozona” continua Yves Longchamp.

“Con Germania, Francia e Spagna, l’Italia fa parte dei cosiddetti Big Four, che da soli rappresentano quasi il 75% del PIL dell’unione monetaria, rispettivamente all’incirca il 30%, il 20%, il 10% e il 15%, e l’Italia è la più vulnerabile: il Pil ha recuperato ben poco terreno dopo le due crisi, mentre il rapporto debito/Pil rimane stabile e il tasso di disoccupazione strutturale resta elevato”. Secondo l'economista,  tra il 2000 e la grande crisi finanziaria del 2008, la competitività dell’Italia è peggiorata del 20%, mentre quella della Germania è migliorata del 10%, e nel momento in cui si è verificata la crisi. 

Inoltre, il profondo divario in termini di competitività tra la Germania e i due paesi periferici, Italia e Spagna, pari a circa 30 punti percentuali in entrambi i casi, ha evidenziato con chiarezza la disomogeneità fondamentale e insostenibile in seno all’unione monetaria. Questo squilibrio, secondo Longchamps, è uno dei motivi alla radice della crisi dell’euro e della frammentazione del mercato dei titoli di Stato. "Oggi il divario tra Italia e Germania si è ridotto al 20%, ma quello tra Spagna e Germania è all’8% ed è un dato incoraggiante e preoccupante al tempo stesso, in quanto conferma il processo di convergenza in atto ma ne sottolinea la lentezza. Di questo passo, bisognerebbe attendere fino al 2037 perché la differenza in termini di competitività tra Germania e Italia torni ai livelli del 2000” prosegue l'economista.

"Le riforme del mercato del lavoro sono essenziali per recuperare competitività, creare posti di lavoro e ridurre la disoccupazione, ma sono molto difficili da implementare”, conclude Longchamp. “Sarà compito del prossimo primo ministro italiano assicurarne l’attuazione, il che sarà possibile soltanto con il supporto di una forte maggioranza parlamentare” conclude Longchamps.

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