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Diamo credito ai fattori ESG

8/24/2017 | Jonathan Bailey*

I fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) sono importanti sia per le obbligazioni sia per le azioni, ma in modi diversi


I fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) sono importanti sia per le obbligazioni che per le azioni, ma in modi diversi. Gli investitori sanno molto bene che una governance manchevole può portare a risultati finanziari deludenti. Che si tratti di sperperare il capitale degli azionisti in acquisizioni costose, di un consiglio d’amministrazione non sufficientemente indipendente da contestare la strategia fallimentare di un CEO o ancora di un comitato di revisione interna privo delle competenze atte ad assicurare che i bilanci delineino un quadro completo e veritiero della salute finanziaria della società, i modi in cui le lacune sul fronte del governo societario possono danneggiare gli utili aziendali sono molteplici ed eterogenei. Eppure, gli aspetti ambientali e sociali degli investimenti ESG svolgono un ruolo altrettanto importante nella creazione del valore finanziario, basti pensare alle imprese intente a ideare soluzioni per la sostenibilità futura.

Nell’era del dopoguerra, la crescita della produttività è stata la principale forza propulsiva dell’economia; un’industria produttrice di motori per aerei che necessitano di meno carburante per posto disponibile per miglio o un’azienda tecnologica in grado di automatizzare e immettere in rete tramite il cloud le operazioni analitiche—che vengono così svolte da centri dati altamente efficienti—creano ricchezza per i loro clienti e supportano la crescita dell’economia più ampia. Anche le dinamiche inerenti alla domanda stanno mutando. Sempre più, i clienti vogliono sapere se il loro cellulare è stato fabbricato utilizzando fornitori che tutelano la sicurezza dei lavoratori, o se il loro caffè mattutino è servito da una società che promuove attivamente la diversità all’interno della sua forza lavoro.

Riformulare le ipotesi
Le società non inventano prodotti nuovi e altamente efficienti, non verificano la loro catena delle forniture e non introducono una cultura dell’inclusione da un giorno all’altro. Potrebbero volerci degli anni perché questi sforzi diano i loro frutti, ma, una volta messo in atto, tale processo è in grado di generare vantaggi competitivi sostenibili. Ciò potrebbe contribuire a spiegare perché in passato gli investimenti ESG hanno attirato soprattutto l’attenzione degli investitori in azionario: questa tipologia di investitori sa riconoscere i dirigenti che giocano d’anticipo su tali fronti, investono in un’ottica di lungo periodo e riescono a partecipare al potenziale apprezzamento.

Gli investitori in obbligazionario, concentrati sulle cedole e sulla restituzione del capitale nel giro di un paio d’anni, sono portati a pensare di non doversi preoccupare di tali fattori. Forse, essi sosterrebbero che è sufficiente prendere in esame la governance dell’emittente per accertarsi che l’allocazione del capitale avverrà in maniera disciplinata, che gli amministratori saranno indipendenti e che i loro diritti sui flussi di cassa verranno tutelati. Forse. Tuttavia, un numero sempre crescente di investitori in obbligazionario sta riformulando queste ipotesi. I titolari di obbligazioni sovrane sono stati dei veri innovatori, avendo intuito l’importanza degli indicatori ambientali e sociali e la loro correlazione con la capacità di uno Stato sovrano di ripagare i propri debiti. Oggi, sono sempre più numerosi i team obbligazionari e creditizi che prendono in considerazione questi parametri, cambiando di fatto la tipologia di dati ESG che le società sono tenute a divulgare. Pensiamo a quella società informatica basata sul cloud che sta portando una mole di dati sempre più grande sui suoi server super efficienti.

Chiaramente, la fiducia nelle probabilità di crescita dei free cash flow è importante per chi investe in obbligazioni, ma le domande che contano sono anche altre. Come vengono gestite la confidenzialità dei dati e la sicurezza cibernetica? Una violazione clamorosa delle informazioni metterebbe a repentaglio la volontà dei clienti di continuare ad inserire dati nel cloud? Cosa succederebbe se gli organi normativi di una determinata regione imponessero regole sulla sovranità dei dati più stringenti, obbligando la società a spostare fisicamente i suoi centri dati? Questi rischi potrebbero materializzarsi all’improvviso, facendo aumentare vertiginosamente i differenziali creditizi o, nello scenario peggiore, compromettendo la capacità di rimborsare i titolari di obbligazioni societarie.

Rischio di breve termine, sostenibilità di lungo termine
Per metterla diversamente, integrare i timori di ordine ambientale e sociale all’interno di un processo d’investimento significa valutare sia il rischio di breve termine che la sostenibilità di lungo termine di un modello di business. Obbligazionisti e azionisti devono considerare entrambi gli aspetti, ma il meccanismo di trasmissione con cui un dato fattore ambientale o sociale incide sulla valutazione di elementi distinti della struttura patrimoniale di una società sarà diverso. Ne consegue pertanto che le domande che i singoli analisti vorranno porsi circa i dirigenti e i dati che utilizzeranno per valutare la qualità del business possono differire. In uno studio del 2016, gli analisti di Barclays hanno esaminato le circa 5.000 obbligazioni dell’indice Bloomberg Barclays US Corporate Investment-Grade provviste di rating ESG emessi da MSCI e Sustainalytics, e costruito coppie di portafogli praticamente identici ad eccezione dei rating ESG.

Tra il 2009 e il 2016, il portafoglio teorico con rating ESG positivi ha generato, mediante backtest , un vantaggio esiguo ma persistente. Tale vantaggio non è giunto da riduzioni sistematiche degli spread creditizi nel portafoglio con rating elevati, bensì dalla differenza nel numero e nella portata dei downgrade dei rating creditizi. Il fattore governance del rating ESG è risultato, come prevedibile, il più correlato con la sovraperformance, ma anche i fattori ambientali e, in misura inferiore, quelli sociali sono stati associati agli extra-rendimenti. In uno studio separato, Bank of America Merrill Lynch ha cercato di capire se i rating ESG avrebbero aiutato gli investitori a evitare gli scenari più infausti delle bancarotte aziendali.

Delle 17 società facenti parte dell’universo BofAML statunitense che avevano avviato procedure fallimentari dal 2008 e ottenuto alti punteggi ESG almeno nei cinque anni precedenti, 15 presentavano rating ambientali e sociali sotto la media. Ciò non sorprende: modifiche improvvise nelle normative ambientali o fuoriuscite ed esplosioni causate da procedure di sicurezza insufficienti sono rischi estremi in grado di compromettere la capacità di ripagare i debiti. Questi analisti, tuttavia, hanno scoperto anche che i rating relativi alla governance sono scarsamente correlati con le bancarotte, il che sembra illogico, soprattutto viste le conclusioni della ricerca Barclays. Persino le catastrofi prettamente sociali e ambientali sono spesso precedute e facilitate dal fallimento di governi.

Elaborare modelli ESG su misura per i mercati obbligazionari
Come suggeriscono gli autori dello studio Bank of America Merrill Lynch, ciò potrebbe stare a indicare che i dati confluiti nei punteggi “G” degli attuali modelli ESG mancano di informazioni vitali per valutare il rischio di catastrofi creditizie. Forse perché tali dati sono stati concepiti ad uso e consumo degli analisti azionari, che si concentrano su temi quali i diritti degli azionisti e l’indipendenza degli amministratori? Sono studi indubbiamente affascinanti: da un lato ci dicono che potrebbe esserci un qualche potenziale di alpha per gli obbligazionisti anche utilizzando i rating ESG preconfezionati per gli azionisti, e, dall’altro, ci informano che questi stessi modelli potrebbero tralasciare informazioni cruciali per gli obbligazionisti.

Ecco perché gli analisti obbligazionari stanno diventando sempre più abili a sviluppare e utilizzare le proprie valutazioni ESG, spesso personalizzate dopo aver interagito direttamente con i dirigenti. Neuberger Berman fa parte di quel gruppo di società che ha collaborato con le agenzie di rating S&P e Moody’s per incoraggiarle a dare maggior peso alle tematiche ESG chiave nelle loro metodologie di rating. Man mano che il settore compie dei passi avanti in queste aree, gli investimenti ESG cominceranno a mettere a nudo le dinamiche specifiche dei vari elementi della struttura patrimoniale di una società, generando nuove informazioni che gli analisti obbligazionari e azionari potranno condividere. Verranno dunque gettate le basi affinché i parametri ESG diventino uno strumento di gestione del portafoglio totalmente integrato e autenticamente olistico.

* responsabile degli investimenti ESG di Neuberger Berman

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