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Nel 2018 tutti gli occhi puntati sull’inflazione

4/5/2018

La velocità dell'ascesa dei prezzi rappresenta il rischio numero uno per l’economia globale e ogni tipo di asset


L'inflazione è un fattore importante e la velocità della sua ascesa rappresenta il rischio numero uno per l’economia globale e ogni tipo di asset nel 2018. Negli ultimi 10 anni i mercati sono stati colpiti da una serie di eventi straordinari, compresi i timori legati alla svalutazione in Cina, la crisi del debito in Europa e la Brexit, ma le Borse sono riuscite a superare tali tempeste, con una tendenza rialzista iniziata nel 2008. E la volatilità è sempre tornata a scendere velocemente dopo le sorprese negative. 

"Un portafoglio che non avesse voluto correre dei rischi in questa fase avrebbe sottoperformato, a causa di una serie di limiti. L’inflazione è rimasta a livelli ostinatamente bassi dalla crisi finanziaria globale in poi, a causa della mancanza di domanda e dei grandi output gap. Intanto, le banche centrali sono state in grado di agire ogni qualvolta l’incertezza aumentava, allentando le condizioni finanziarie per sostenere l’attività economica. Consapevoli di ciò, gli investitori hanno sempre colto l’occasione dei ribassi per acquistare asset rischiosi" spiega Mark Nash (nella foto), head of fixed income di Old Mutual Global Investors.

Tutto ciò, secondo il gestore, ha avuto l’effetto di schiacciare il premio per il rischio in tutte le asset class. I bassi livelli di inflazione hanno svolto un ruolo fondamentale nel rally che ha interessato gli asset finanziari in generale, ma ora la situazione è cambiata. "Innanzitutto, gli output gap si sono chiusi nella maggior parte delle economie avanzate: le pressioni inflative che si potevano già percepire, stanno ora iniziando ad emergere, come mostrano i recenti dati statunitensi. A breve assisteremo anche a una forte spinta fiscale che sosterrà la crescita negli Stati Uniti, sebbene il Paese stia già andando alla sua massima potenza. Il prezzo del petrolio è aumentato a 65 dollari al barile, rispetto ai livelli minimi del 2016, e le pressioni salariali si stanno facendo sentire. Di conseguenza, dopo tutto potrebbe esserci inflazione, e i mercati hanno iniziato a ri-prezzare i futuri tassi di interesse più elevati" prosegue Nash.

Quali sono gli effetti sul reddito fisso? "Questo sta alzando l’intera curva dei rendimenti, mentre anche le pressioni di domanda e offerta per l’obbligazionario stanno drammaticamente cambiando. Nel corso degli ultimi due anni il quantitative easing ha assorbito il 100% delle emissioni nette di debito dei Paesi del G10. Nel 2018, questa percentuale scenderà al 40% e a partire da novembre 2018, il quantitative easing netto inizierà ad andare in negativo, via via che la BCE porterà a termine tale programma e la Fed continuerà con la riduzione di bilancio. Questo cambiamento sta creando un surplus di titoli di Stato, che dovrà essere assorbito dagli investitori privati" sottolinea il gestore, aggiungendo che la curva dei rendimenti dovrebbe irripidirsi verso livelli più normali, va via che le aspettative sull’inflazione aumentano.

"I titoli di Stato Usa affronteranno quindi un contesto più complesso e ci aspetteremmo rendimenti più elevati in futuro. La correzione dei mercati di febbraio dovrebbe essere stato un campanello d’allarme per tutte le asset class: la notizia che il salario orario medio è aumentato del 2,9% anno-su-anno a gennaio ha spinto al rialzo i rendimenti dei Treasury e in tre giorni l’azionario Usa ha visto un calo del 10%, la volatilità è aumentata e gli spread creditizi si sono allargati notevolmente" conclude Nash. Che avverte: "La reazione del mercato a un’inflazione elevata sarebbe drammatica e il conseguente inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbe essere molto dannoso per l’economia globale".

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