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"Perché continua a preoccuparci la coalizione Lega-M5S"

7/10/2018

Didier Saint-Georges (Carmignac): "Conte è contro l'austerità, ma i mercati bocceranno la scelta di aumentare il deficit"


Lo spettro dell’uscita dall’Eurozona di un paese dell’Unione è tornato a perseguitare gli investitori, dopo l'arrivo al potere in Italia di una coalizione tra il M5S e la Lega che ha messo in allarme i mercati finanziari a maggio. Ma la paranoia su questo tema è pienamente giustificata? Sì, secondo Didier Saint-Georges (nella foto), direttore generale e membro del comitato investimenti di Carmignac. "Che si tratti della Grecia o dell’Italia, l’uscita di un qualsiasi paese dall’Eurozona rischierebbe di creare un precedente letale. Se l’esperienza dimostrasse che un paese può effettivamente uscire dall’Eurozona, occorrerebbe quantificare la plausibilità di un tale scenario per ogni paese. A questo punto, un euro non avrebbe mai più esattamente lo stesso valore indipendentemente dal paese in cui è depositato. Qualsiasi investitore sarebbe invogliato a conservare il proprio capitale in euro nei paesi in cui esso sarebbe più al sicuro, evitando gli Stati membri più fragili. Sarebbe la fine della fungibilità dell’euro e quindi, dell’euro stesso. La posta in gioco è dunque ben maggiore" spiega Saint-Georges.

L’Italia del 2018 presenta un rischio plausibile di uscita dall’Eurozona? "Tecnicamente è del tutto possibile che un paese sovrano ritorni alla propria moneta nazionale. Tuttavia, per fare ciò devono essere soddisfatte almeno due condizioni. La prima è che l’uscita dall’euro rispecchi la volontà del paese. Invece tutti i sondaggi di opinione dimostrano che la maggioranza della popolazione italiana oggi desidera mantenere l’euro. È vero che nulla vieta a un governo eletto democraticamente di prendere decisioni contrarie alla volontà del popolo. Ma questa prospettiva sarebbe quantomeno paradossale da parte di un esecutivo che dichiara esplicitamente di voler rispecchiare la volontà degli elettori" prosegue Saint-Georges.

Questo significa che l’Italia rientrerà rapidamente nei ranghi? "Molto improbabile, e per due ragioni. Prima di tutto, il governo di Giuseppe Conte vorrà farsi artefice di una drastica svolta nella politica economica: il dogma dell’austerità di bilancio sarà contestato. Ed è poco probabile che i mercati finanziari accolgano con favore la discesa deliberata verso deficit di bilancio più importanti" conclude Saint-Georges. Ma questo rischio, secondo lui, non dovrebbe costituire una minaccia nell’immediato: l’Italia dispone di un certo margine di manovra che può utilizzare senza mettere a repentaglio i conti pubblici: Saint-Geores ricoerda che il deficit di bilancio italiano oggi è inferiore a quello della Francia e il saldo delle partite correnti dell’Italia è positivo.

Tuttavia, c'è un secondo motivo di preoccupazione più profondo, che non riguarda solo l’Italia: le riforme strutturali nei paesi europei e istituzionali a livello dell’Unione sono ancora poco avanzate. Questa carenza non è stata finora resa evidente perché la Bce ha sempre fornito un sostegno attivo e il ciclo economico è favorevole. "L’arretratezza delle riforme potrebbe diventare lampante tra qualche mese, quando l’economia rallenterà, a maggior ragione se la decelerazione coinciderà con la progressiva riduzione del sostegno di Francoforte. Infatti, in assenza di riforme tali da consentire la riduzione dei tassi d’indebitamento, i mercati non concederanno più ai paesi periferici più fragili il lusso di poter ricorrere all’arma del bilancio senza che ciò comporti un rialzo dei tassi di interesse. E l'Unione europea non avrà più un bilancio europeo sufficiente a colmare le carenze degli Stati più vulnerabili" conclude Conte. 

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