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State Street, perché gli stock pickers devono guardare all’Europa

9/3/2018 | Davide Mosca

Akbar Ali, portfolio strategist del team Active Quantitative Equity della società, espone i risultati di una ricerca sulle valutazioni nel Vecchio Continente


I risultati del secondo semestre 2018 hanno fatto emergere come la maggior parte delle società dello Stoxx600 abbiano battuto le previsioni sugli utili di analisti e sales. State Street Global Advisors ha deciso di indagare lo stato del panorama azionario europeo con un’approfondita ricerca su condizioni finanziarie e potenziali di crescita nel Vecchio Continente.

 

“Risulta evidente – spiega Akbar Ali, portfolio strategist del team Active Quantitative Equity della casa di gestione statunitense – che siano convenienti rispetto alla propria media storica, ma anche in confronto agli Stati Uniti. Questo fattore potrebbe portare al divario più grande degli ultimi 45 anni tra Europa e Stati Uniti in termini di rapporto tra capitalizzazione di mercato e patrimonio netto contabile aziendale. Il sentiment bottom-up sta registrando un miglioramento in Europa guidato dai fondamentali, come per esempio gli utili. Prevedibilmente, questo sentiment è ancora più contenuto in Europa rispetto agli USA, perché l’Europa si trova in una fase iniziale della ripresa economica che rappresenta un’opportunità di sviluppo.”

 

 

Il Vecchio Continente vive però anche tensioni politiche interne rilevanti che si ripercuotono sull’andamento dei mercati. Come si inserisce questo fattore nella vostra analisi e come deve essere affrontato dagli investitori?

Bisogna considerare un doppio obiettivo, senza concentrarsi esclusivamente sulla massimizzazione dei ritorni, perché è necessario tenere in conto anche l’incertezza legata alle turbolenze politiche, a eventuali guerre commerciali e all’evoluzione della politica monetaria. Agli investitori preoccupati da questi rischi consigliamo di adottare strategie che possano offrire solidi rendimenti riducendo la volatilità in portafoglio. Focalizzarsi allo stesso tempo sulla creazione di sovraperformance e sulla gestione della volatilità totale potrebbe portare a un miglioramento dell’efficienza rischio/rendimento. Questo richiede un portafoglio che investe in società con modelli di business caratterizzati da prezzi interessanti, elevata qualità e rischi inferiori, ma anche l’expertise per valutare il trade-off in continua evoluzione tra rendimenti aggiuntivi e cambiamenti di rischio del portafoglio nel suo complesso. Tale strategia si è dimostrata storicamente efficace nei mercati sviluppati in genere e in particolare in Europa.

 

Quali sono i settori da preferire e perché nella vostra analisi le small cap hanno un ruolo così importante?

I settori industriale e finanziario sono tra quelli che privilegiamo sia tra le large cap che tra le small cap europee. Siamo in grado di identificare società che non solo sono sottoprezzate, ma anche più profittevoli, meglio gestite e meno indebitate in uno scenario di tassi di interesse in aumento. Nelle small cap, nello specifico, vediamo opportunità dovute alla minore possibilità di copertura da parte degli analisti e maggiore esposizione alle economie locali (e di conseguenza, minore esposizione ai temi geopolitici globali). L’elevato numero di società small cap offre centinaia di opportunità interessanti anche a seguito di screening rigorosi basati su parametri come la liquidità.

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