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Perché i mercati sono inefficienti (ed è un bene)

9/21/2018 | Redazione Advisor

François Badelon, fondatore e presidente di Amiral Gestion, spiega la propria filosofia d’investimento sull’approccio value investing


In un ambiente in cui i prezzi degli attivi riflettono tutte le informazioni disponibili diventa impossibile battere il mercato: alcuni investitori non possono ottenere redditività superiori ad altri, poiché tutti dispongono delle stesse informazioni. Questo dice la teoria del mercato efficiente elaborata da Eugene Fama negli anni Settanta. Perciò, per i sostenitori di questa teoria, gli investitori possono aspirare soltanto a replicare le redditività del mercato –base della gestione passiva– o, al massimo, a ottenere redditività superiori sporadicamente e sempre a breve termine, grazie alla fortuna o perché hanno saputo sfruttare qualche inefficienza occasionale prima che il mercato ne tenesse conto nel prezzo – base delle strategie di arbitraggio.

Per fortuna, i mercati non sono efficienti, come sostiene François Badelon (nella foto), fondatore e presidente di Amiral Gestion, società di asset management indipendente, che basa la propria filosofia d’investimento sull’approccio value investing.

A supporto di questa affermazione, Badelon, fedele discepolo di Warren Buffett, cita teorie come quella dell’informazione –“le borse non sono efficienti perché è impossibile che tutti gli operatori dispongano delle stesse informazioni”– o dei principi matematici derivanti dalla fisica quantistica –il semplice fatto che il mercato stabilisca il prezzo di una società sotto forma di quotazione ne cambia il valore intrinseco, influendo in modo diretto sull’ambiente competitivo di tale azienda”.

La conclusione a cui arriva Badelon è che potranno battere l’indice solo quei gestori capaci di effettuare “osservazioni poco probabili di grande valore informativo” non condivise, per di più, con altri investitori. “Per definizione, solo pochi saranno in grado” dice il gestore francese. Ma come? E qui Badelon richiama un altro celebre economista: Bill Sharpe, premio Nobel per l’Economia e fervente sostenitore della teoria dei mercati efficienti. Secondo Sharpe, gli investitori attivi definiscono la redditività del mercato che gli investitori passivi replicano; perciò “il mercato non può battere se stesso”.

Tuttavia, i prodotti passivi sono in grado di offrire migliori rendimenti perché le commissioni applicate sono di gran lunga inferiori a quelle dei prodotti attivi. Per Badelon questa differenza si aggira intorno al 2% e lancia la seguente riflessione: “Se gli investitori attivi replicano il mercato -2% l’anno, possiamo distribuirli, come qualsiasi altra popolazione, in una curva di Gauss”. 



Come si può notare, solo pochi investitori saranno in grado di battere l’indice. “Per fortuna, anche questa curva è falsa. In realtà non dovremmo parlare di distribuzione di persone, ma di risparmio gestito, giacché esistono enormi capitali gestiti da poche persone e la stragrande maggioranza degli investitori gestisce pochissimo capitale”, spiega il gestore.

Come mostra il grafico sopra “più capitale si gestisce, più possibilità si hanno di avvicinarsi a una redditività media del -2%. E meno capitale si gestisce, più probabilità si hanno di situarsi nella parte destra della curva”. È questo il motivo per cui Amiral si impegna tanto “affinché i suoi fondi crescano i maniera controllata e non trasformerà mai l’azienda in una macchina per attirare capitale” conclude Badelon.

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