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Guerra commerciale, se protratta sfiancherà la Cina

10/24/2018 | Redazione Advisor

Un prolungamento delle tensioni ridurrebbe dello 0,7% la crescita del PIL cinese, oltre ad avere un impatto significativo anche sulla crescita USA


Una lunga guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina potrebbe ridurre dello 0,7% la crescita del PIL cinese, oltre ad avere un impatto significativo anche sulla crescita USA. Lo sostiene Prashant Chandran di Western Asset, affiliata del gruppo Legg Mason.

 

Chandran, che insieme a Ken Leech gestisce il fondo Legg Mason Western Asset Macro Opportunities Bond da 7,5 miliardi di dollari, ritiene che nell’ipotesi di una guerra commerciale prolungata la crescita cinese sarebbe colpita più duramente rispetto a quella americana.

“Nello scenario peggiore - una lunga guerra commerciale con ulteriori dazi da parte degli Stati Uniti – pur non prevedendo un hard-landing della Cina, ci aspettiamo che l’anno prossimo il tasso di crescita del Pil cinese possa ridursi dello 0,6-0,7%” afferma Chandran.

 

“Tuttavia, uno scenario del genere si verificherebbe solo se la Cina non rispondesse a ulteriori dazi ricorrendo agli investimenti, per esempio nella spesa infrastrutturale.”

La guerra commerciale ha scosso i mercati azionari ed obbligazionari per tutto il 2018, e gli investitori temono che, se Trumptrionferà nelle elezioni di midterm (rafforzando dunque la sua posizione politica), la tensione sui mercati potrebbe continuare.

 

Venerdì scorso la Cina ha riferito che nel terzo trimestre (luglio-settembre) il suo tasso di crescita è sceso al 6,5%, il valore più basso registrato dalla crisi finanziaria globale in poi.

Chandran, che gestisce il fondo Legg Mason Western Asset Macro Opportunities Bond dal 2013, sottolinea come i Treasury USAabbiano registrato vendite significative in questo contesto di guerra commerciale e tassi USA in accelerazione.

 

Il decennale americano, che un anno fa rendeva il 2,3%, attualmente ha un rendimento attorno al 3,15%. A questi livelli, secondo Chandran, i Treasury USA stanno lanciando di nuovo segnali di buy, soprattutto con un’inflazione moderata. “Crediamo che nei prossimi mesi l’inflazione dovrebbe restare contenuta, e quindi che, a questi livelli, i titoli di stato americani a 10 anni siano un buy” spiega il gestore.

 

“Per ora l’economia USA sta crescendo a un ritmo diverso rispetto alle altre economie sviluppate” conclude Chandran “ma crediamo che questa divergenza non potrà continuare, e infatti stiamo scommettendo su un appiattimento della curva dei rendimenti.”

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