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Crollo dei mercati, la colpa non è della Fed

12/6/2018

Mike Biggs di GAM prova a spiegare cosa ci sia alla base del brusco calo degli asset di rischio negli ultimi mesi


Azioni, obbligazioni ad alto rendimento e credito sono asset che sono andati sotto pressione durante gli ultimi due mesi. Guardandoci alle spalle, però, nel corso degli ultimi 20 anni, lo S&P 500 e l’ISM statunitense hanno mostrato una stretta correlazione, ma tale relazione si è chiaramente interrotta di recente. Cosa c'è alla base del brusco calo degli asset di rischio negli ultimi mesi? "Le scuole di pensiero sono due" spiega Mike Biggs (nella foto), investment manager delle strategie obbligazionarie local emerging market di GAM Investments.

"La prima teoria - prosegue Biggs - individua tra le cause gli shock globali come le guerre commerciali, il picco di volatilità a inizio anno e il prezzo del petrolio che hanno generato tale debolezza della performance e, di conseguenza, è necessario che si manifesti una maggiore solidità dei dati macro. Altra scuola di pensiero è quella per cui la precedente debolezza derivi dal ritiro di liquidità da parte della FED e i timori legati al fatto che all’apertura di una fase di restringimento monetario faccia seguito un maggior numero di shock di mercato – facendo intuire che non si tratta del momento migliore per avere in portafoglio asset di rischio".

Dal punto di vista di Biggs, non ritiene che questa seconda view sia quella corretta. "Se gli acquisti delle banche centrali fossero a zero, tale logica suggerirebbe che le azioni potrebbero lasciare sul terreno il 50% del loro valore. Ovviamente, questo non si è verificato su base storica e quindi ci attendiamo che tale teoria, ad un certo punto, verrà confutata. Inoltre, la domanda di credito ha rallentato, come evidenziato dallo US Senior Loan Officers Survey. Se le condizioni di liquidità fossero in restringimento, ci potremmo attendere anche un restringimento delle condizioni di credito negli Stati Uniti, che, tuttavia, si stanno continuando ad ampliare" sottolinea Biggs.

Biggs immagina un possibile rimbalzo dell’area euro nell’ultimo trimestre dell’anno: la debolezza del trimestre precedente è stata strettamente correlata alla produzione di auto e si aspetta un probabile miglioramento in tema nell’ultimo trimestre del 2018. "Crediamo anche che tale rimbalzo sarà sostenuto da un impulso di credito positivo, da una stabilizzazione in Cina e dalla forza negli Stati Uniti. Sono molteplici i dati chiave da tenere sotto controllo che verranno resi pubblici entro dicembre: il flash PMI dell’area Euro, l’IFO Business Climate Index e l’indice di Produzione industriale, gli ordini e la produzione nel settore automobilistico. Tutto ciò potrebbe fornire una maggiore chiarezza al contesto di fondo in cui si muovono gli asset di rischio" conclude il gestore.

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