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Azioni: cosa guardare in Cina nell'anno del Maiale

2/5/2019

L’Indice MSCI China ha perso terreno nel 2018, ma ha pur sempre sovraperformato l’indice europeo negli ultimi 3, 5 e 10 anni


Negli ultimi 12 mesi si sono scatenate delle paure enormi sulla Cina, mentre il paese continua la sua transizione da una crescita guidata dagli investimenti a un’espansione determinata principalmente dai consumi, soprattutto nel settore dei servizi. Nel 2015 e nel 2016 è stato il mercato dei mutui a guidare l’economia cinese. Il governo, chiaramente, si è preoccupato della rapida crescita del credito, soprattutto attraverso il settore dello shadow banking (il sistema bancario ombra, vale a dire il totale dei finanziamenti effettuati attraverso canali alternativi a quello degli enti di credito). La stretta sull’offerta di credito non controllata che ne è seguita sta iniziando oggi a far sentire i propri effetti sull’economia reale, attraverso una crescita più normalizzata e lenta del PIL nominale.

"È finita l'epoca dei surplus delle partite correnti a livelli record, particolarmente utili per finanziare la prosperità economica del paese. La Cina ha registrato il suo primo deficit in 20 anni nei primi sei mesi del 2018. Ciò significa che le autorità cinesi non sono più in grado di aumentare la spesa per le infrastrutture come lo sono state finora, poiché comporterebbe un aumento delle importazioni di commodity difficilmente finanziabile in un momento in cui le casse del governo appaiono sempre più vuote" sottolinea Jason Pidcock, head of strategy, Asian Income di Jupiter AM.


Passando all’andamento dei mercati azionari cinesi nel 2018, i gestori fanno notare che l’indice MSCI China ha perso terreno nel 2018, ma ha pur sempre sovraperformato l’indice europeo negli ultimi 3, 5 e 10 anni. E di fatto scambia ancora a rapporti forward di prezzo/utile (P/E) sostanzialmente più bassi rispetto alle azioni europee. Quanto ai protagonisti, oggi, sono le società private focalizzate sulla ricerca di profitti e a bassa intensità di capitale, diversamente dalla fase precedente, quando erano le banche statali a iniettare credito in altre società pubbliche o in costruttori edili a finanziamento statale.

Secondo John Lin, gestore China Equities, e Stuart Rae, capo investimenti Asia-Pacific Value Equities di AllianceBernstein, le dinamiche che fino ad ora hanno posto un freno alla propensione di guardare con profondo interesse ai titoli cinesi continuano a innervosire gli investitori globali. In molti infatti preferiscono azionari maturi, dove possono scegliere in maniera relativamente semplice e informata, dove il governo supervisiona senza interferire e dove le società rendono pubblici bilanci, operazioni e rischi. "Oggi il mercato delle A-share cinesi, che include azioni che scambiano sul mercato mainland, appare invece molto simile a quella che era la piazza americana intorno al 1965: è regolato in maniera non uniforme, contrassegnato da società quotate con una governance disomogenea e dominato da investitori retail, la cui tendenza a comprare a prezzi elevati e vendere durante i ribassi può esacerbarne la volatilità" spiegano i due gestori.

Anche Rob Marshall-Lee, head of Asian and emerging equities, Newton IM (BNY Mellon), crede che il pessimismo sulla Cina sia eccessivo. "Molte delle migliori opportunità di investimento azionarie in un’ottica pluriennale, oggi, sono proprio in titoli cinesi che si sono indeboliti negli ultimi mesi" spiega. "I risultati di bilancio delle società cinesi nel 2018  - prosegue - sono stati contrastati, ma certamente non catastrofici. Dopo due anni di vendite estremamente robuste, guidate dagli stimoli pubblici per le aziende locali, il mercato domestico delle automobili ha subito una contrazione di breve termine. Tuttavia, il rallentamento di questo settore ha poche conseguenze per gli altri comparti; continuiamo a vedere una forte crescita per molte società cinesi rivolte ai consumatori, nonché per le multinazionali con fatturato in Cina, in settori come l’educazione, il lusso e i cosmetici. Persino le importazioni di auto, nonostante l’aumento delle tariffe, stanno andando bene, perché sono meno influenzate dal taglio dei precedenti stimoli finanziari".

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