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Mercati emergenti: il problema non è la "trade war"

6/26/2019

Paul Mc Namara (GAM) suggerisce di monitorare invece il livello del debito cinese che avrà un impatto maggiore su queste economie


Il 2018 è stato particolarmente faticoso per i mercati emergenti, sotto il segno delle guerre commerciali e del rallentamento dell’economia cinese. Il nuovo anno ha visto il ritorno della Federal Reserve a registri accomodanti; ne hanno immediatamente tratto beneficio anche i mercati emergenti. Nell’ultima fase di un lungo ciclo espansivo, l’economia globale infatti sta facendo i conti con numerose fonti di incertezza, dalle politiche monetarie alle sorprese della politica. La novità dei mesi scorsi è l’efficacia delle misure fiscali e monetarie con le quali la Cina ha stabilizzato la propria economia. Se n'è parlato a un recente incontro della stampa finanziaria con i gestori di GAM specializzati sui mercati emergenti, che in questo contesto continuano a fornire valore nelle scelte allocative. con rendimenti del 7%, un ragionevole momentum economico e un commercio equilibrato, i mercati emergenti appaiono come un’asset class interessante, soprattutto dal punto di vista di un investitore in Euro. 

"Come di consueto, le prospettive per i mercati emergenti sono guidate dalle economie dei Big 3, Stati Uniti, Eurozona e Cina" ha spiegato Paul Mc Namara (nella foto), investment director emerging markets debt di GAM, parlando delle prospettive macroeconomiche di questi mercati. "I mercati emergenti hanno accusato una certa fatica nel 2019 a fronte di una crescita globale asimmetrica, forte negli Stati Uniti, poco brillante in altre regioni, che ha favorito gli asset statunitensi. Per quest'anno ci aspettiamo un leggero rallentamento negli Stati Uniti, una ripresa limitata in Europa ma un discreto rimbalzo in Cina. Il che ci rende ottimisti nei confronti dell’evenienza di un anno migliore per i mercati emergenti".

Per McNamara i due rischi che emergono a livello globale coincidono con un inasprimento della politica e della guerra commerciale. "Se la crescita degli utili negli Stati Uniti sta iniziando a mostrare segnali di vita, sono pochi i riscontri di un netto incremento dell’inflazione, e chiaramente la Fed è peraltro preoccupata per lo stato dei mercati relativi agli asset statunitensi" ha aggiunto. E la guerra commerciale tra USA e Cina? "Sarà un grosso problema per i paesi che esportano manifatture leggere negli Stati Uniti – il manifatturiero rende conto dei posti di lavoro che l'amministrazione Trump desidera rimpatriare, mentre l'Europa non ha alcun interesse a replicare i dazi a stelle e strisce. Il Messico si distingue in quanto molto più vulnerabile di qualsiasi altro paese; sebbene l'impatto sui mercati asiatici appaia come molto più ridotto, non è effettivamente così e necessita di un attento monitoraggio" ha spiegato McNamara.

"Nel complesso, a parte il Messico, pensiamo che il destino del credito in Cina ricoprirà una maggiore importanza rispetto alla politica commerciale americana per i mercati emergenti nel loro complesso" ha sottolineato McNamara, secondo cui la situazione per il debito nella principale economia asiatica inizierà a farsi critica a partire dal 2020. Quanto agli altri paesi, McNamara si è soffermato sulla Turchia. "Storicamente - ha detto - il periodo successivo a una crisi costituisce un buon momento per investire nei mercati emergenti: in media, i rendimenti post-crisi sono 3 volte superiori alla media degli ultimi 17 anni. Rispetto all'Argentina, pensiamo che la Turchia, con la sua economia relativamente aperta, la vicinanza all'Europa e un maggiore spazio di manovra sul piano fiscale, abbia prospettive migliori, mentre l'Argentina risentirà dell'incertezza di una tornata elettorale in cui un candidato populista e ostile alle logiche del mercato ha ottime possibilità di vincere". La sua view è, invece, decisamente più negativa nei confronti dell'Europa Centrale, dove "i governi populisti non sono inclini a un inasprimento della politica monetaria per fare fronte a un chiaro slancio al rialzo dell'inflazione".

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