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Gestore della settimana: "Il mercato del credito? Dipende anche dalle proteine"

7/22/2019 | Ariel Bezalel*

Ariel Bezalel di Jupiter AM spiega in che modo l’enorme perdita subita nella fornitura di carne suina dalla Cina potrebbe rimodellare il mercato alimentare a livello globale


C’è una crudele ironia nel fatto che il 2019 sia l’anno del maiale nello zodiaco Cinese. L’influenza suina africana è innocua per gli umani ma mortale, incurabile e altamente contagiosa per i maiali. Dall’inizio dell’epidemia in Cina, lo scorso agosto, il governo ha cercato di mantenere la malattia sotto controllo ma senza successo. Il virus si è ora diffuso anche alla popolazione suina di altri Paesi confinanti. A maggio, il Vietnam ha riportato di aver abbattuto 1,5 milioni di maiali nel tentativo di arginare l’epidemia. I rapporti ufficiali cinesi dello scorso anno, inizialmente indicavano che solo l’1% nella popolazione dei maiali (pari a 1 milione di capi) fosse stato abbattuto per prevenire ulteriori contaminazioni.

Nel mese di febbraio 2019 però, i documenti riportavano un declino su base annua del 17% dei maiali e del 19% delle scrofe (immagine 1). Ciò si traduce in circa 62 milioni di capi su base assoluta. Considerando inoltre che questi dati sono pubblicati con un certo ritardo e che la malattia è molto lontana dall’essere sotto controllo, i numeri effettivi potrebbero essere oggi più alti. In Cina il maiale è un alimento di base e, prima degli abbattimenti, la popolazione di suini allevati nel Paese era di circa 400 milioni. La Cina è sia il maggior produttore che consumatore mondiale di maiale, con una produzione globale pari al 47%, ovvero più di 54 milioni di tonnellate nel 2018. Dato il consumo pari a 55 milioni di tonnellate lo scorso anno (quasi la metà del totale mondiale) la Cina è dunque di poco un importatore netto di maiale.

Gli analisti della BofAML stimano che il gap di fornitura causato dalla malattia potrebbe essere superiore a 17 milioni di tonnellate, cioè il 30% della produzione cinese di maiale e il 15% di quella globale. Considerando la perdita di fornitura della Cina, dei Paesi confinanti e il fatto che saranno necessari più di due anni per far sì che la produzione di maiale torni ai livelli precedenti all’epidemia, il CEO di Tyson Foods non ha esagerato a maggio quando ha dichiarato di “non aver mai visto un evento che avesse le stesse potenzialità di cambiare l’andamento della produzione e del consumo di proteine come l’influenza suina africana”.

In Cina, la riduzione dell’offerta ha già portato ad un aumento della domanda e dei prezzi di fonti alternative di proteine come il pollo e il manzo, così come del maiale stesso. Quest’anno, nello specifico a maggio, la Cina ha importato 106.000 tonnellate di maiale dagli Stati Uniti in una sola settimana, nonostante i dazi al 62% - un aumento rispetto alle 1.300 tonnellate dello scorso anno. I margini nella lavorazione della carne di maiale sono previsti in aumento di 300 punti base nel 2019. Un altro vantaggio per i produttori di pollame è stata la riduzione nella domanda di semi di soia in Cina (essendo uno dei componenti principali per i mangimi del maiale), che contribuisce all’abbassamento dei costi dei mangimi per polli.

Gli Stati Uniti e il Brasile sono due dei maggiori produttori globali di proteine animali, con risorse naturali in grado di fornire carne di pollo, manzo e maiale per tutto il mondo. In base a recenti dati, il prezzo del pollo statunitense è già aumentato del 4,3% su base annua, con margini in aumento di 667 punti base (i prezzi del pollo beneficiano di un ciclo di vita degli animali più corto, il che consente ai produttori di colmare più facilmente il gap nella fornitura di maiale con una proteina meno cara). Anche il prezzo del manzo negli USA ha beneficiato della situazione aumentando del 4% su base annua e con margini in aumento di 184 punti base rispetto al picco decennale raggiunto nel 2018. Il mio team in Jupiter ha intuito l’impatto che l’influenza suina africana avrebbe potuto avere sui mercati globali subito dopo lo scoppio dell’epidemia dello scorso agosto.

Nel nostro fondo Jupiter Dynamic Bond detenevamo già titoli di JBS USA, che è l'ente creditizio statunitense della brasiliana JBS S.A, la più grande impresa di lavorazione delle carni bovine e suine a livello mondiale. La nostra ricerca sul credito in questo settore, e il rapporto con il management di JBS, ci hanno allertato tempestivamente dell'impatto diffuso che l'epidemia di influenza suina avrebbe potuto avere sulla produzione globale di proteine. Quando quest'anno JBS ha approfittato del rinnovato interesse degli investitori (le sue obbligazioni a due anni sono negoziate ai massimi livelli e il prezzo delle azioni è ai massimi storici) per emettere obbligazioni per ridurre il rischio di rifinanziamento, non abbiamo esitato a partecipare alla nuova emissione, data la loro quota di mercato, la bassa leva finanziaria e il forte flusso di cassa libero.

La nostra esposizione ai produttori di proteine è ora pari al 2% dei bond presenti nel nostro fondo. Come per JBS, abbiamo anche obbligazioni di Pilgrim’s Pride, che rappresenta le attività avicole di JBS negli Stati Uniti, in Messico e in Europa e ha già un forte profilo di credito; Marfrig, il quarto maggior produttore di carne bovina negli Stati Uniti; oltre a due situazioni speciali già incluse nella strategia, i produttori di pollame Boparan (Regno Unito) e Simmons Foods (USA), che hanno beneficiato di una maggiore domanda di esportazioni, prezzi più elevati per il pollo e costi inferiori dei mangimi. Data la gravità dell'epidemia di influenza suina africana, la perdita di fornitura e il tempo necessario per la ripresa delle mandrie, riteniamo che il mercato potrebbe essere perturbato almeno per i prossimi 1-2 anni, a beneficio di questi produttori globali di proteine.

*Head of strategy fixed income di Jupiter AM

 

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