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Un enorme debito da collocare

4/17/2020 | Redazione Advisor

Nei prossimi anni la competizione tra emittenti di obbligazioni si intensificherà. Le implicazioni per gli investitori secondo AXA IM


Chi comprerà l’enorme volume di nuove emissioni governative e private che saranno necessarie per arginare gli effetti negativi dello shock da Covid sull’economia globale? A questo interrogativo prova a rispondere Alessandro Tentori, cio di AXA Investment Managers Italia. “Nel World Economic Outlook di aprile, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto le stime di crescita al ribasso: Le economie avanzate subiranno una contrazione del PIL di 6.1% nel 2020, per poi rimbalzare di 4.5% nel 2021. Pressoché speculare sarà invece il fabbisogno di finanziamento dei governi, in particolare quelli delle economie avanzate, che è previsto in aumento del 10.6% del PIL nel 2020 e di quasi 6% nel 2021” spiega Tentori.

 

“Questo enorme aumento dell’offerta di debito pubblico andrà a colpire un mercato che molto probabilmente è già saturo di “carta”. Convivere con livelli di debito che spesso eccedono il livello del PIL non è più una eccezione da libri di storia. Come non lo sono i tassi di interessi benchmark, spesso e volentieri a livelli negativi. La domanda relativa alle valutazioni di questo stock di debito è quantomeno legittima” prosegue lo strategist di AXA, ma per rispondere alla domanda originale – chi comprerà il debito? – è utile analizzare le fonti di domanda per obbligazioni a livello globale, e qui entrano in gioco le banche centrali, che a partire dalla crisi finanziaria del 2008 sono state molto attive nella domanda di obbligazioni a livello globale: basti pensare che le somme di bilancio della Federal Reserve e della BCE negli utlimi dieci anni sono più che raddoppiate.

 

“Per il momento il ruolo delle banche centrali è circoscritto a “tappare i buchi” ogni qual volta si verifichi una situazione di eccesso di offerta di bond sui mercati. Ovviamente, nulla ci vieta di cambiare le regole del gioco e di sposare la causa della monetizzazione del debito” prosegue Tentori. “La Bank of England parrebbe aver già fatto un piccolo passo in questa direzione. Anche se oggi discutere di Teoria della Moneta Moderna (MMT) è molto in voga, non dovremmo dimenticare che questa non è una teoria economia “completa” e che comprende anche aspetti che trascendono la monetizzazione del debito, aspetti importanti come per esempio la finanza funzionale di Abba Lerner”.

 

Secondo lo strategist la comunità degli investitori si trova oggi a un bivio: la prima opzione è che le banche centrali decidano di monetizzare il debito. In questo caso, le valute sarebbero la valvola di sfogo, e su tutte ne beneficerebbe il dollaro statunitense. Se le banche centrali invece non monetizzeranno il debito, “allora la competizione tra emittenti di bond si farebbe molto aspra. Alla luce di questa probabile valanga simultanea di debito, purtroppo non tutti gli emittenti riusciranno a trovare una domanda adeguata (a questi livelli di prezzo). Non dimentichiamo che un forte rialzo dei rendimenti obbligazionari porrebbe dei seri rischi per la stabilità finanziaria di alcuni paesi” spiega ancora Tentori.

 

“In conclusione, la valuta e l’obbligazione sono due facce della stessa medaglia. La competizione tra emittenti di obbligazioni si intensificherà nei prossimi due anni e non tutte le tesorerie si trovano nella posizione di vantaggio del Tesoro statunitense. In uno scenario di inflazione da asset finanziari, saremo obbligati a scegliere in che valuta investire e che proporzione di asset finanziari e reali detenere nei nostri portafogli. Queste sono due decisioni di importanza vitale per i prossimi anni” conclude lo strategist.

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