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Risparmio gestito, la promessa disattesa

11/7/2020

L’industria della consulenza e dell'asset management, nonostante il “benessere” che traspare dai numeri, su un punto è caduta, mostrando i due grandi difetti tipici del genere umano.


La pandemia sta enfatizzando le criticità del Paese e di ogni singola industria. Oggi molti si lamentano per problemi che, ad essere onesti, erano già evidenti prima del 2020. Ma come affermava Charles Bukowski: “Il genere umano ha molte debolezze, ma le due principali sono: l’incapacità di arrivare in orario e incapacità di mantenere le promesse”. E la pandemia ha mostrato i forti ritardi del genere umano in molti ambiti e la totale incapacità di mantenere le promesse di molte figure politiche (e non solo).

 

Se guardiamo al mondo della consulenza finanziaria e del risparmio gestito, nonostante il “benessere” che traspare dai numeri di raccolta e dai bilanci di diverse società, c’è un punto dove anche la nostra industria è caduta mostrando i due grandi difetti del genere umano: l’educazione finanziaria. 

 

Tra i tanti effetti della crisi ce ne sono tre che stanno enfatizzando la forte debolezza dell’Italia sul fronte educazione finanziaria: l’impatto sulle economia delle famiglie, che richiede una forte capacità di pianificazione finanziaria per contenere i rischi; l’impulso alla digitalizzazione, che ha visto una fortissima accelerazione del cosiddetto FinTech, un fenomeno partito già diversi anni fa ma che in un anno ha raggiunto livelli che in teoria doveva raggiungere in 5 anni. Peccato che l’alfabetizzazione digitale degli italiani non si è mossa così rapidamente; infine, l’impulso alla finanza sostenibile, le imprese spingono in questa direzione ma i fondi di investimento ESG sono fermi a quota 850 miliardi di dollari a livello globale, ovvero a meno del 2% dell’AUM complessivo dell’industria dell’asset management internazionale.

 

E così ci troviamo alla conclusione del mese dell’educazione finanziaria (ottobre, ndr) con un monito di Carmine Di Noia (Commissario Consob) che indica come principali obiettivi dell’educazione finanziaria nello scenario delineato dalla crisi: l’aumento del cosiddetto  financial control (pianificazione e quindi capacità di individuare i propri obiettivi finanziari, risparmio, ecc.) per aumentare la capacità di resistere agli shock; l’innalzamento delle competenze digitali dei cittadini che rischiano scelte scorrette per un inadeguato utilizzo di alcuni nuovi strumenti; l’avvicinamento agli investimenti sostenibili che sono desiderati da molti, ma considerati da pochi investitori. 

 

Ma non erano tre sfide centrali per l’industria già da anni? Forse serve un mea culpa di tutti gli attori dell’industria perché siamo arrivati a questa crisi lasciando le famiglie “impreparate”. Forse serve un approccio più pratico all’educazione finanziaria che ci porti ad aiutare i cittadini non a perdere il diritto di compiere sciocchezze, ma guadagnare il diritto di scegliere gli intermediari e i partner “finanziari” che non gliene facciano compiere, come ricordava Louis Loss, professore di Harvard di cui fu allievo Guido Rossi. 

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