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Petrolio: l'Opec passi dalle intenzioni ai fatti

9/29/2016

L'accordo tra i paesi membri rappresenta il primo taglio della produzione dal 2008, ma il deal deve essere messo a punto prima del vertice ufficiale del 30 novembre


Quello di ieri potrebbe essere una giornata storica per l'Opec, organizzaizone dei paesi produttori. Una giornata in cui è stata messa in discussione la strategia “pump-and-dump” introdotta dall’Arabia Saudita a novembre 2014, quando gli Stati membri nel meeting di Algeri, hanno deciso di tagliare la produzione fino a 700.000 barili al giorno, in base alle disposizioni che dovrebbero essere definite nel corso del prossimo meeting ufficiale del vertice ufficiale del 30 novembre a Vienna. Sarebbe il primo taglio in otto anni e rappresenta un tentativo di sostenere il processo di riequilibrio reso difficile dal continuo aumento della produzione da parte di diversi Stati membri dell’Opec e della Russia negli ultimi mesi. IL condizionale, però, è più che mai d'obbligo: se non si trova un accordo prima dell'incontro del 30 novembre, l’impatto non sarà avvertito prima del prossimo gennaio.

"L’obiettivo è dare supporto al mercato, con effetti contenuti, fino a quando l’eccedenza di offerta mostrerà i primi segnali di contrazione. Restano tuttavia molte domande senza risposta" spiega Ole Hansen, head of Commodity Strategy di Saxo Bank. Eccole: quali sono i Paesi che procederanno al taglio della produzione, considerando che alcuni Stati membri, come la Nigeria, la Libia e l’Iran, saranno probabilmente esclusi dall’accordo? Chi compenserà il potenziale incremento della produzione di Nigeria e Libia? Verranno fatte delle stime indipendenti sulla produzione oppure ci si affiderà ai dati dei singoli Paesi, che spesso tendono ad essere superiori? Quando vedremo l’effetto del taglio?

"Alcune di queste domande riguardano nello specifico l’Arabia Saudita, a cui potrebbe essere chiesto il maggiore sforzo per la riduzione della produzione. Produrre meno barili a un prezzo maggiore potrebbe rappresentare una buona opportunità, oltretutto in un periodo dell’anno in cui la produzione verrebbe in ogni caso ridotta" prosegue l'esperto. Hansen ricorda che hedge-fund hanno aumentato la loro posizione lorda di vendita del 50% la scorsa settimana, prima delle recenti oscillazioni del prezzo e che in futuro il rally potrebbe proseguire se risultassero necessarie ulteriori riduzioni.

"Il Brent è ancora al di sotto del recente picco di agosto, quando il ministro dell’energia saudita si è espresso sulla possibilità di mettere in atto congelamento della produzione. 
Il diavolo, però, è nei dettagli. Questa è stata una decisione semplice, se paragonata alla difficile contrattazione che avrà luogo in vista del meeting del 30 novembre" conclude Hansen che per i prossimi mesi si aspetta prezzi nel range 45 - 50 dollari al barile. Per l'esperto, infine, la Russia prendesse parte alle trattative, si potrebbe dare vita a un accordo ancora più efficace, forse in grado di spingere il petrolio fino ai livelli visti a luglio.

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