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Banche regionali, il fintech è la ricetta giusta per crescere

11/30/2021 | Redazione Advisor

Secondo gli analisti di Credimi la scelta potrebbe essere tra "farsi acquisire da grandi gruppi, fondersi con istituti di dimensioni simili o innovare il modello di business con la tecnologia"


Le banche regionali sono un’importante risorsa italiana. Un sistema di riferimento per il tessuto imprenditoriale dei territori, al cui sviluppo hanno sempre dato un contributo rilevante. Sabino Costanza, co-founder e responsabile strategy & funding di Credimi e Tiziana Marongiu, responsabile business development di Credimi, sottolineano che “gli istituti di minori dimensioni sono garanzia di maggiore competizione, maggiore diversità strategica, e quindi maggiore resilienza del sistema”.

Gli analisti rilevano che “questo valore oggi rischia di andare disperso, per una serie di trend strutturali e di sistema non invertibili. Tutte le banche sono di fronte a un bivio che è determinato dalla forte pressione sui margini: la scelta è spesso tra consolidamento e innovazione. Ma le banche regionali soffrono più della media, essendo più piccole, e non potendo quindi affidarsi alle economie di scala generate dalla dimensione”.

Ma perché le banche regionali sono un valore? Per diverse ragioni, rispondono. “Perché da statuto hanno la focalizzazione sul territorio e l’obiettivo di esercitare su di esso un impatto positivo. E perché sono vitali per i mercati locali: la loro presenza aumenta la concorrenza e consente di portare servizi migliori o costi più bassi per i fruitori. Inoltre, grazie a maggiore diversità strategica garantiscono maggiore resilienza al sistema finanziario. Tuttavia, la competizione a cui le banche più piccole sono state sottoposte fin dagli anni ’90 è stata impari. Prima le banche sistemiche hanno ‘invaso’ i territori con offerte di prodotto più ampie e costi più bassi per i clienti, potendo contare su economie di scala che alle piccole non sono consentite”.

E torniamo alla premessa degli economisti: “Se il modello di business delle banche regionali fa fatica nel nuovo contesto, si deve cambiare. L’obiettivo deve essere quello di ampliare il mercato e/o l’offerta. Lo si può fare in due modi: o attraverso l’M&A, che però porta a confluire in gruppi bancari di grandi dimensioni e di fatto a una perdita di identità o minore competizione sui territori; oppure innovando con la tecnologia. Un’offerta digitale consentirebbe alle banche regionali di estendere il raggio di azione su tutto il territorio nazionale e dunque aumentare la possibilità di impiego, oltre che di rispondere alla domanda di snellezza e flessibilità dei clienti. Ma ci sono anche in questo caso alcuni ostacoli da superare: il primo è che gli investimenti in IT richiedono risorse ingenti, spesso indisponibili per soggetti di piccola dimensione, la seconda è che i sistemi IT sono spesso non proprietari e quindi vincolati a tempi e modalità del fornitore. Infine, c’è un tema di competenze: attrarre nelle province sviluppatori capaci e aggiornati non è così scontato”.

Una via d’uscita? “Il fintech, che contiene un elemento distruttivo per il settore, può essere invece usato dalle banche regionali per ampliare offerta e possibilità di impiego. Ci sono casi virtuosi come quello di Banca Sella che ha saputo diventare una banca digitale a tutto tondo. E ci sono, sempre più, collaborazioni tra fintech e banche regionali. Per esempio, noi di Credimi in primis abbiamo finalizzato vari accordi in questo senso con Banco Desio, Banca del Piemonte, Banca di Asti, Banca Popolare Pugliese. Sinergie che hanno spesso portato a collaborazioni di varia natura e alla fruizione da parte dei clienti di un mix di servizi tradizionali e innovativi e che andranno sempre di più nella direzione di utilizzo della nostra tecnologia da parte degli istituti bancari. Queste collaborazioni da un lato consentono alle banche di gestire meglio i rischi, differenziandoli, e quindi di diventare più sostenibili. Dall’altro, offrono agli operatori fintech un canale di accesso preferenziale a fondi più ampi e più economici. E infine, garantiscono ai clienti finali un servizio digitale a condizioni competitive”.

Gli analisti sottolineano che “che la tecnologia abilita la possibilità di portare al cliente, e sul territorio, una quantità di servizi e prodotti più ampio e che quindi il valore dell’asset strategico principale delle piccole banche, la relazione con i clienti, viene non svilito ma bensì moltiplicato dalla tecnologia. Credimi oggi permette di offrire nuovi prodotti di credito con una offerta di ‘lending as a service’ ma altri operatori potrebbero portare nuovi servizi, ad esempio di pagamento con Satispay, ma ci sono anche servizi di investimento o una miriade di nuovi altri prodotti offerti come servizi (l’offerta di prodotti as a service è in grandissimo aumento e rappresenterà uno dei trend principali dei prossimi anni)”.

“Le banche regionali – concludono Costanza e Marongiu - potrebbero attrezzarsi con dei kit di offerta fintech portando ai clienti soluzioni a volte anche migliori, e con uno human touch molto più caldo, rispetto alle grandi banche”.

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