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Valido il contratto quadro firmato solo dal cliente

1/25/2018 | Manuela Malavasi*

Con la sentenza n. 898 del 16 gennaio 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato la validità dei c.d. contratti quadro per la prestazione di servizi di investimento, sottoscritti solo dal cliente e non dal funzionario della banca


Con la sentenza n. 898 del 16 gennaio 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato la validità dei c.d. contratti quadro per la prestazione di servizi di investimento, sottoscritti solo dal cliente e non dal funzionario della banca.

La pronuncia riguarda profili di indubbio interesse applicativo dal momento che, nella prassi, i contratti tra banca e risparmiatore vengono solitamente perfezionati per scambio di proposta dell’intermediario e successiva accettazione del cliente e non sempre gli istituti di credito conservano una copia dei contratti da loro sottoscritti, limitandosi ad archiviare la copia dell’accettazione firmata dall’investitore.

 

Nel 2016 la Sezione I della Cassazione si era pronunciata più volte nel senso della nullità dei c.d. contratti quadro firmati solo dal cliente per mancanza della forma scritta richiesta dall’art. 23 TUF, che impone, a pena di nullità rilevabile solo dal cliente, la redazione del contratto quadro per iscritto e la consegna di un esemplare all’investitore.

Tale orientamento giurisprudenziale, peraltro disatteso da alcune sentenze di primo grado, aveva destato particolare “preoccupazione” nel mondo bancario in quanto la nullità del contratto quadro può essere invocata dai risparmiatori per ottenere “a cascata” una pronuncia giudiziale di nullità dei singoli investimenti effettuati in forza di quel contratto quadro, con conseguente obbligo per l’intermediario di rimborsare degli importi investiti. Di fatto, il principio sancito dalla Cassazione nel 2016 offriva ai risparmiatori, che volevano andare esenti dalle perdite subite in un investimento finanziario, la possibilità di pretendere la restituzione di quanto investito, semplicemente contestando la mancanza della firma della banca nel contratto quadro, senza dover entrare nel merito delle singole operazioni di investimento e del rispetto degli obblighi di condotta posti a carico dell’intermediario.

Per di più, il principio affermato dalla Cassazione era suscettibile di essere applicato anche ad altri contratti bancari (es. i finanziamenti) per i quali è prevista la forma scritta a pena di nullità, con conseguente possibilità per il risparmiatore di ottenerne la “caducazione” per mancanza della firma del funzionario.

 

Le Sezioni Unite, con la pronuncia del 16 gennaio, hanno invece dato rilievo alla ratio dell’obbligo di forma scritta posto dall’art. 23 TUF: assicurare al cliente di conoscere e di poter all’occorrenza verificare, nel corso del rapporto, tutte le condizioni e i termini del contratto. Secondo la Suprema Corte, quindi, il requisito della forma scritta risulta rispettato ove il contratto quadro sia redatto per iscritto, sottoscritto dal cliente e ne venga consegnata una copia al cliente (il che solitamente risulta da una dichiarazione di ricezione del contratto, contenuta nella copia firmata dall’investitore). Non è invece necessaria la sottoscrizione dell’intermediario, il cui consenso può essere desunto da comportamenti concludenti, quali l’esecuzione degli ordini di investimento e la trasmissione al cliente degli estratti conto. Sulla scorta di tali principi, gli Ermellini hanno cassato una sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva condannato un intermediario a restituire al cliente l’importo investito in obbligazioni argentine, per il semplice fatto che non era stata provata in giudizio la sottoscrizione del contratto quadro da parte della banca.

Al di là del singolo caso in esame, comunque, la pronuncia delle Sezioni Unite risulta essere di particolare importanza (basti pensare a tutti i filoni di contenzioso derivanti dai crack finanziari), precludendo ai risparmiatori la possibilità di vincere “facilmente”, sulla base del mero rilievo formale della mancanza della firma. D’ora in poi, il contenzioso finanziario si giocherà principalmente sull’analisi delle effettive criticità dei singoli investimenti, dell’adempimento dei doveri informativi (art. 21 TUF) e del rispetto dei principi di adeguatezza/appropriatezza dell’investimento proposto rispetto al profilo del cliente.

 

 

*partner di BonelliErede

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