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Banche & Reti: tanti attori, poche strategie

10/24/2020 | Giuseppe G. Santorsola*

In definitiva, emergono poche differenze e si registra una dispersione di costi concentrati in iniziative tra loro in contrasto e un numero di “banchieri” insufficiente rispetto alla copertura dei ruoli. Su tutto ciò aleggiano anche…


Dopo l’incorporazione ormai in corso di Intesa Sanpaolo nei confronti di UBI, il sistema bancario italiano intravede l’opportunità, o la necessità, di ulteriori operazioni di M&A per razionalizzare la propria struttura sia per tendenza naturale del settore sia per affrontare le condizioni conseguenti alla crisi in atto. Le banche protagoniste presentano condizioni molto diverse fra loro. Alcune sono in crisi strutturale, con azionariato provvisorio (gli interventi di sostegno pubblici per MPS e Banca Popolare di Bari), altre sono protagoniste di acquisizioni conseguenti alle decisioni Antitrust nell’operazione Intesa/UBI (BPER), altre escono con risultati comunque efficaci da crisi precedenti (Credito Valtellinese). 

 

A latere vi sono le banche straniere presenti in Italia da tempi diversi con soluzioni e prospettive ciascuna particolare (Deutsche Bank, Crédit Agricole e BNP Paribas/BNL). Un’ulteriore visione laterale è offerta dai due maggiori GBC del mondo cooperativo (ICCREA e CCB); quest’ultima è protagonista dell’intervento a sostegno dell’altra da tempo in condizioni difficili (Carige). Il quadro è completato da Banca Popolare di Sondrio e Credem che, avario titolo e con comportamenti non omogenei, mantengono una posizione isolata in condizioni di adeguatezza patrimoniale e con risultati economici relativamente soddisfacenti. Restano altre banche con posizionamenti stabili e radici territoriali forti (Banco Desio e Banca Sella) e alcune popolari o banche minori per le quali si discutono operazioni guidate con moral suasion dalla Banca d’Italia.

 

Lo scenario qui descritto impatta nelle attività di intermediazione finanziaria (risparmio gestito, soprattutto nell’area wealth e distribuzione di servizi e strumenti). Altrettanto interesse è coperto dalle attività nel segmento assicurativo, ormai integrato in molti soggetti economici bancari, con l’importante eccezione di Generali che sviluppa una propria strategia “trivial”, assimilabile solo a quella di Allianz (dopo la confluenza nell’area BPER di Unipol). Ulteriore polo è coperto da Banca Mediolanum, Fineco e Azimut più dirette verso l’attività finanziaria e meno verso quella bancaria tradizionale. Completano il quadro operatori “differenti” quali Mediobanca, BancoPosta, le neo-banche o alcuni operatori specialisti (Illimity, Compass e Chebanca!). 

 

In questo scenario appare giocare un ruolo importante, ma “diverso”, il mondo politico che segue alcuni indirizzi non sempre condivisi al proprio interno, non sempre coerenti con scelte dei mercati e degli operatori. Lo spazio di intervento è stato creato e consentito dalle difficoltà nel reperimento di soci in grado di coprire gli ingenti fabbisogni di ricapitalizzazione di alcuni protagonisti storicamente insediati, ma non attrattivi per nuovi capitali di rischio. Ha inciso anche il timore che alcuni operatori potessero risultare “preda” di investitori istituzionali e bancari esteri; una presenza non desiderata da molti attori che hanno così preferito - in attesa di scenari diversi - l’intervento pubblico, con soluzioni la cui costruzione fosse in linea con le direttive europee ed i vincoli sugli aiuti di Stato. Ruoli determinanti sono stati conferiti in particolare a CDP e a Mediocredito Centrale e, quindi, alla possibilità di utilizzare a vario titolo il risparmio postale. L’incertezza in prospettiva del quadro politico rende instabile il perseguimento di piani industriali adeguati alle esigenze e alle condizioni di scenario.

 

In definitiva, troppi attori ancora non motivati verso azioni comuni, poche strategie differenti tra loro, dispersione di costi concentrati in iniziative tra loro in contrasto e un numero di “banchieri” insufficiente rispetto alla copertura dei ruoli. Su tutto ciò aleggiano anche l’applicazione delle direttive CRD/CRR, BRRD e IAS/IFRS e il vincolo sul trattamento degli NPL. Necessitano scelte forti e originali che risolvano le criticità in essere.

 

*Professore Ordinario di Asset Management,
Corporate Finance e Corporate & Investment Banking.
Università Parthenope di Napoli

articolo chiuso il 16 settembre 2020 e pubblicato sul numero di Ottobre di ADVISOR

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