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ConsulenTia 2015, il paternalismo "europeo" è un limite per l'industria

2/4/2015 | Francesco D'Arco

I dati di una ricerca firmata Bocconi confermano il buon momento delle reti di promozione finanziaria. Ma il settore deve ora fare i conti con un eccesso di regole che si traduce in "paternalismo"


Anche i dati lo confermano: gli operatori che offrono servizi per conto terzi e vantano un grado di specializzazione nell'ambito dell'intermediazione oggi possono contare su un Roe maggiore rispetto ai big player del mondo bancario. Ma se si guarda alla redditività lorda, gli operatori specializzati devono fare i conti con un livello medio pari a 109 basis point, contro i 357 basis point dei grandi attori del mondo bancario. Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca "I servizi di investimento in Europa. Modelli di business e impatto della Mifid2" realizzata dall'Università Bocconi e presentata dalla professoressa Paola Musile Tanzi in occasione della plenaria di apertura della seconda giornata di ConsulenTia 2015, evento organizzato da Anasf e in corso in questi giorni a Roma.

 

"La ricerca ci offre delle indicazioni molto importanti sul valore della nostra industria" ha subito commentato Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti che ha aperto il dibattito portando l'attenzione sul "paternalismo" eccessivo della Commissione Europea che spinge verso un eccesso di regolamentazione. Ma un eccesso che non spaventa il mondo delle reti. "La nostra forza risiede nella nostra capacità di adeguarci costantemente a quelli che sono i costi della regolamentazione. Per questo" continua Tofanelli "non temiamo in questo momento gli effetti della Mifid 2 e della conseguente product governance che spinge ad elevare la qualità del servizio". Anche perché la qualità del servizio delle reti è già elevato.

 

E di questo ne è convinto anche Sergio Albarelli, vicepresidente di Assogestioni e numero uno in Italia di Franklin Templeton Investments, che ha sottolineato: "Dalla ricerca emerge chiaramente che siamo di fronte a un mercato europeo caratterizzato da diversi modelli di business e da operatori molto diversificati tra loro". E questo rende difficile l'armonizzazione delle regole del gioco.

 

A riguardo si è alzato un coro unanime tra gli operatori presenti in sala contro l'eccesso di regolamentazione che spinge "gli operatori dell'industria dell'asset management a dedicare molto tempo a pensare all'impatto della normativa con un aggravio in termini di risorse imponente" ha spiegato Albarelli. "Se a questi aggiungiamo il problema della fiscalità è evidente che lo scenario presenta numerosi ostacoli per la crescita" gli fa eco Laura Zaccaria, responsabile direzione norme e tributi dell'ABI che però ha ricordato la capacità dell'industria di crescere in questi sette anni nonostante la crisi.

 

Una crescita che non deve essere bloccata, secondo Maurizio Bufi, presidente Anasf, da un'interpretazione errata del concetto di consulenza finanziaria: "il sevizio di consulenza finanziaria deve creare valore e per farlo è importante misurare anche l'attività di monitoraggio continuo, la gestione del rapporto con il cliente, il comportamento dei singoli professionisti. Tutti questi elementi richiedono un'impegno costante e un'attività di formazione continua da parte dei consulenti finanziari (ex-promotori finanziari), per questo ritengo che l'attività di consulenza deve essere remunerata". Una remunerazione che però non deve basarsi sulla semplice distinzione tra consulenti indipendenti e non indipendenti. È importante andare oltre e superare quei limiti rigidi che l'Europa impone.

 

Limiti che, ha concluso Christian Atzen, in qualità di rappresentante della Commissione Europea, spesso sono legati alla difficoltà che l'Europa ha nel creare norme in grado di creare un mercato unico nel rispetto della specificità dei singoli paesi. 

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