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"MiFID II: non alteriamo norme a difesa del risparmiatore"

6/13/2017

Maurizio Bufi, presidente di Anasf, esprime forti perplessità sull'inserimento dell'articolo 30bis nel testo del decreto attuativo della direttiva europea che estende l'offerta fuori sede alle SCF e ai fee-only


In Parlamento prosegue l’esame del decreto attuativo della MiFID 2. L’inserimento dell’articolo 30bis nel testo, che estende l’offerta fuori sede agli autonomi, ha trovato sul mercato difensori e detrattori. Considerando le voci più autorevoli del mondo degli ex promotori, Assoreti è stata molto critica su questo punto e anche da parte di Anasf, l'associazione presieduta da Maurizio Bufi (nella foto), nei giorni scorsi sono emerse non poche perplessità a riguardo. Ascosim, che rappresenta i fee-only, invece ritiene inutili, se non addirittura strumentali, certi allarmismi.


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Presidente Bufi, che idea si è fatto del dibattito in corso?

Prima di entrare nel merito della questione, mi preme sottolineare una questione di metodo. Nella consultazione avviata a suo tempo dal Mef in merito all’applicazione in Italia della MiFID II l’articolo 30bis, che estende l’offerta fuori sede anche i consulenti autonomi, non c’era ed evidentemente è stato inserito dopo. Vorrei far notare, tuttavia, che in genere le authority e il legislatore ricorrono alle consultazioni per sondare in modo pubblico e trasparente il parere di tutti gli stakeholder coinvolti e, pertanto, sarebbe stato più opportuno inserirlo prima e non dopo, ex novo.

Del resto le consultazioni si fanno anche per questi motivi, altrimenti è inutile farle. Il presidente di Ascosim, nel suo intervento, ha detto che la vostra, come quella di Assoreti, è una difesa di territorio. È d’accordo?
Anasf non sta difendendo il proprio orticello, come erroneamente qualcuno vorrebbe far credere, ma si è unita al coro di coloro che vogliono difendere la bontà dell’offerta fuori sede così come è stata delineata a suo tempo dal legislatore italiano. Abbiamo già scritto le nostre preoccupazioni in merito e condividiamo la posizione espressa di recente da Assoreti, che va nella stessa direzione di quanto già abbiamo fatto notare al legislatore. Dal punto di vista prettamente normativo, faccio notare inoltre che la MiFID II non tratta in dettaglio il tema della distribuzione fuori sede per i fee-only, anche perché l’offerta fuori sede in Italia è appunto un caso a sé che la direttiva europea non poteva contemplare. Posso capire che chi ha inserito questo nuovo articolo abbia voluto dare una maggiore omogeneità all’interno del nuovo albo attraverso un processo di osmosi tra le differenti sezioni, proponendo anche per le due nuove sezioni le competenze che riguardano la sezione storica e numericamente più importante e cioè quella degli ex promotori, che oggi si chiamano consulenti abilitati all’offerta fuori sede. Ma il rischio di confondere i ruoli e di annacquare la professionalità consolidata di una categoria, che sa fare l’offerta fuori sede e la fa da decenni, è davvero alto. Le nostre perplessità, condivise con Assoreti, riguardano appunto l’unicità della materia che è stata nel tempo costruita proprio a difesa del risparmiatore e che rischia di snaturarsi, inserendo nuove norme che vanno a intaccarne le fondamenta.

Ci può spiegare il perché?
Il motivo è presto detto: alla base della prestazione del servizio di consulenza e di collocamento di prodotti di risparmio gestito da parte dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede vi è il principio di responsabilità solidale dell’intermediario in tutte quelle procedure non conformi alla normativa disposta in materia e che provocano una perdita economica nel patrimonio dell’investitore. Il punto è che questo presupposto non sussiste per i consulenti autonomi. E lo è per un motivo chiaro anche ai non addetti ai lavori: i consulenti autonomi non sono legati ad alcuna società mandante. Ecco perché estendendo l’offerta fuori sede anche a questi soggetti si rischia di ridurre le difese messe in campo fino a oggi a tutela degli investitori al dettaglio, perché comunque il risparmiatore, che riceve le raccomandazioni personalizzate, deve poi tramutarle nell'acquisto di prodotti finanziari in banca o presso un intermediario.

Tuttavia, Ascosim ha fatto notare che la questione è di libera concorrenza: stralciando il 30bis si andrebbe a ostacolare lo sviluppo della consulenza indipendente, che già da molti anni aspetta la costituzione di un albo ad hoc per i consulenti fee only.
A differenza di Scolari penso che siano presenti già oggi ampi spazi di mercato da occupare e che l’offerta fuori sede non sia peculiare dei consulenti autonomi e delle società di consulenza finanziaria. E non credo che una risposta negativa da parte del legislatore possa pregiudicare l’attività dei consulenti indipendenti e delle SCF, che può normalmente svilupparsi attraverso la prestazione del servizio di consulenza presso la sede legale. L’articolo 30bis, come è stato formulato, inoltre, fa sorgere un problema di vigilanza. Il legame garantito dal rapporto tra mandante e mandatario crea i presupposti per una migliore gestione da parte del Regolatore delle attività di controllo e sanzione. Altra cosa sarà il monitoraggio capillare dei consulenti autonomi e delle società sul territorio; un’attività onerosa che richiederà non poche risorse anche in termini di uomini e risorse economiche.

I fee-only dicono che vi siete appropriati del nome “consulente finanziario”. Che cosa risponde a queste accuse?
Ascosim e le altre associazioni che rappresentano il mondo dei cosiddetti fee-only si arrogano la titolarità del nome consulente finanziario indipendente, ma commettono un errore attribuendo le facoltà al soggetto e non all’attività stessa. Tant’è che proprio la nuova normativa di settore stabilisce che un intermediario possa prestare sia il servizio di consulenza su base non indipendente, comunque garantendo un'ampia gamma di prodotti e retribuito attraverso le commission fee, sia il servizio di consulenza indipendente, retribuito a parcella e senza rebates, purché le reti di consulenti siano separate. Quindi, è erroneo e fuorviante dire che i consulenti indipendenti siano solo i consulenti autonomi. È vero che le reti hanno detto che sono pronte per il servizio di consulenza su base non indipendente, ma è verosimile che in futuro si affianchi anche la modalità "indipendente" ed è normale che ora prevalga il modello "tradizionale". Va ribadito che, quale che sia il modello scelto, il consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede è il professionista che fornisce un servizio completo, cioè di consulenza e collocamento, all'interno di una stessa veste professionale, garantendo, secondo le nuove regole, un elevato livello qualitativo nell'erogazione della prestazione.

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