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Consulentia19, "evitiamo la parabola discendente"

2/6/2019

Maurizio Bufi (Anasf) invita ad aprire un tavolo di lavoro continuo e costruttivo con le associazioni e le reti per evitare che la rendicontazione si trasformi in un boomerang per consulenti e clienti.


“I consulenti finanziari rappresentano l’anello che unisce l’industria del risparmio ai risparmiatori. E in quanto centro della relazione rischiano di pagare un costo non dovuto perché i clienti potrebbero credere che i benefici maggiori delle commissioni versate per il servizio siano appannaggio del consulente. Dobbiamo, come industria, evitare questo errore di percezione”. Eppure, nonostante le numerose dichiarazioni degli ultimi anni delle reti, ad oggi alcuni consulenti hanno visto ridursi la remunerazione, ma questa riduzione non è stata accompagnata da un calo dei costi per il cliente finale: “Se questa tendenza venisse confermata il settore rischierebbe una parabola discendente perché dovrebbe fare i conti con l’insoddisfazione dei professionisti e con quella dei clienti”. Maurizio Bufi, presidente Anasf, nell’intervento di apertura del convegno inaugurale di Consulentia 19, l’evento in corso in questi giorni a Roma, non ha lasciato spazio a interpretazioni e, prima della tavola rotonda che ha riunito insieme i vertici delle prime 10 reti di consulenza finanziaria, ha lanciato messaggi chiari e provocatori. Con l’obiettivo ultimo di ricevere “risposte concrete” sui grandi temi che ancora attanagliano il settore: la remunerazione dei cf, la tecnologia, il ricambio generazionale, la formazione professionale. 

 

Sfide che, a detta di Bufi, i consulenti finanziari sono pronti a raccogliere e, anzi, hanno già raccolto. Su tutte quella di aumentare la propria produttività e di modificare le proprie competenze. Insomma, “i consulenti sono pronti a svolgere il loro ruolo in maniera nuova e differente, ma deve essere chiaro che questo ruolo deve essere remunerato” ha chiarito il presidente Anasf che ha lanciato un diktat chiaro: “i consulenti finanziari devono partecipare ai ricavi per almeno 1/3 del totale. È questo il riconoscimento minimo per il ruolo che svolgiamo. È questo l’investimento che devono avere le reti per potenziare il rapporto fiduciario”. 

 

Da qui l’appello esplicito alle associazioni del settore per un confronto aperto su temi quali la remunerazione, gli investimenti, la formazione. Un confronto che “avviene in altri contesti ma che su queste tematiche non si concretizza, salvo casi singoli. Ecco perché” ha affermato Bufi “Anasf non lascerà nulla di intentato sulla gestione del rapporto con le mandanti, ma anche della relazione con le autorità. Il nostro impegno è confermato e sarà continuo”. 

 

Quali sono state le reazioni delle reti? Tendenzialmente di apertura al dialogo, ma i dieci manager coinvolti nella tavola rotonda hanno accolto le provocazioni rilanciandole verso la platea che ha, diversamente da altri anni, seguito senza reazioni corali confermando l’esistenza di una fase di limbo per l’industria. In particolare, Mauro Albanese, direttore commerciale rete PFA & Private Banking di FinecoBank, ha invitato tutti a non concentrarsi esclusivamente su ambiti diversi da quello finanziario, “importanti, ma non dobbiamo dimenticare che guardando al nostro core business, sono ancora molti gli ambiti che possiamo conquistare. Abbiamo la fortuna di non subire pressioni concorrenziali perché  il tempio della banca tradizionale è ormai caduto, quindi possiamo più che raddoppiare la nostra quota di mercato del 15%”. 

 

Ha, invece, invitato i cf e l’industria a diversificare le fonti Marco Bernardi, vice direttore generale ‘Reti Commerciali, Canali Alternativi e di Supporto’ di Banca Generali, che ha affrontato senza timore il tema della remunerazione che in “Banca Generali è caratterizzata da una crescita degli incentivi molto forte, anche con aspetti variabili che ci hanno permesso di aiutare il 70% delle nostre reti”. Ma il tema centrale, a detta del manager, deve essere la “crescita. Una crescita che si può ottenere se tutti, società e cf, investiamo anche nei servizi non finanziari”.

 

Gli hanno fatto eco Fabio Cubelli, Condirettore Generale Responsabile Area Coordinamento Affari Fideuram ISPB, e Gianluca Bosisio, Direttore Generale Banca Mediolanum, che hanno evidenziato che il settore è protagonista di un modello di servizio vincente e in continua crescita. Per fare in modo che questo trend prosegua anche in futuro è necessario che tutta l’industria della consulenza finanziaria continui ad investire su tre leve: offerta sempre più specializzata, formazione e recruiting. 

 

“Siamo a un punto di svolta e ci sono margini di crescita enormi” ha ribadito anche Dario Di Muro, Direttore Generale IWBank Private Investments, “Tutto lascia pensare che è un momento eccezionale per noi. Ma non dobbiamo giocare in difesa. Dobbiamo cambiare approccio”. Pensiero condiviso da Silvio Ruggiu, Head of Advisory Clients Italy Deutsche Bank Financial Advisors, che ha affermato: “non possiamo restare nell’area vorrei ma non posso. Il cf è un pivot che deve gestire clienti privati, famiglie e imprese”.

 

È indubbio, però, che “bisognerà segmentare l’offerta in base al cliente. Prevedere un approccio strutturato per allocare il tempo e il servizio nel migliore dei modi” ha sottolineato Mario Ruta, Direttore Commerciale Allianz Bank Financial Advisors.

 

In questo scenario è sicuro che “il modello di pricing dell’industria cambierà” ha affermato infine Paolo Martini, Co-Direttore Generale Azimut Holding e Amministratore Delegato Azimut Capital Management, che ha annunciato il lancio entro l’anno di un servizio di consulenza patrimoniale con un modello di remunerazione nuovo per i cf. A riguardo sono intervenuti anche Ferdinando Rebecchi, Responsabile Sviluppo e Consulenza Finanziaria BNL Gruppo BNP Paribas – Life Banker, che ha condiviso l’idea di Bufi di dare più di un terzo dei ricavi ai cf, e Nicola Viscanti, Responsabile Rete Consulenti Finanziari Widiba, che ha aperto anche all’ipotesi di mandati alla persona giuridica.

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