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CF & Commercialisti, è scontro sul conflitto di interesse

10/3/2020

Anasf diffonde un documento per precisare alcuni passaggi del report con il quale il CNDCEC invitava a valutare la professione del consulente finanziario. E sul ruolo dei commercialisti avverte...


Sì ai commercialisti. No ai tuttologi. Potremmo sintetizzare così la reazione di Anasf al documento ““Il commercialista e la consulenza finanziaria agli investimenti” redatto dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili che invitava esplicitamente i professionisti iscritti all’ordine di categoria di guardare al mondo della consulenza finanziaria come possibile nuovo sviluppo della propria attività. Anche perché adesso quel settore - la consulenza - è dominato dai consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede che, a detta dei commercialisti, hanno un grande difetto: “non potrà mai avere come scopo principale l’interesse del cliente dell’intermediario (o meglio dell’investitore, stante le peculiarità del rapporto), poiché deve rispondere del proprio operato alla banca o alla SIM o alla SGR sua mandante”.

 

Un passaggio che non è stato gradito dall’associazione guidata da Luigi Conte che lo scorso 25 settembre ha redatto un documento che ha come obiettivo quello di “precisare alcuni passaggi” contenuti nel documento firmato dal CNDCEC. Soprattutto sul tema conflitto di interesse: “è certamente scopo del consulente “fare” gli interessi dei propri clienti. Pena, in termini economici, la diminuzione del portafoglio e quindi della propria remunerazione. Pertanto è evidente che si tratta di una convergenza di intenti che porta a una relazione virtuosa tra investitori e consulenti finanziari” chiarisce Anasf che rispedisce al mittente le accuse ricordando che il conflitto di interessi “potenzialmente può riguardare ogni categoria professionale”. 

 

Non solo, Anasf invita in maniera esplicita i commercialisti a: non mettere etichette che creano una distinzione tra consulenti buoni e consulenti cattivi (anche perché i fatti, ovvero le radiazioni e le sospensioni, dimostrano che ad oggi è bassissima la percentuale di soggetti interessati da azioni di vigilanza); non dimenticare l’importante ruolo che oggi svolge, ai fini dell’offerta del servizio di consulenza finanziaria, l’aggiornamento professionale previsto dalla MiFID, ma anche quello spontaneo e sempre più diffuso tra i cf abilitati all’offerta fuori sede (ovvero la certificazione Efpa); non presentarsi a priori come gli unici reali possessori della fiducia dei clienti, non solo le ricerche degli ultimi anni dimostrano il contrario, ma soprattutto l’era dei “tuttologi” è finita.

 

“Viviamo in un mondo che richiede sempre più specializzazione e profondità tematica, come si è accennato parlando dello sviluppo professionale dei team nella nostra attività; l’era dei tuttologi quindi volge alla fine” si legge nelle conclusioni del documento redatto da Anasf. “Si dovrebbe quindi più opportunamente auspicare che le norme vengano maggiormente armonizzate e si trovino modalità opportune per consentire collaborazioni più efficaci tra professionalità diverse, per meglio rispondere alle esigenze dei cittadini, essendo quanto meno improvvido cercare di attribuire ad una sola delle professioni che entrano in contatto con la gente la capacità di soluzione universale su tematiche tipicamente così diverse”. Insomma, cari commercialisti se volete le porte sono aperte, ma entrate con il dovuto spirito di collaborazione. 

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