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Fondi: ecco come i risparmiatori finanzieranno le imprese

3/26/2014 | Massimo Morici

Al Salone del Risparmio 2014 focus su due nuove tipologie di fondi alternativi retail che permettono di investire nel credito alle imprese: Eltif e FIA italiani al dettaglio


A sostenere l'economia reale accanto al tradizionale sistema bancario e al private equity saranno in futuro anche due nuove tipologie di fondi alternativi accessibili anche alla clientela retail. Si chiamano Eltif e FIA italiani al dettaglio, due prodotti alternativi introdotti dalla normativa italiana (i secondi) e da quella europea (il testo della Commissione sugli Eltif è ancora in discussione a Bruxelles), la cui distribuzione sul mercato è attesa nei prossimi anni.

Prossimi allo sbarco sul mercato, in particolare, sono i FIA italiani al dettaglio, i fondi alternativi retail previsti nella nuova classificazione dei fondi comuni inclusa nell'ultima modifica al TUF, che introduce due categorie di fondi, gli OICVM italiani (fondi comuni e sicav) e gli OICR alternativi italiani (FIA), i quali a loro volta comprendono i FIA riservati (per investitori istituzionali, con una soglia d'ingresso abbassata a 250.000 euro) e appunto i fonti alternativi retail. Questi ultimi non prevedono una soglia di ingresso e possono concedere una parte del patrimonio del fondo sotto forma di prestiti alle imprese.

"Questi strumenti favoriscono l'accesso alle imprese a canali alternativi a quello del credito bancario e sono in grado di canalizzare ingenti risorse verso l'economia reale, in quanto disponibili anche ai risparmiatori" ha spiegato  Roberta D'Apice, direttore settore legale di Assogestioni durante una conferenza che si è tenuta al Salone del Risparmio 2014.

Luca Zucchelli, titolare della divisione SGR di Bankitalia, ha sottolineato invece i rischi legati alla diffusione di questi nuovi strumenti di risparmio, anche se ha ammesso che margini di crescita per questi prodotti non sono da escludere: nel 2013, stando ai dati di Via Nazionale che ha riassunto alla conferenza, solo il 3% dell'economia reale risultava finanziato dai fondi comuni tramite investimenti in azioni e corporate bond. "La crisi - ha spiegato l'esperto di Via Nazionale - ha messo in evidenza i problemi strutturali del sistema di finanziamento bancario, ma attenzione alle aspettative eccessive: i fondi comuni non sono strumenti volti a compensare il credit crunch e bisogna chiedersi se siano veramente convenienti sia alle imprese sia agli investitori".

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