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Assogestioni porta alla Camera tre proposte per rilanciare l’Italia

9/10/2020 | Redazione Advisor

Fabio Galli ha sottolineato la necessità di intervenire con nuove leggi sulle previdenza complementare, di mantenere un elevato livello di attrattività dei capitali verso le imprese che si quotano in Italia e di aumentare la centralità del Paese sull’attività di regolamentazione finanziaria dell’UE”


Nonostante la crisi generata dall’emergenza sanitaria, le masse finanziarie gestite dagli asset manager “sono cresciute nel 2020 grazie alla capacità degli italiani di risparmiare, che rimane vigorosa e potenzialmente è cresciuta, perché con l’abbassamento dei consumi alcuni segmenti della popolazione sono riusciti a risparmiare ulteriormente”. Così Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, durante il suo intervento in audizione alla VI Commissione Finanze alla Camera presieduta da Luigi Marattin, parlamentare di Italia Viva. “Da parte nostra, anche in questa condizione di incertezza, c’è quindi un messaggio di positività e ottimismo, con opportunità da cogliere e non problemi da risolvere”.

“Nessun disinvestimento da panico”

Durante il lockdown, “tra inizio marzo e fine aprile, non abbiamo verificato in Italia nessun fenomeno di disinvestimento da panico. Anzi, c’è stata una sostanziale tenuta dei flussi di investimento”, ha sottolineato Galli. Un fatto, ha aggiunto, “molto positivo” perché “riflette una maturazione nei comportamenti dei risparmiatori e la capacità dei gestori di offrire portafogli di investimento diversificati e dei consulenti di spiegare la congiuntura economica”. Unica criticità è che “le ingentissime risorse” che rimangono sui conti correnti “non vengono investite o vengono investite poco, non generando rendimento nel lungo termine”, dinamica “che invece potrebbe aiutare l’economia italiana”. Al punto che, spiega Galli, l’obiettivo dell’industria del risparmio gestito “è quello di fornire servizi sempre più adatti al profilo demografico ed economico delle famiglie italiane, per riuscire a condurre questa massa di risparmio verso investimenti in economia reale”

Un obiettivo già parzialmente raggiunto grazie alla ripartenza dei Pir tradizionali a inizio anno e al lancio dei Pir alternativi lo scorso maggio – traguardi superati “grazie a una buona sintonia tra maggioranza e opposizioni”, ricorda Galli, che soprattutto nel caso dei Pir alternativi ha permesso il varo di un volano di sviluppo di medio-lungo termine “che non esplica i suoi effetti nell’immediato, ma che in modo graduale potrà avere sugli investimenti non quotati e sulle società quotate nei segmenti delle pmi innovative (Aim in primis) un effetto simile a quello che i Pir tradizionali hanno avuto su Borsa Italiana in termini di raccolta – oltre 17 miliardi dal lancio di questi strumenti nel 2017 – e di offerte pubbliche iniziali (Ipo).  “E siamo certi”, aggiunge Galli, “che i Pir alternativi potranno contribuire in partnership con gli investimenti pubblici che si metteranno in campo nei prossimi mesi e anni” per far ripartire il sistema-Paese nel dopo Covid.

Previdenza complementare

Galli ha identificato tre nodi da sciogliere per far ripartire il Paese. Il primo è quello della previdenza complementare, che il direttore generale di Assogestioni riconosce essere “di impianto solido”, ma che da diversi anni non viene “revisionata e ripresa in considerazione” da un punto di vista legislativo. L’occasione per farlo potrebbe essere a portata di mano dal momento che, come ricorda Galli, nel prossimo anno e mezzo “diventeranno operativi i Pepps, i prodotti di investimento previdenziale individuale creati con regolamento dell’Unione Europea, che potranno avere un impatto non marginale sulla allocazione delle risorse previdenziali delle famiglie italiane”. Per Assogestioni è dunque “una priorità quella di guardare con attenzione al sistema di previdenza complementare, per adeguarlo a questa novità e cogliendo l’occasione per rilanciarlo”.

Galli ricorda come meno del 25% dei lavoratori del settore privato abbiano finora aderito a forme di previdenza complementare. “Questo Paese non avrà un pilastro realmente solido sul mercato dei capitali fintanto che le masse gestite dal sistema previdenziale non aumenteranno notevolmente. I Paesi che hanno un mercato dei capitali davvero liquido ed efficiente registrano tutti masse previdenziali superiore al 100% del pil, mentre noi siamo ben distanti da questa misura. C’è una grandissima esigenza ma anche una grandissima opportunità di rilanciare la previdenza complementare aumentando la conoscenza e l’appeal di questo segmento, che tra l’altro in termini di performance di medio-lungo termine dei prodotti previdenziali ha dato risultati positivi negli ultimi vent’anni”, ribadisce Galli.

La chiave è l’incentivo fiscale

Il cardine del sistema previdenziale di un Paese, la dinamica che determina l’interesse del risparmiatore ad accedere a un sistema vincolato e che porta a investire nel lungo termine “è l’assetto dell’incentivo fiscale”, evidenzia Galli, secondo cui uno dei principali problemi del sistema previdenziale italiano “è quello di essere in contrasto con la raccomandazione europea, che non prevede tassazione durante la fase di accumulazione dell’investimento”. Galli ricorda che il Parlamento europeo “ha deliberato ormai molti anni addietro la raccomandazione di adottare un sistema di tassazione che concede l’esenzione in accesso al sistema e in accumulo, e prevede la tassazione solo al momento del beneficio”.

La scelta del legislatore italiano è stata invece quella di tassare il risparmiatore anche durante la fase di accumulo. “Ricordo che la tassazione ‘per maturato’ è un sistema che può anche avere degli effetti distorsivi”, afferma Galli, sottolineando la mancanza nel nostro sistema pensionistico “di quell’elemento di incentivo che potrebbe essere calibrato meglio, dal momento che l’esenzione nel momento dell’accumulo libererebbe degli spazi gestionali”. Un provvedimento “a nostro avviso razionale, che si potrebbe valutare anche alla luce di un basso impatto in termini di finanza pubblica”, esorta Galli.

Corporate governance e diritti degli azionisti

Il secondo tema portato all’attenzione dei parlamentari riuniti nella VI Commissione Finanze alla Camera riguarda la questione della governance delle società quotate, in merito alla quale la preoccupazione dell’associazione “è quella di mantenere un elevato livello di attrattività dei capitali verso le imprese che si quotano in Italia”. Galli mette in guardia dall’introduzione di modalità di modifica delle strutture societarie, richiamando l’attenzione sul dibattito che ruota intorno alla modulazione dei diritti dei detentori di azioni, potenzialmente messi a rischio dall’introduzione di diritti differenziati.

“In particolare, mi riferisco a iniziative che – pur col fine positivo di rendere più attraente per l’azionista di controllo la permanenza in Italia – rischiano di disincentivare fortemente altri investitori a entrare nel capitale delle piccole e medie imprese che si quotano, o anche di quelle quotate da tempo”. Il rischio, sottolinea il direttore generale di Assogestioni, è di rendere le azioni di alcune società “assolutamente non investibili per molteplici classi di investitori”. Un effetto collaterale tanto più nocivo alla luce delle odierne dinamiche di mercato, in cui l’allocazione dei flussi finanziari è indirizzata anche dalle gestioni passive che seguono indici internazionali, i quali “hanno deciso di escludere le società che concedono forme di diversificazione dei diritti degli azionisti”, ricorda Galli.

Più peso in Europa

La terza tematica sottoposta all’attenzione dei policymaker di Montecitorio sposta i riflettori sull’attività di regolamentazione finanziaria dell’Unione europea, con particolare riferimento alle discussioni sugli aggiornamenti e sulle modifiche previste per le direttive MiFID e AIFMD che concernono la costruzione, il funzionamento e il collocamento dei prodotti finanziari negli Stati membri. Galli ha posto l’accento anche sulla ripresa delle discussioni intorno al progetto della Capital Markets Union, in corso di ulteriore definizione dopo i rallentamenti del 2019 che hanno fatto seguito al rinnovo del parlamento europeo. “Tutti questi fronti presentano rischi e opportunità per il sistema finanziario italiano”, spiega Galli, sottolineando la necessità per il nostro Paese di assumere una maggiore centralità propositiva e decisionale. “Riteniamo ci sia molto spazio per un’azione di concerto tra le istituzioni italiane e l’industria del risparmio gestito, col fine di raggiungere una capacità di influenza del processo regolamentare europeo che sia alla pari di quelli degli altri grandi Paesi”.

Oggi l’Italia “non ha la stessa capacità di incidere sul processo regolamentare finanziario che hanno Francia e Germania”, osserva Galli. Per questo motivo, “risulta essenziale introdurre sforzi a livello istituzionale volti a rappresentare più compiutamente gli interessi italiani a livello europeo”. La capacità di risparmio degli italiani resta vigorosa, ma secondo il direttore generale dell’associazione del risparmio gestito, audito in Commissione alla Camera, “rimane il problema di ingentissime risorse ferme e non investite, o investite poco”.

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