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Pf, clienti e remunerazioni: sei esempi di good practice

7/4/2013 | Ippolito Catania

La politica di incentivazione dovrà tenere sempre più in considerazione gli interessi dei risparmiatori. Lo stabilisce una recente circolare di Assoreti


La politica di remunerazione dovrà tenere sempre più in considerazione gli interessi del cliente. È quanto stabilisce Assoreti in una recente circolare (32/13) in cui elenca sei esempi di good practice che le reti dovrebbero seguire nelle politiche di incentivazione in rispetto delle regole di condotta e sui conflitti di interesse previste dalla MiFID. Eccoli.

Parte variabile su base lineare
La parte variabile della remunerazione è calcolata e pagata su base lineare e non al raggiungimento di target del tipo “tutto o niente”. In alcuni casi l’intermediario decide di frazionare il pagamento della remunerazione variabile in tranche spalmate in un arco temporale, sì da tener conto dei risultati di lungo periodo.

Agire nell'interesse dei clienti
Un intermediario ha modificato sostanzialmente le componenti della remunerazione variabile. Quest’ultima è ora basata su criteri qualitativi e riflette maggiormente il dovere dei dipendenti di agire nel migliore interesse dei clienti.

Criteri comuni per tutti i prodotti
I criteri usati per il calcolo della retribuzione variabile del personale sono comuni per tutti i prodotti venduti e includono criteri qualitativi.

Investimenti aperti senza termine: remunerazione differita
Nel caso di un investimento di tipo aperto senza termine la remunerazione è differita per un determinato numero di anni o fino al rimborso del prodotto.

Allineamento alla durata dell’investimento
Il pagamento della remunerazione variabile può essere allineato alla durata dell’investimento o differito al fine di assicurare che il prodotto venduto prenda effettivamente in considerazione il guadagno finale per il cliente e, ove del caso, sia effettuata una correzione della parte premiante della remunerazione variabile.

Focus sul guadagno del cliente
I dipendenti sono remunerati in relazione sia al volume dei prodotti venduti sia all’effettivo guadagno derivante al cliente dalla vendita di tali prodotti in un appropriato periodo di tempo. In questo caso, la valutazione dei dati finanziari è utilizzata quale criterio di misurazione della qualità dei servizi prestati.

 

Ma la circolare Assoreti non si ferma alle good practice, indica in maniera molto chiara anche la lista delle "poor practice" che devono sparire dal mercato. Su tutte la cattiva abitudine di offrire ai consulenti uno specifico compenso per incoraggiare i clienti a richiedere nuovi prodotti in cui lo stesso intermediario ha un interesse specifico. 

 

Insomma vietato creare un sistema di remunerazione che possa, in maniera più o meno diretta, spingere il consulente a suggerire ai propri clienti la vendita di prodotti che avrebbe altrimenti consigliato di mantenere. Il tutto al fine di collocare nuovi prodotti in grado di generare un surplus nella remunerazione personale del consulente finanziario (ex-promotore finanziario). 

 

Come è possibile individuare le politiche e le prassi di remunerazione che possono generare rischi difficili da gestire e la cui conformità alla MiFID è discutibile? Clicca sul caso che ti interessa per scoprire come e quanto le politiche e le prassi di remunerazione incidono negativamente sugli interessi del cliente e non sono del tutto conformi con la direttiva MiFID:

 

1) Incentivi che possono indurre le persone rilevanti a vendere o “spingere” su un determinato prodotto o categoria di prodotto rispetto ad un altro prodotto o ad effettuare acquisti o vendite non necessarie e non adeguate per l’investitore.

2) Requisiti inappropriati che possono influenzare la corresponsione dell’incentivo.

3) Remunerazioni variabili nelle quali il pagamento di base delle persone rilevanti varia in aumento o in diminuzione in ragione della performance sulle vendite target.

4) Politiche e prassi di remunerazione che creano un risultato sproporzionato per vendite marginali.

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