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I tre “NO” delle reti di consulenza

10/6/2018

“L’esistenza di corpi intermedi, in questo modello, non è contemplabile". Il plurimandato è impensabile. E l'offerta fuori sede dovrebbe...


No agli studi associati, no al plurimandato, no alla demonizzazione della disciplina dell’offerta fuori sede. Sono questi i tre moniti lanciati dal presidente di Assoreti, Paolo Molesini, nel corso del suo intervento al Convegno dell’associazione svoltosi il 2 ottobre a Milano. 

 

“Le Reti, nella loro configurazione attuale, composita all’interno di una chiara cornice normativa, prestano consulenza a milioni di investitori, svolgendo così anche una funzione sociale. L’ordinamento giuridico, nel suo evolversi insieme al mutamento dei mercati e dei modelli imprenditoriali, deve assicurare il permanere delle condizioni perché questa funzione possa continuare ad essere svolta secondo criteri di adeguata sostenibilità” ha affermato senza mezzi termini Molesini che è pronto ad accogliere ogni forma di novità a condizione che non vengano stravolti i capisaldi di un modello industriale che ha dimostrato, secondo il presidente Assoreti, di essere efficace negli ultimi 30 anni.

 

“Le reti si avvolgono di consulenti finanziari persone fisiche”. È questo il primo grande pilastro di un settore che non ha bisogno di “corpi intermedi”, ovvero di studi associati o simili. “Tanto clamore e pressioni vi sono stati negli ultimi anni su questo punto, ma facciamo fatica a capire come possa essere diversamente: la disciplina che caratterizza questo settore è appunto dell’attività, non del soggetto; consta di un complesso di norme composito che individua in un intermediario, patrimonializzato e responsabile in solido, il referente del servizio e che può avvalersi unicamente di agenti o dipendenti professionali, onorabili, esperti, iscritti in un Albo e soggetti a vigilanza, i quali affiancano direttamente il cliente, creano un rapporto personale e di fiducia” ha affermato Molesini. “L’esistenza di corpi intermedi, in questo modello, non è contemplabile; sarebbe un altro modello, senza la storia, le certezze e i successi di questo”.

 

È netta la bocciatura della proposta di sviluppare un modello basato su studi associati o simili, così come è netta la bocciatura di un modello plurimandatario: “l’obbligo di “monomandato” risponde ad un principio d’ordine del mercato, evitando il rischio di confusione negli investitori circa l’intermediario al quale dover riferire l’attività del consulente, nonché anche ad un principio di organizzazione dell’intermediario” ha sottolineato con forza Molesini, “e sulla base di quei presupposti indefettibili in questa cornice, l’intermediario risponde in solido con il consulente finanziario dei danni che quest’ultimo cagioni alla clientela nell’esercizio della sua attività, anche se siano la conseguenza di illeciti penali. È la norma di chiusura del sistema, che assicura la maggiore garanzia possibile agli investitori e al mercato”.

 

Persone fisiche e monomandato sono quindi due grandi capisaldi che hanno portato la stessa Unione Europea a promuovere un modello unico come quello italiano. “Non è casuale, riteniamo, che sin dalla direttiva Eurosim siano state tenute fuori dall’ambito della regolamentazione europea ‘le condizioni per l’esercizio di attività al di fuori dei locali dell’impresa di investimento’” ha affermato Molesini. “La natura “domestica” dell’offerta fuori sede, unitamente alla riconosciuta validità della disciplina italiana di tale attività, hanno fatto sì che il legislatore europeo la accettasse consentendo che si applicasse imperativamente a chiunque svolgesse professionalmente questo tipo di offerta in Italia, anche se con sede in altro Stato interno o esterno all’Unione europea, così assicurando l'uniforme protezione degli investitori italiani oblati fuori sede”.

 

Ecco perché secondo Assoreti è giunto il momento di frenare le critiche di un modello che invece potrebbe avere un futuro ben più roseo. Per Molesini è infatti lecito domandarsi “se questa disciplina debba continuare a rimanere solo domestica, o debba piuttosto divenire patrimonio normativo comune a tutti i Paesi dell’Unione europea, come già accaduto per la disciplina dell’agente collegato, importata nella MiFID, chiaramente, dalla disciplina italiana dell’ex promotore finanziario”. Insomma, per l’associazione delle reti, quella dell’offerta fuori sede è una disciplina che ben potrebbe, anzi forse dovrebbe, essere estesa agli altri Paesi UE, “fungendo da volano ad un’attività armonizzata che impieghi, come accade da decenni in Italia, un modello flessibile che si adatta alle esigenze, ai bisogni di consulenza, di qualsiasi fascia di clientela” ha concluso Molesini.

 

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