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CF, i team entrano nel “codice” Assoreti

1/25/2020

Per facilitare il ricambio generazionale e ottimizzare la relazione con i clienti le associate possono favorire forme di collaborazione non societaria fra due o più consulenti.


“Le associate si adoperano affinché i propri consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede improntino l’attività al rispetto di valori etici fondamentali quali la dignità, la responsabilità, la fiducia, l’integrità e la trasparenza; a tal fine promuovono comportamenti coerenti con tali valori in riferimento alle attività di indirizzo, pianificazione, coordinamento e controllo delle politiche commerciali adottate, anche attraverso un’adeguata attività di informazione, formazione e sensibilizzazione. […] Per favorire il ricambio generazionale fra i consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede e per ottimizzare la relazione con i clienti le associate acconsentono a forme di collaborazione non societaria fra due o più consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede per la prestazione dei servizi di assistenza e di consulenza ai medesimi clienti, sulla base del mandato conferito individualmente a ciascuno di essi”. È questo il testo del nuovo Articolo 11, sull’autonomia del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede e contenuto nel rinnovato Codice di Comportamento di Assoreti, che dovrà essere approvato dalla prossima assemblea dell’associazione. 

Un testo che istituzionalizza quella che gli americani chiamano la “team organization” aprendo definitivamente le porte ad un modello di business che negli Stati Uniti coinvolge circa il 70% dei consulenti finanziari. 

Un passo importante per l’industria dal momento che il Codice di Comportamento di Assoreti non è una semplice formalità: “è proprio ai sensi dello Statuto, in particolare l’art.3, che le Associate si impegnano ad osservare il Codice di Comportamento comune” spiega subito Marco Tofanelli, segretario generale dell’associazione che chiarisce ad ADVISOR i motivi che hanno spinto Assoreti ad aprire ufficialmente le porte alla creazione dei team tra consulenti finanziari.

“L’attività di consulenza è un’attività sempre più complessa che richiede l’offerta di un servizio molto più ampio rispetto alla tradizionale gestione finanziaria. Per offrire ai clienti una consulenza olistica, come sempre più frequentemente viene definita, crediamo sia utile prevedere un modello di team organization capace di riunire operativamente soggetti che abbiano competenze differenti e quindi siano più in grado, a livello di team, di poter prestare un servizio completo e complesso ai clienti” afferma Tofanelli che affronta senza esitazione due elementi che per anni hanno spaventato l’industria quando si parlava di team di consulenti: la gestione del cliente e il tema remunerazione.

“Sono due questioni organizzative importanti, ma non impossibili da gestire. Non stiamo parlando della creazione di società, ma dell’organizzazione di ‘gruppi’ di lavoro che condividano portafogli senza perdere la relazione con il cliente che, anzi, riceve un servizio più ampio grazie alla possibilità di interagire con consulenti differenti in termini di competenze” continua Tofanelli, che sul tema provvigioni ritiene vi siano diverse soluzioni per gestire gli equilibri tra i vari soggetti di un team e tra questi e l’intermediario. “L’articolo 11 è frutto di un lavoro iniziato anni fa quando abbiamo studiato il modello americano confrontandoci direttamente con professionisti dell’industria statunitense” ricorda Tofanelli facendo esplicito riferimento a quel primo importante incontro, avvenuto nel 2013 e che ha visto le associate confrontarsi con Anthony Murphy, allora managing director della società di consulenza Promontory ed ex ceo di HSBC per le americhe. In quella occasione proprio Murphy evidenziò quattro elementi necessari perché un team sia veramente efficace e utile per una rete di consulenti finanziari: la fiducia all’interno del team; gli accordi relativi ai ruoli e alle modalità di remunerazione che devono essere molto chiari e trasparenti; la capacità del team di non dividersi di fronte alla gestione del cliente; la capacità di ridurre i rischi di “bracconaggio” all’interno dello stesso team tra consulenti associati. E parlò dell’importanza di avere all’interno di una squadra così organizzata anche figure junior.

“L’organizzazione di team, che ricordo non prevede la costruzione di una società, riteniamo possa essere utile anche per la gestione del ricambio generazionale interno alle reti” conferma Tofanelli. “Se entriamo nella logica della condivisione dei portafogli e della circolazione delle commissioni, fermo restando ovviamente il rispetto del mandato del singolo consulente finanziario, noi permettiamo ai giovani che hanno difficoltà, nei primi anni, a costruire un portafoglio personale, di avviare questa professione mettendo al servizio dei colleghi e dei clienti competenze uniche e specifiche. L’organizzazione in team permette di esaltare ciascun consulente, di esaltarne le singole competenze, portando i clienti a ricevere davvero quella consulenza olistica di cui si parla sempre più frequentemente” conclude Tofanelli.

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