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MiFID II e disclosure dei costi: niente è perfetto, nemmeno la regolazione

5/8/2019 | Vania Franceschelli*

Il 28 marzo ESMA ha aggiornato il suo documento Domande e risposte MiFID II (Q&A) riguardante il tema della protezione degli investitori


Il 28 marzo, ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, ha aggiornato il suo documento Domande e risposte MiFID II (Q&A) riguardante il tema della protezione degli investitori. L’aggiornamento periodico delle Q&A può essere apprezzato da diversi punti di vista. Innanzitutto, fornisce uno strumento continuo e flessibile per chiarire l’applicazione delle norme europee. Inoltre, si basa su un approccio bottom up, grazie al quale gli operatori del mercato possono rivolgere domande specifiche e di tipo pratico all’Autorità europea. E, cosa più importante, contribuisce all’armonizzazione delle pratiche di mercato. Ma nulla è perfetto, nemmeno la regolazione (e la sua interpretazione). Esaminiamo alcune di queste “domande e risposte” e cerchiamo di identificare i pro e i contro.

Disclosure ex ante
Una parte importante del recente aggiornamento delle Q&A riguarda l’informativa ai clienti sui costi e sugli oneri di servizi e strumenti finanziari e, come tale, fornisce suggerimenti utili per le imprese di investimento e i consulenti finanziari. Per quanto riguarda la comunicazione ex ante - ossia le informazioni che devono essere fornite prima della fornitura del servizio o dell’esecuzione di un’operazione - le Q&A chiariscono che non è sufficiente dare all’investitore un’informativa generica. Le imprese di investimento sono quindi tenute a fornire informazioni completamente personalizzate e basate sulle operazioni in relazione allo specifico servizio e strumento finanziario (il cosiddetto approccio ISIN, dal nome del codice internazionale per l’identificazione dei titoli). Allo stesso tempo, ESMA riconosce che, prima dell’operazione, l’importo esatto della transazione potrebbe non essere ancora noto; in questo caso, le imprese di investimento sono autorizzate a divulgare i costi considerando un ipotetico importo dell’investimento, a condizione che i calcoli riflettano i costi che il cliente dovrebbe poi effettivamente sostenere.

Un chiarimento che ha il vantaggio immediato di offrire alle imprese di investimento la possibilità di conformarsi facilmente alle norme sulla disclosure ex ante. Tuttavia, dobbiamo ricordare che è altrettanto importante garantire sia un’informazione completa, sia la comparabilità tra le diverse soluzioni di investimento: da questo punto di vista, manca qualcosa. Per garantire un’effettiva comparabilità il regolatore avrebbe potuto raccomandare l’utilizzo di specifici importi ipotetici di investimento  (ad esempio, 10.000 o 100.000 euro), come già avviene con il documento contenente le informazioni chiave (KID) per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativo preassemblati (PRIIP), nel quale i costi vengono illustrati ipotizzando di investire un importo una tantum di 10.000 euro (o un premio ricorrente di 1.000 ogni anno). 

Disclosure ex post
Passando alla comunicazione ex post, nel 2017, in occasione di un precedente aggiornamento delle Q&A, ESMA ha pubblicato un esempio, riportato nella tabella seguente, su come presentare al cliente l’aggregazione dei costi e degli oneri per i servizi di investimento e gli strumenti finanziari (in conformità con le disposizioni MiFID II, i pagamenti ricevuti da soggetti terzi rispetto ai clienti devono essere dettagliati separatamente). È importante ricordare che i costi e gli oneri aggregati devono essere sommati ed espressi sia come importo monetario che come percentuale.



Anche in questo caso la soluzione prevista da ESMA contribuisce alla chiarezza e all’armonizzazione, ma manca ancora qualcosa di importante se consideriamo che la tabella presentata nelle Q&A non specifica la base per il calcolo. Si potrebbe supporre che le percentuali debbano essere applicate all’importo medio investito durante l’anno, ma, in assenza di orientamenti specifici, diverse imprese di investimento potrebbero applicare diverse basi e metodologie per il calcolo dei costi. Ancora una volta è difficile trovare un equilibrio effettivo tra armonizzazione e comparabilità, da un lato, e proporzionalità e autonomia organizzativa, dall’altro.

L’impresa di investimento è inoltre tenuta a fornire il dettaglio delle singole voci di costo su richiesta dell’investitore e, al riguardo, dovrebbe adottare misure ragionevoli per facilitare al cliente la presentazione di tale richiesta. In conformità con le disposizioni MiFID II, tali voci di costo specificano le spese una tantum e quelle ricorrente, tutti i costi connessi alle operazioni, gli oneri relativi ai servizi accessori e le commissioni di performance. 

La Q&A chiariscono poi che alle imprese di investimento è consentito utilizzare anche la propria terminologia “commerciale” insieme alle definizioni previste ai sensi della normativa, ma i termini commerciali devono essere chiaramente definiti con riferimento alla terminologia ufficiale MiFID II. 
Anche in questo caso vale il ragionamento suesposto: dove si colloca l’equilibrio tra conformità alla normativa e la libertà degli operatori del mercato?

Criticità riguardanti le imposte
Il recente aggiornamento pubblicato da ESMA considera infine l’inserimento delle imposte nella comunicazione al cliente. L’Autorità europea opera una distinzione tra le imposte sulle operazioni o comunque relative alla fornitura del servizio (come l’imposta di bollo, sulle transazioni o l’IVA) e le imposte sul reddito o sui ricavi generati dall’investimento. Mentre le imposte relative alla fornitura del servizio dovrebbero essere sempre incluse nell’informativa - poiché sono esplicitamente elencate nel regolamento delegato MiFID II - spetta all’impresa decidere se includere o meno nella loro informativa le imposte sul reddito o sui ricavi.

Ancora una volta, è estremamente difficile raggiungere il giusto equilibrio tra la libertà di mercato (le imprese di investimento possono scegliere quali imposte includere nella disclosure), da un lato, e l’armonizzazione, dall’altro (all’investitore sono comunicate voci di costo omogenee, anche se si tratta di imprese diverse) . Quest’ultimo esempio rappresenta l’aspetto più critico di tutti i temi che abbiamo menzionato poiché riguarda un ambito complesso e sensibile, cioè la fiscalità. È possibile che, nel prossimo futuro, nuove Q&A di ESMA (e nuove richieste di chiarimenti da parte degli operatori del mercato) forniranno ulteriori orientamenti e potranno risolvere gli aspetti ancora non del tutto chiariti. Per il momento si può affermare che è vero che nulla è perfetto, ma tutti gli attori del mercato (autorità, intermediari e consulenti finanziari, investitori) possono contribuire a una migliore regolazione.

*membro ANASF del board FECIF 

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